Home FixingFixing E’ Il Fatto esplosivo di quest’ultimo anno

E’ Il Fatto esplosivo di quest’ultimo anno

da Redazione

Il quotidiano di Padellaro e Travaglio “sbanca” in edicola e in abbonamento: Fixing analizza le cause del successo editoriale più clamoroso degli ultimi anni. Se lo scorso autunno la neonata testata diretta da Padellaro valeva 600 mila euro, il suo valore oggi sarebbe centuplicato: 60 milioni di euro.  Non solo grandi firme: Il Fatto è anche un fenomeno mediatico.

Di Saverio Mercadante

 

E’ nato il 23 settembre del 2009. Lo scorso autunno valeva 600mila euro, oggi il suo valore sarebbe centuplicato: 60 milioni di euro. Il Fatto quotidiano è l’esplosivo fenomeno editoriale dell’ultimo anno e smentisce con i numeri, e che numeri, la crisi della stampa italiana. Se ne è parlato per mesi prima che uscisse, e questa lunghissima campagna promozionale, l’enorme aspettativa che si era creata intorno alla sua uscita, probabilmente è una delle cause del suo successo. Insieme alla presenza di grande firme conosciutissime che sono state l’altro fondamentale trampolino di lancio del quotidiano: Marco Travaglio, innanzitutto, quello che riempie i palazzetti, il giornalista più amato e odiato d’Italia, forse più di Michele Santoro e Vittorio Feltri; Luca Telese, altro grande cronista politico molto conosciuto anche per la sua trasmissione, Tetris, su La 7; Peter Gomez e Gianni Barbacetto, inchiestisti straordinari; Oliviero Beha, Fulvio Colombo, condirettore dell’Unità insieme ad Antonio Padellaro, attuale direttore de Il Fatto. Più tutta una serie di giornalisti che ogni giorno, tirano fuori, fatti, notizie, inchieste che fanno vendere circa centomila copie: più di 63mila in edicola (75mila il giorno dopo lo scontro tra Berlusconi e Fini all’auditorium di via della Conciliazione) e circa 42mila in abbonamento postale e on line. Grandi numeri non c’è che dire che confermano come il giornalismo schierato paghi in questi ultimi tempi. Il Giornale con la direzione Feltri ha recuperato trentamila copie, La Repubblica ha fermato le perdite del 2008 tornando a crescere. Ma anche Libero sotto la direzione di Belpietro ha retto abbastanza bene, pur perdendo copie, l’addio di Feltri. Stefano Lorenzetto, editorialista ed ex vicedirettore del Giornale, commenta così il successo di Feltri: “E’ un marchio di fabbrica, è un uomo che ovunque va si porta dietro un patrimonio di copie e lettori. Di giornalisti così ci sono stati solo Indro Montanelli e Gianni Brera per lo sport”. Resta da capire che cosa ha Feltri che non ha Belpietro. “Feltri è come la Coca Cola, Belpietro è come la Pepsi. Sono buone entrambe ma la prima vende di più, non c’è niente da fare”. Ma torniamo all’analisi dei numeri del Fatto. Il capitale sottoscritto e versato di 600 mila euro all’inizio era controllato con il versamento di quote da centomila euro, al 16,6% da Chiare lettere srl, al 16,6% da Aliberti editore, al 16,6% da Luca D’Aprile (imprenditore di Fermo che lavora nella consulenza all’internazionalizzazione), il 16,6%, da Cinzia Monteverdi (attiva in ambito fieristico a Parma), il 16,6% da Padellaro. E con quote da 50mila euro, l’8,3% da Bruno Tinti e l’8,3% da Travaglio. Travaglio cedette poi una fettina a Peter Gomez (l’equivalente di 20mila euro). Altro dato strabiliante: il Fatto quotidiano si prepara a incassare 25 milioni di euro nel 2010. Composti quasi esclusivamente da ricavi vendite: la pubblicità, raccolta dalla concessionaria Poster, incide molto poco sui conti della casa editrice. Secondo Angelo Agostini, direttore del trimestrale Problemi dell’Informazione, “l’aumento delle vendite dei giornali più radicalizzati politicamente è un esempio possibile di via d’uscita dalla crisi economica della carta stampata. I quotidiani non erogano più notizie ma sono uno strumento per inquadrare il mondo. Quindi chi rappresenta la radicalizzazione dello scontro politico inevitabilmente attira più lettori”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento