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L’esempio di Gemmani

da Redazione

Valerio Lessi racconta in un volume la vita dell’eclettico fondatore dell’SCM. Fu esponente di spicco della Dc e Presidente degli Industriali. Rimase a Rimini per creare posti di lavoro e far crescere la città

Imprenditore ma anche uomo politico. Coerente, instancabile, dotato di uno sguardo lungimirante. Un uomo spinto da una fede ardente, con il valore radicato della famiglia. Un uomo con i piedi ben piantati nel terreno e con lo sguardo capace di cogliere quelle sfumature che talvolta possono far presagire il futuro. Giuseppe Gemmani era tutto questo. Fondatore della SCM, esponente di spicco della Democrazia Cristiana, Presidente dell’Associazione Industriali di Rimini, Presidente dell’Azienda di Soggiorno, Presidente della Cassa di Risparmio, fondatore dell’Università. Un personaggio che tanta parte ha avuto nella crescita e nello sviluppo della città di Rimini e che, a due anni e mezzo dalla scomparsa, viene ricordato e raccontato in un libro pubblicato da Edizioni San Paolo e scritto dal giornalista Valerio Lessi.
Un volume, intitolato “Giuseppe Gemmani – una fede invincibile una creatività operosa” che tenta di raccontare le molteplici sfaccettature di un personaggio a tutto tondo.
“Questo libro – spiega l’autore – è stato voluto dai familiari, dal figlio Giovanni (attuale presidente di SCM Group, ndr), per fornire le pennellate più importanti e significative del ritratto di Giuseppe ‘Pippo’ Gemmani. Non ha la pretesa di essere una biografia completa e compiuta, ma unisce insieme tante tessere di un mosaico che nel suo complesso mette in luce la figura di questo importante imprenditore che è stato anche uomo politico e di fede”.
Nella figura di Giuseppe Gemmani ha avuto una grande importanza la formazione cristiana: nella sua esperienza all’interno di Azione cattolica ha conosciuto Alberto Marvelli ed è stato a stretto contatto con un giovane don Oreste Benzi.
“Per capire ogni uomo bisogna risalire alla sua formazione. Per Gemmani questa è rappresentata dalla fede cristiana, vissuta nell’ambito dell’Azione Cattolica riminese. Nei documenti che sono citati e in parte pubblicati nel libro emerge come il rapporto tra questi giovani operanti nell’Azione Cattolica non era concepito come un’amicizia della giovinezza che tramonta con gli impegni dell’età adulta, ma era proprio un’amicizia per la vita. E infatti per Gemmani alcune di queste amicizie resteranno salde sino alla fine. In questo ambito conosce anche Marvelli, e quando don Benzi diventa assistente della Gioventù Cattolica, Gemmani lo frequenta assiduamente e ne recepisce fortemente l’influenza”.
La formazione ricevuta nel-l’ambito cattolico diventa fondamentale per le scelte future, anche e soprattutto in ambito professionale. “E’ così. Una volta diventato ingegnere, Giuseppe Gemmani dovette decidere se seguire il richiamo della Milano del Boom, dove c’erano ottime opportunità di carriera, oppure se rimanere a Rimini, per lavorare nell’officina del padre e fornire un contributo alla propria città. Fu proprio questo che decise di fare. Rimase a Rimini, e lavorò duramente per creare nuovi posti di lavoro, come propugnava la dottrina sociale cattolica. Così Giuseppe Gemmani accettò di lavorare nell’officina del padre nel Borgo Sant’Andrea, e in seguito creò la macchina per la lavorazione del legno, ‘L’Invincibile’, che divenne una pietra miliare nella nascita (era il 1958, ndr) e nello sviluppo dell’SCM. Suo socio sin dall’inizio fu Franco Aureli, con cui mantenne sino all’ultimo un rapporto solidissimo, fatto di rispetto e di fiducia reciproca. Nel libro si cita un episodio emblematico in tal senso. Una volta ad una fiera, entrambi si impegnarono, separatamente e senza sapere l’uno dell’altro, per acquistare un costoso macchinario. Quando si accorsero che entrambi ne avevano promesso l’acquisto, pur di non venire meno alla parola data, ne acquistarono due. Ma ciò che più mi colpisce della figura di Gemmani imprenditore è che quando ci fu la grande crisi dell’SCM, nel 1983-84, all’età di 57 anni e dopo aver subito un intervento al cuore, seppe rimboccarsi le maniche e ricominciare praticamente da capo, con l’entusiasmo di un giovane: era ancora lui il motore dell’iniziativa, per una marcia che non si è più arrestata”.
E poi c’è l’esperienza politica, nelle fila della Democrazia Cristiana.
“Il suo battesimo del fuoco avvenne nel 1948, quando tutti i giovani democristiani erano impegnati nella campagna per sconfiggere il Partito Comunista. Poi Gemmani si iscrisse al partito e nel 1956 venne eletto in consiglio comunale, fra l’altro con un buon numero di preferenze, che aumentarono successivamente. Ben presto divenne il riferimento autorevole all’interno del partito. Non apparteneva a nessuna delle correnti che hanno animato la vita della Dc, e proprio per il suo equilibrio divenne un punto di riferimento e di mediazione. A metà degli anni Settanta favorì una svolta nel modo di fare opposizione del suo partito, e nei convegni annuali della Democrazia Cristiana i suoi interventi manifestavano sempre una grandissima lucidità . Fu Segretario del partito dal 1964 al 1970, ma non volle altre cariche perché doveva ‘pensare all’officina’, così l’ha sempre chiamata, e poi perché non ha mai cercato il posto, la poltrona. E infatti nel 1976 quando poteva diventare deputato, fece un passo indietro in favore di un giovane Nicola Sanese, nel nome del rinnovamento propugnato dal partito. Per diversi anni Giuseppe Gemmani fu Presidente della Cassa di Risparmio, una presidenza che diede un grosso sviluppo all’istituto, introducendo criteri di imprenditorialità e managerialità nella gestione della banca. Fra i suoi incarichi spicca anche la presidenza dell’Azienda di Soggiorno all’inizio degli anni Sessanta, per un paio di anni soli, ma ricordati come importanti perché contribuì a far nascere l’aeroporto civile di Rimini”.
Dicevamo che Giuseppe Gemmani era una persona capace di guardare avanti. E infatti è stato anche uno dei “padri spirituali” del polo universitario di Rimini.
“Quando ancora l’università era ben lontana da venire, nel 1972, l’SCM finanziò il Consorzio della scuola di Studi Turistici, un’idea che era ancora in embrione. E anche nel dibattito politico aperto all’interno della Dc, quando c’era chi diceva che si dovesse puntare piuttosto sul centro Agroalimentare, Gemmani con grande lungimiranza portò avanti la battaglia per l’università. Da imprenditore, poi, ebbe una notevole sensibilità per la formazione, e non a caso ancora negli anni Settanta la SCM diede vita al CSR Training Center una scuola per falegnami, rivolta nel corso degli anni ai paesi in via di sviluppo. Infine negli anni Novanta una delle ultime opere che lasciò alla città di Rimini fu l’acquisto, assieme all’imprenditore Vittorio Tadei, della colonia Comasca, trasformata in un polo scolastico e data in comodato alla Fondazione Karis.
Quale eredità ha lasciato Gemmani con il suo pensiero e le sue azioni?
“Quella di un uomo che aveva uno sguardo positivo sulla vita, molto attento a leggere i segni della realtà per interpretarla, e quindi agire per trasformarla. E’ l’eredità di un imprenditore che ha sempre avuto come fine lo sviluppo della propria azienda per creare occupazione, di un politico che ha concepito la propria attività al servizio della società e non di un interesse particolare. E’ l’eredità di un cristiano che ha vissuto la propria fede non in modo astratto, ma praticandola nel concreto e senza mai aver paura di sporcarsi le mani, con la coscienza chiara di chi ha la possibilità e il dovere di dare il proprio contributo concreto”.
Loris Pironi
 

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