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World Water Forum: acqua, allarme rosso

da Redazione

World Water Week: contro l’emergenza basterebbe lo 0,16% del PIL mondiale. Secondo l’Ocse la domanda mondiale aumenterà del 55% entro il 2050.

 

di Saverio Mercadante

 

L’acqua è un diritto che deve essere garantito e attuato. Lo grida da Marsiglia in questi giorni il World Water Forum, la sesta edizione del Forum Mondiale dell’acqua. E più di tutti ha lasciato il segno, durante i lavori di apertura, il gigante della perestroika, il premio Nobel Mikhail Gorbaciov: “Per prevenire ulteriori nuovi conflitti, i leader della comunità internazionale devono saper rispondere con urgenza alla crisi idrica globale. È imprescindibile saper garantire l’accesso equo all’acqua potabile e ridurre rapidamente e significativamente gli usi non sostenibili dell’acqua, così come delle altre risorse naturali, allo scopo di proteggere il pianeta”. Il diritto all’acqua è riconosciuto da 189 Stati. Ed è la prima delle 12 priorità indicate dal Forum, insieme alle 3 condizioni di successo: buona governance, finanziamenti per l’acqua destinati a tutti i Paesi del mondo. Infine, mettere tutti nelle condizioni di avere accesso all’acqua. L’oro blu è sempre più un’emergenza globale: le cifre diffuse dalle istituzioni internazionali sono sempre più preoccupanti. Attualmente sono sette miliardi le persone da sfamare sul Pianeta; le stime parlano di nove miliardi entro il 2050. Secondo l’Ocse la domanda mondiale di acqua aumenterà del 55% da qui al 2050. Mettere al sicuro l’acqua, secondo la Fao, sarà necessario anche per avere cibo per tutti. Il Forum, che ha luogo ogni tre anni, è stato avviato per la prima volta nel 1997 con lo scopo di far fronte alla crisi idrica mondiale. Il consumo pro capite varia in maniera consistente se si confrontano le economie più sviluppate e quelle in via di sviluppo: si va infatti dai 575 litri degli Stati Uniti ai 385 dell’Italia, dai 285 della Francia ai 180 del Brasile, fino ai 135 dell’India e 85 della Cina. Nell’ambito del dibattito sulla water economy e sulla gestione delle risorse idriche, il Comitato del World Water Forum ha indicato anche i modelli del Barilla Center for Food & Nutrition: quello della Doppia Piramide alimentare e ambientale e quello della Piramide alimentare e idrica, considerati tra le idee più efficaci. Il Barilla Center ha indagato l’impatto di ciò che mangiamo sulla salute del pianeta. Ad esempio, produrre un pomodoro richiede 13 litri di acqua, una fetta di pane 40 litri, 100 grammi di formaggio 500 litri, un hamburger 2.400 litri d’acqua. Notevoli differenze riguardano anche l’alimentazione vegetariana. Il consumo d’acqua virtuale giornaliero per alimentarsi può variare infatti dai circa 1500-2600 litri della dieta vegetariana ai circa 4000-5400 litri in caso di una ricca di carne. Ancora una volta ad uscire vincente è la dieta mediterranea, che avrebbe di fatto un minore impatto sul consumo di acqua. Ma è la stessa natura che offre molteplice risorse, infrastrutture naturali per una gestione sostenibile dell’acqua. le infrastrutture naturali sono le fondamenta della green economy e che i benefici che derivano dagli investimenti superano i costi. Ad esempio, la municipalità di Pechino tra il 2001 il 2005 ha investito 1,9 miliardi di dollari nelle protezione dei versanti e dei bacini idrici; la città di New York ha speso 1,5 miliardi di dollari per la gestione degli ecosistemi invece che spenderne 6 per un impianto di depurazione dell’acqua; a Quito, la capitale dell’Ecuador, Ong e privati stanno per mettere in campo un prestito bancario per la gestione dei bacini il cui valore attuale è di 8 milioni di dollari. Dunque i suoli forestali, le falde acquifere, i laghi e le zone umide immagazzinano acqua. Le zone umide filtrano l’acqua, le piane alluvionali e le zone umide attenuano i picchi delle inondazioni nelle città situate a valle, mentre le mangrovie e le barriere coralline proteggono le coste contro le tempeste e le inondazioni. Mark Smith, direttore del Global water Programme Iucn, ha sottolineato che “Un ambiente sano è un elemento essenziale della resilienza di fronte al cambiamento climatico. Ci protegge contro le inondazioni, la siccità, l’erosione ed altre catastrofi e ci permette di aver accesso ad un’acqua salubre che esce dal rubinetto. Nessun pacchetto di finanziamenti strategico può essere completo senza degli investimenti nelle infrastrutture naturali e nessun ministro che prende delle decisioni sulle infrastrutture di approvvigionamento idrico può avere una completa comprensione della situazione se le opzioni legate alle infrastrutture naturali sono assenti dal dibattito”.

 

Acqua e Pil


Secondo il rapporto “Green Economy Report Outlines Investment Strategies to Help Reduce Water Scarcity” presentato qualche mese fa alla World water week in corso a Stoccolma “investire lo 0,16% (198 miliardi di dollari) del Pil mondiale nel settore idrico permetterebbe di limitare la penuria d’acqua e di ridurre della metà in meno di 4 anni il numero di persone prive di un accesso durevole all’acqua potabile e ad una rete igienica elementare. Se non miglioriamo l’efficienza dell’utilizzo dell’acqua, nel 2030 la richiesta d’acqua potrebbe superare l’offerta di circa il 40 per cento. I problemi legati alla cattiva igiene pubblica, come le malattie di origine idrica, costano a Cambogia, Indonesia, Filippine e Vietnam circa 9 miliardi di dollari all’anno, cioè il 2% del loro Pil. Con lo sviluppo e la crescita demografica dei Paesi, la domanda industriale di acqua rischia di aumentare. In Cina, per esempio, più della metà dell’aumento della domanda d’acqua dovrebbe essere dovuta, nel corso dei prossimi 25 anni, all’importante espansione del settore industriale.

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