Home FixingFixing Storie d’innovazione: WBO per salvare le piccole imprese

Storie d’innovazione: WBO per salvare le piccole imprese

da Redazione

Il ‘workers buy out’ è molto diffuso negli Stati Uniti. E ora anche in Italia. Grande crisi: i lavoratori acquistano le imprese a rischio chiusura.

 

di Saverio Mercadante

 

Tecnicamente si chiama workers buy out (WBO). Di fatto si tratta dell’acquisto dell’azienda da parte dei lavoratori. Negli Stati Uniti d’America è una procedura piuttosto frequentata anche grazie all’intervento dei fondi pensione. In Italia invece è ancora poco diffusa. Di solito si fa ricorso al buy out quando sorgono problemi di ricambio generazionale: l’imprenditore è il proprietario di un’azienda ancora efficiente e che regge bene il mercato, ma vuole mollare e non ha nessuno nella sua cerchia disposto a prendere in mano l’azienda.

La Grande Crisi ha provocato un’accelerazione della pratica WBO, soprattutto con il ricorso al modello cooperativo. In Coopfond, il fondo mutualistico della Lega delle Cooperative, è nato nel 1994 grazie alla legge per la promozione della cooperazione di del 1992. Sino al 2007 Coopfond ha fatto solo 14 operazioni di workers buy out.

Dal 2008 un forte aumento delle richieste di intervento da parte di lavoratori che volevano costituire una cooperativa per rilevare l’azienda in difficoltà a causa della crisi ma che secondo loro poteva essere rimessa in pista. Tra il 2008 e il 2010, in 18 mesi deliberato sei progetti; altri 13 sono in fase istruttoria e molte con buone chance di successo. Sono numeri mai registrato in passato. Totale: 400 posti di lavoro salvati. Più della metà dei WBO attraverso società cooperative sono in Emilia Romagna e Toscana, regioni in cui la Legacoop è tradizionalmente molto radicata. Ora le domande di intervento del fondo continuano ad arrivare anche dalle altre regioni. È prevedibile che nei prossimi mesi si assista ad un ulteriore incremento di operazioni.

Certamente non tutte le richieste vanno a buon fine.

Il wbo è una modalità di intervento che interessa soprattutto il salvataggio delle piccole imprese. Che ha consentito di salvare mestieri e competenze che altrimenti rischiano di disperdersi: dalla vetreria alla produzione delle cravatte di lusso, o la falegnameria di alto livello.

Casi virtuosi di WBO in cui è intervenuto Coopfond sono anche nella metalmeccanica, nella chimica e nell’arredamento.

Il fondo interviene alla stregua di un private equità. Entra entrando nel capitale delle cooperative, accanto ai lavoratori che impiegano risorse proprie nella newco: risparmi, mobilità e quasi sempre il TFR. È uno dei fattori strategici per il successo dell’iniziativa. Dirigenti che si autoriducono il salario del 15%, dirigenti e lavoratori che decidono che il 20% dello stipendio sia variabile, legato agli utili che raccoglieremo a fine anno. Se le cose vanno bene possono assumere anche altro personale. Dunque, il pilastro decisivo per il successo del WBO è l’accordo sindacale tra i lavoratori. Come si accennava, l’operazione richiede sacrifici come il ridimensionamento delle retribuzioni e dell’organico. Servono perciò decisioni condivise, aiuto di ammortizzatori sociali e accordi di riassorbimento. Sono alcuni dei motivi perché i WBO sono più facili nelle aziende più piccole.

In generale la prassi è questa: i dipendenti dell’azienda formano la cooperativa, trovano l’accordo sindacale, testano il mercato e solo dopo chiedono l’intervento di Coopfond.

Il fondo concede anche prestiti e sottoscrive strumenti ibridi. In ogni caso l’intervento è temporaneo e nel caso di Coopfond «la durata media è di sette anni. In genere sono i lavoratori stessi che riacquistano le quote. Il disinvestimento può essere l’occasione per favorire l’ingresso di nuovi soci. Il workers buy out è solo una parte dell’attività di Coopfond. Nell’esercizio chiuso al 30 settembre 2010 ha finanziato in tutto 63 operazioni impegnando circa 50 milioni di euro. Da quando esiste, ha realizzato più di 530 operazioni per un totale di 340 milioni soprattutto per lo sviluppo delle cooperative esistenti e per la nascita di nuove.

 

Scheda

 

Un workers buy out è l’acquisto dell’azienda da parte dei lavoratori. È frequente negli Stati Uniti, meno in Italia. Di solito serve a risolvere problemi di ricambio generazionale nell’impresa. Quando il ciclo economico è negativo, aumentano i casi di WBO collegati alla liquidazione o al fallimento dell’azienda, come è accaduto negli ultimi due anni.

 

La newco

 

I lavoratori costituiscono una nuova società e chiedono al curatore fallimentare o al liquidatore l’affitto o l’acquisto dell’azienda. Fondamentale è l’accordo sindacale tra i lavoratori, cosa non semplice quando il piano prevede tagli di organico.

 

Il capitale di partenza

 

La via più rapida è la richiesta della mobilità che l’Inps in genere anticipa per 12 mesi. È la prima risorsa disponibile per capitalizzare la newco. L’impiego del TFR richiede tempi più lunghi perché occorre aspettare la decisione del tribunale. Spesso i lavoratori utilizzano anche i risparmi personali.

 

L’intervento dei fondi

 

Fondi pensione o mutualistici (come Coopfond) possono acquisire quote di capitale (in genere di minoranza) o erogare finanziamenti se ritengono sostenibile e realizzabile il business plan. L’intervento è temporaneo. Uno scoglio spesso non facile da superare è l’accordo tra liquidatore, ex proprietà e creditori. Per Coopfond è necessario che la newco sia una cooperativa.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento