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Scudo fiscale, hai aderito? Allora per il fisco sei residente in Italia

da Redazione

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Quando si parla di residenze e di scudo fiscale, facilmente il pensiero si appoggia sui declivi della turrita Repubblica di San Marino. Dall’Italia, alcune sentenze tributarie che meritano di essere raccontate.

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SAN MARINO – Quando si parla di residenze e di scudo fiscale, facilmente il pensiero si appoggia sui declivi della turrita Repubblica di San Marino. Dall’Italia, alcune sentenze tributarie che meritano di essere raccontate. La sezione VI della Commissione tributaria provinciale di Roma, con la sentenza n. 493 del 6 dicembre 2011 ha affermato che nel caso in cui un contribuente, avendo trasferito la propria residenza anagrafica in Stato avente un regime fiscale privilegiato (ai sensi del decreto del Ministro delle Finanze 4 maggio 1999), aderisca al regime dello scudo fiscale, è manifesto il suo status di residente italiano con conseguente rinuncia alla possibilità di fornire la prova contraria di cui all’articolo 2, comma 2-bis, TUIR.

La sentenza è stata emessa in qualità di risposta al ricorso che un noto campione mondiale di motociclismo ha avanzato: la sezione VI della Commissione tributaria provinciale di Roma ha però ritenuto “l’assoggettabilità nel territorio dello Stato dei proventi ritratti dalla professione di sportivo, tanto sotto il profilo dell’imposizione diretta, che in materia di imposta sul valore aggiunto”.

Secondo quanto ricostruito, l’Agenzia delle Entrate ha proceduto ad un controllo della posizione fiscale del contribuente per l’anno di imposta 2003 ai fini IRPEF, IRAP, IVA ed imposta sostitutiva. A seguito di tale verifica l’Ufficio ha invitato il contribuente ad un contraddittorio al fine di giustificare la propria posizione fiscale atteso che nell’anno 2003 non aveva dichiarato alcun reddito a fronte di compensi ricevuti per le sue prestazioni professionali di pilota motociclistico internazionale. Nel corso di tali incontri l’Ufficio ha contestato al contribuente che – pur avendo spostato la sua residenza nel Principato di Monaco-Montecarlo essa doveva presumersi fittizia e realizzata al solo scopo di frodare il Fisco italiano in virtù del D.M. 4 maggio 1999 che includeva il Principato nei cosiddetti “paradisi fiscali”. Il contribuente ha improntato tutta la sua difesa adducendo copiosa documentazione costituita da ricevute, scontrini fiscali, biglietti aerei ecc. sulla dimostrazione che la sua effettiva e definitiva residenza era in territorio straniero per cui in Italia non poteva essere preteso alcun obbligo fiscale. Per la sezione VI della Commissione tributaria provinciale di Roma, la prova inconfutabile della residenza in Italia del contribuente è scaturita dalla sua adesione al regime agevolato del c.d. scudo fiscale.

Giova ricordare a tal proposito, che con la dichiarazione riservata, con cui il pilota aderiva allo scudo fiscale, con le modalità di cui all’art. 6, D.L. n. 282/2002 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2003), ha acquisito la residenza nel territorio dello Stato Italiano, a partire dall’anno d’imposta in cui aveva presentato la dichiarazione, e di conseguenza rinunciava, in tal modo, alla possibilità di fornire la prova contraria di cui al citato comma 2-bis dell’art. 2 TUIR.

Abbracciando la linea interpretativa dell’Agenzia delle Entrate (circolare 85/E del 1° ottobre 2001; circolare n. 24/E del 2002, etc.), la Commissione provinciale capitolina, è espressa nel senso che lo scudo fiscale aveva come destinatari unicamente i soggetti residenti fiscalmente in Italia. Ed infatti anche esaminando la ratio della norma emerge chiaro l’intento del Legislatore e cioè quello di far rientrare in Italia capitali fatti sfuggire al Fisco concedendo una serie di agevolazioni.

Da Roma a Milano: la CTR della Lombardia si è trovata a decidere nel merito di un ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso sentenza emessa dai giudici di prime cure, con il quale si riconosceva l’effettività della residenza in un Paese a fiscalità privilegiata di un contribuente (persona fisica), al quale era stato presentato avviso di accertamento per IRPEF e addizionali regionali.

Il possesso o la proprietà di alcuni beni immobili in Italia non dimostra che ivi sia collocato il centro di interessi vitali del contribuente. Non soltanto perché il possesso di immobili non è proibito, ma soprattutto perché i consumi di energia elettrica e di gas per le utenze italiane sono modesti a confronto con quelli della residenza estera.

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