Home FixingFixing San Marino, Leon Engineering: due brevetti “green”

San Marino, Leon Engineering: due brevetti “green”

da Redazione

Ecco cosa fa (e cosa non fa…) una delle più interessanti imprese del Titano. Il Presidente Natalini: “Oggi 20 assunzioni, a regime saranno 50”.

leon engineering davide natalini 001

 

 

di Loris Pironi

 

Ci sono due ambiti imprenditoriali che, per tutta una serie di motivi, rivestono un grande interesse e suscitano sempre una certa curiosità. Uno è il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti. L’altro l’energia, soprattutto quella ricavata da fonti rinnovabili. Non è dunque un caso che a San Marino, negli ultimi mesi, sia impetuosamente salita alla ribalta Leon Engineering, il cui core business riguarda entrambi questi ambiti. Che peraltro, piccolo inciso, sono strettamente collegati tra loro.


Cosa fa, cosa non fa…

 

La storia di quest’impresa è presto raccontata. Leon Engineering è nata sul finire del 2008, a San Marino, forte di due brevetti assolutamente innovativi validati a livello mondiale. Ma non vogliamo correre, di questo parleremo a tempo debito. Il suo fondatore, Davide Natalini, nei primi anni ha girato il mondo – dagli Urali alle Ande – per stringere accordi e portare a casa contratti importanti. Oggi incomincia a raccogliere i frutti.

“Siamo un’impresa che opera in campo energetico – spiega a Fixing il Presidente Natalini – Ci occupiamo praticamente di tutte le possibili sfumature delle rinnovabili, dal solare all’eolico fino alle biomasse. E ci concentriamo in particolare su quelle che possono essere considerate le tecnologie del futuro, a partire dal fotovoltaico a concentrazione”. E poi c’è tutto il discorso legato all’ambito rifiuti, che è il plus di Leon Engineering. A scanso di polemiche – che non mancano mai, quando si parla di questi temi – abbiamo chiesto a Davide Natalini di cosa non si occuperà Leon a San Marino, nel nuovo stabilimento che entro fine anno aprirà i battenti a Gualdicciolo. “Non ci occuperemo di introdurre in Repubblica, trattare o incenerire rifiuti, e in particolare non creeremo una discarica di rifiuti tossici – sorride Natalini – ma queste cose del resto pare siano già state recepite anche dalla politica (ancor prima di partire Leon è già stata tirata in ballo da polemiche, che naturalmente si sono subito sgonfiate, ndr). Quando il nostro stabilimento sarà pronto, funzionerà né più né meno come qualsiasi industria metalmeccanica”. Perché se da un lato ci sono brevetti innovativi e un pool di ingegneri alla continua ricerca di soluzioni alternative, dall’altro il grande passo di Leon sarà quello di produrre “in house” gli impianti, in particolare per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti che hanno già fatto siglare accordi molto importanti a Portorico e Malta.

“Abbiamo deciso di girare al largo dall’Italia per un chiaro motivo”, spiega ancora il Presidente. Senza troppi giri di parole ci fa capire di aver voluto evitare ogni potenziale contatto e pressione da parte dei tanti soggetti poco raccomandabili che frequentano l’ambiente. “Mi sono mosso soprattutto in Sudamerica – prosegue Davide Natalini – in particolare in Argentina, ma anche in Brasile, Messico, Portorico e Bolivia, mentre in Europa ci siamo focalizzati su mercati potenzialmente molto interessanti come quelli di Albania, Malta e Lettonia, dove siamo già presenti commercialmente. Ad oggi abbiamo inoltre forti interessi in prospettiva su Cina e Australia”. Natalini confessa di avere in particolare un debole per l’Argentina: “Paese meraviglioso, tutt’altro che in via di sviluppo: è già una realtà importante. Qui abbiamo firmato un accordo per la gestione di una discarica da 200 mila tonnellate annue con la Provincia di Jujuy, poi per questioni legate a lobby si è improvvisamente bloccato tutto. Mi piacerebbe ripartire da qui, e di potermi interfacciare non a gruppi di interesse locali bensì alle importanti comunità di sammarinesi all’estero: è questo il mio sogno”.


Piano industriale

 

Per rendere l’idea della crescita esponenziale dei fatturati di Leon Engineering, nel 2012 il fatturato è stato di 580 mila euro (ma con 300 mila euro di utile, tutti subito reinvestiti). Solo nei primi tre mesi di quest’anno siamo saliti a 1,9 milioni di euro. “Siamo pronti per il lancio”, anticipa Natalini, che già prefigura fatturati da decine di milioni di euro nei prossimi 4-5 anni. Un valore che scaturisce dai quattro angoli del globo ma che finirà a San Marino. “Abbiamo già sottoscritto con la Segreteria al Lavoro un piano per venti assunzioni – prosegue – a regime conteremo di creare uno staff di 40-50 persone, tra amministrativi e operai specializzati. Vorrei spendere parole d’elogio per i ragazzi, tutti sammarinesi, che abbiamo avuto a modo di far salire a bordo sin da subito: ingegneri, biologi e tecnici specializzati nel settore ambientale,ma anche il reparto amministrativo. Tutti molto entusiasti e motivati. In San Marino noi crediamo molto – prosegue – in particolare nel progetto del Parco Scientifico e Tecnologico. E a questo Paese vogliamo restituire un valore”.


Brevetti

 

Ci siamo tenuti per ultima la parte forse più “gustosa”, ovvero quella relativa ai due brevetti, entrambi estesi a livello internazionale e legati alla realizzazione di impienti industriali per la cogenerazione di energie rinnovabili dal trattamento del rifiuto, organico e non.

“Il primo brevetto – spiega ancora Natalini – si chiama Nassy, acronimo di New Advanced Sublimation System, grazie al quale soltanto noi possiamo bruciare rifiuti di qualunque tipo a temperature decisamente più elevate di qualsiasi altro impianto (oltre i 2.200 gradi contro i circa 1.200 della tecnologia cosiddetta “consolidata”). Grazie a questo processo di sublimazione si disgregano i legami chimici evitando la produzione di residui tossici. L’energia prodotta è a tutti gli effetti green, il prodotto finale è invece pura CO2”. CO2, ovvero anidride carbonica, causa del buco dell’ozono e di tutti gli altri mali della nostra società? “Già, e qui entra in gioco il nostro secondo brevetto, Phylla, che per semplificare possiamo definire il brevetto relativo al al processo industriale che si rifà alla fotosintesi clorofilliana, grazie ad una particolare coltura idroponica da installare sull’impianto di sublimazione dei rifiuti, che trasforma la CO2 in molecole di ossigeno”.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento