Occuparsi di gestire il rischio è non solo utile per evitare spiacevoli imprevisti, ma anzitutto strategico in tutte quelle circostanze in cui si devono prendere decisioni importanti per il futuro.
di Roberto Parma
Probabilmente è tutta colpa, o forse dovremmo dire merito, della crisi mondiale, se negli ultimi anni sentiamo tanto discutere di “rischio”, e soprattutto se vogliamo essere più precisi, di “gestione del rischio”.
Se con i concetti di rischio finanziario e di valutazione del rischio sui luoghi di lavoro avevamo già comunque una certa familiarità, oggi quando si parla di rischio, il riferimento è decisamente a un contesto ben più ampio di quello di un tempo.
Occuparsi di gestire il rischio è non solo utile per evitare spiacevoli imprevisti, ma anzitutto strategico in tutte quelle circostanze in cui si devono prendere decisioni importanti per il futuro.
La gestione del rischio è difatti un processo di attività e di controlli che consentono di avere sempre sottocchio il quadro delle possibili conseguenze e ripercussioni delle nostre azioni e decisioni.
Un processo continuo appunto, che non può essere compiuto una volta sola.
Con questo significato infine, credo sia chiaro che il rischio non abbia niente a che vedere con il coraggio, che semmai può essere considerato l’altra faccia della paura di assumersi responsabilità.
Non essere alla ricerca di sempre maggiore consapevolezza dei pericoli che potrebbero danneggiarci, o comunque metterci in difficoltà, evidenzia solo un atto d’incoscienza.