Riflessioni sulle ore della solitudine e dell’immaginazione per eccellenza. Là dove le cose sono diverse, quando non urge il tempo e lavorano i poeti, tanto per citare in una sola frase Hemingway e Alda Merini. Di Simona Bisacchi Lenic.
di Simona Bisacchi Lenic
La notte.
È il momento del “chissà cosa accadrà”.
È un odore, di aria e cielo.
È un libro letto d’un fiato.
La notte sono i riassunti delle giornate precedenti.
Sono le stelle condite da desideri.
Sono milioni di coscienze che si prendono in esame.
La notte è il rimandare a domani. Il non pensarci ora, perché tanto è inutile, perché tanto non puoi far niente. Tutto è chiuso di notte: i negozi, gli uffici, gli occhi. Rimangono aperti fino a tardi solo i pub, e qualche intenzione.
Ci sono notti che finiscono presto sotto le coperte o su un divano.
E ci sono notti lunghe e ognuno le spezza come può. Posti in cui bere, tavoli su cui ballare, brutte trasmissioni, poesie lette con un filo di voce.
La notte è il letto del giorno, il sonno della luce. Il rimuginare della testa.
È il non essere stato all’altezza del compito, è la convinzione che domani farai meglio, la speranza che domani sarà meglio.
Sul filo della notte camminano le preghiere dei bambini, i sospiri, le richieste d’aiuto e di perdono.
C’è chi la usa per sognare, perché è di notte che si impara a sognare. E se i sogni diventano incubi non è colpa della sera, è la giornata che non è stata ancora spazzata via, è il domani che fa paura.
Perché la notte è il buio e il buio spaventa. C’è chi lo sconfigge chiudendo gli occhi. C’è chi lo affronta buttandocisi dentro. E c’è chi lo nega, lasciando una lucina accesa sul comodino.
La notte è guardarsi intorno e non vedere nessuno. È non riconoscere la strada che distingui così chiaramente alla luce del sole.
“So che la notte non è come il giorno – scrive Hemingway in Addio alle armi – Che tutte le cose sono diverse, che le cose della notte non si possono spiegare nel giorno perché allora non esistono, e la notte può essere un momento terribile per la gente sola quando la loro solitudine è incominciata”.
La notte lascia soli. Lascia pensare. Lascia che tutto si addormenti. E intanto sussurra consigli.
La notte sospende il tempo, i rumori, la fretta. Sospende il mondo e il suo continuo arraffare, solo per dare tregua agli uomini e lasciar liberi i poeti. “I poeti lavorano di notte / quando il tempo non urge su di loro, quando tace il rumore della folla / e termina il linciaggio delle ore. I poeti lavorano nel buio / come falchi notturni o usignoli / dal dolcissimo canto / e temono di offendere Iddio. Ma i poeti, nel loro silenzio / fanno ben più rumore di una dorata cupola di stelle” (Alda Merini, I poeti lavorano di notte, da Destinati a morire). E allora che questa notte sia grande, e se anche non c’è luce che almeno sia calda, accogliente e clemente. Che questa notte sia gentile, paziente. E poi svanisca, per far sorgere un nuovo sole.