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Il concetto di salute aziendale: l’intangibile contro la crisi

da Redazione

Il quadro generale di crisi, tutti lo conosciamo bene. Le aziende in particolare. Ecco perché è opportuno analizzare quali sono i fattori che possono aiutare a gestire questa crisi nel miglior modo possibile. Introduciamo il concetto, non abbastanza considerato, di salute aziendale.

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di Loris Pironi


SAN MARINO – Il quadro generale di crisi, tutti lo conosciamo bene. Le aziende in particolare. Ecco perché è opportuno analizzare quali sono i fattori che possono aiutare a gestire questa crisi nel miglior modo possibile. Non a caso si sta cominciando a dare importanza al concetto di salute aziendale. Ma di che cosa si tratta esattamente? San Marino Fixing rivolge la domanda a Stefano Pasqui, psicologo del lavoro nonché docente del Master in General Management organizzato dall’ANIS.

“Si tratta di comprendere che le due colonne portanti di una azienda vanno accudite e coltivate in misura paritaria se si vuole uscire dall’empasse in cui siamo caduti. Le due colonne sono la risorsa economica e la risorsa umana. Non si conosce azienda al mondo che non sia costituita e che non progredisca prendendo in carico la cura di una sola area, quella economica, a meno che naturalmente non si guardi ai casi in cui si intendano negare i diritti umani e civili che spetterebbero ad ogni persona e ad ogni lavoratore. Ma questo è un discorso che non ci spetta in questo contesto. Volendo dare al fattore umano la stessa dignità di quello economico il sistema più semplice per agire, fra l’altro favoriti dalla normativa, è pensare alla salute aziendale intendendo per salute ciò che l’OMS (e la legge italiana) ribadiscono: ‘Uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale non consistente solo in un’assenza di malattia o infermità’. Partendo da qui, si può fare molto per la risorsa umana e per la produttività aziendale”.

Se in condizioni normali le tensioni tra le persone in azienda e le ansie che possono essere ingenerate dalla non facile situazione (cassa integrazione, rischio licenziamenti o addirittura di chiusura dell’azienda) sono un problema, a maggior ragione dovrebbe essere così oggi che tutti si sentono appesi a un filo. Come combattere questa realtà, o meglio ancora, come prevenirla?

“Anzitutto avendo una precisa consapevolezza dell’importanza che determinati fattori umani rivestono in merito. Prendiamo esempio da una battaglia del recente passato. Se non si crede che respirare polveri o amianto sia un pericolo che scatenerà le sue conseguenze dopo otto o dieci anni, ovviamente non si capisce perché si debbono fare degli investimenti per difendersi da tali polveri o da tali materiali. C’è voluta una battaglia decennale per far attecchire nella mente dei lavoratori e dei datori di lavoro che polveri ed amianto non sono solo pericolosi per la salute fisica del singolo, ma che hanno precisi e pesanti costi sociali e produttivi. Lo stesso sta accadendo oggi per i problemi dello stress lavoro correlato, del burn out, del mobbing, fattori di cui si parla, ma con poca convinzione relativamente alla loro pericolosità e ai loro costi. Non essendo convinti della loro pericolosità e dei loro costi quotidiani che spesso non vengono ancora registrati nei bilanci, si decide che spendere soldi tempo ed energie in merito è appunto una spesa inutile. Ammessa la consapevolezza di questi pericoli, la loro prevenzione richiede la padronanza di conoscenze ed abilità almeno paragonabili a quelle che sono servite per avviare una decisa battaglia contro le polveri e l’amianto. Le strategie preventive per una migliore salute psicofisica purtroppo non si inventano; occorre avere la pazienza e a volte l’umiltà di volerle apprendere anche perché sono caratteristiche intangibili. Come per tanti altri progressi sociali e produttivi il tutto non avverrà certo in un giorno, ma forse in un passaggio generazionale”.

In questo momento “storico” così difficile, in cui oggettivamente per il lavoratore è difficile non sperare che i problemi più gravi sul lavoro riguardino non sé ma eventualmente i colleghi, come si può cambiare paradigma?

“Semplificando, si potrebbe rispondere con un vecchio proverbio usato dai nostri nonni contadini che usavano dire ‘Un fosso si fa con due sponde’. Nulla è mai stato così vero ieri come oggi e come sarà domani. In qualunque attività siamo coinvolti noi rappresentiamo una delle due sponde del fosso e l’altro o gli altri sono la seconda sponda. Non si possono cambiare gli atteggiamenti i pensieri i comportamenti degli altri ordinando o sperando che loro cambino. Mentre è certo che se noi cambiamo atteggiamento, pensiero, modo di comunicare indurremo l’altro ad un adeguamento alla nostra modificazione. Per cambiare gli altri dobbiamo cambiare noi stessi. Il principale nemico di ogni attività negoziale non è di fronte a noi, è dentro di noi. La cosa sembra difficile da credere, ma è la sacrosanta verità”.

Quali sono i “nemici” più insidiosi, quelli da combattere in ogni modo?

“In questo preciso momento storico metterei al primo posto il diffuso clima di sfiducia, la sensazione di essere coinvolti all’interno di una crisi molto più grande di ciascuno di noi. La parola crisi è la più celebrata, la più chiacchierata, la più ricordata, mentre si parla molto poco, direi quasi niente, di tutto quello che ciascuno di noi può fare per combattere questo stato di cose. Certo è più facile parlare della crisi e delle sue cause globali che non rimboccarsi le maniche e valutare se e come possiamo cambiare qualcuno di quegli atteggiamenti o pensieri che ci hanno condotto a questa situazione. E’ una di quelle situazioni che fa pensare allo psicologo del lavoro che preferiamo stare a piangere sul latte versato che prendere lo straccio, pulire e preparare qualcosa di nuovo”.

Secondo la sua personale esperienza, le aziende si stanno preoccupando abbastanza della salute aziendale? Ci sono casi che possono essere presi come esempio da guardare per trarre ispirazione?

“Fortunatamente ho conosciuto alcune esperienze aziendali che mi hanno confermato come la messa in pratica di alcuni principi organizzativi moderni, spesso applicati all’estero, ma quasi sconosciuti da noi, porti a buoni risultati. Per esempio il principio organizzativo di un intelligente e sistematico coinvolgimento della risorsa umana in decisioni importanti per la salute e la produttività aziendale si dimostra indispensabile per la produzione di un buon clima aziendale che a sua volta riduce conflittualità, assenteismo, senso di impotenza ed aumenta produttività e identità aziendale. Tutte cose che i Paesi europei nostri concorrenti stanno già applicando mentre noi spesso continuiamo a chiederci cosa devono fare gli altri per farci superare la crisi. E come vedete torniamo al punto di partenza: bisogna avere il coraggio di rimboccarci le maniche e coltivare al meglio, oltre alla risorsa economica, anche quella umana!”

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