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IAM, gestione rifiuti: favorire l’ambiente e aiutare le imprese del territorio

da Redazione

Un invito a far sì che sia Pasqua anche per l’ambiente e il territorio della Repubblica di San Marino.

 

di Mirkare Manzi

 

Gli occhi mangiano più della bocca. Purtroppo anche l’argomento della rubrica di questo mese potrebbe risultare “indigesto” a qualcuno. Sia ben chiaro: non è un attacco alle multinazionali che già da diverse settimane sono presenti sugli scaffali dei supermercati con le loro uova e colombe di Pasqua – non sono Don Chisciotte, non ho vicino a me un Sancho Panza e so bene che sarebbe una lotta contro i mulini a vento – ma solamente, lì dove si può, un invito a far sì che sia Pasqua anche per l’ambiente e il territorio della Repubblica di San Marino.

Come i nostri lettori di certo sapranno, con una certa frequenza cerchiamo – nel nostro piccolo – di dare qualche spunto, qualche “best practice” nella materia che ci compete: quella della gestione dei rifiuti, spaziando dalle novità normative al riuso, che ci piace chiamare “second life”, oppure “sensibilità”, “attenzione”, “occhio di riguardo”. Vengo al dunque, utilizzando volutamente la parola “occhio”, che è uno dei sensi, forse il primo, che mettiamo in campo nel maggior parte delle situazioni che ci capitano nella vita. Non lo nego: anche a me colpiscono gli involucri colorati che “presentano” le uova di Pasqua industriali. Però so anche che – se devo scegliere, quando posso – cerco di favorire l’ambiente, la qualità e, perché no, le realtà del territorio, in modo da “aiutare” il mercato interno. Nella Repubblica di San Marino lavorano tante pasticcerie artigianali (e, ne sono certo, ogni lettore potrebbe indicarmene una) che “sfornano” prodotti eccellenti. Certo, gli involucri non saranno decorati e colorati come quelli “industriali”, ma scegliendo i loro manufatti, si fa un favore anche all’ambiente: non saranno a “chilometro zero” nel vero senso della parola, ma di certo hanno percorso poca strada, qualche centinaio di metri o al massimo una decina di km, non di più, con quel che consegue a livello di inquinamento. Non posso poi non soffermarmi sul “vestito” che li avvolge. Le “pasqualità” industriali con grande frequenza sono avvolte da fogli poliaccoppiati, non sempre recuperabili. Quelli artigianali invece – quindi uova e colombe – li trovate dentro una plastica trasparente o un foglio di alluminio, i cosiddetti “monoimballati”, che invece (come abbiamo spiegato nella rubrica di febbraio) sono recuperabili. Lì dove si può, optate per le confezioni o i cesti “mono”, in vimini o anche in stoffa. Se poi nel pacchetto trovate anche una gallina in peluche, riponetela in un cassetto e donatela a chi ha bisogno, oppure “rispolveratela” per l’anno successivo: i bambini non ricorderanno di averla ricevuta solo 12 mesi prima, e ne rimarranno sorpresi.

Ci sono poi uova ancora più “artigianali”, quelle delle galline vere. I nostri nonni (ma soprattutto le nonne) le facevano bollire sino a farle diventare sode, e poi le dipingevano. Potrebbe essere un bel momento di avvicinamento “multigenerazionale”: portate i vostri figli in campagna, acquistate le uova del contadino e poi, una volta messe nel pentolino con l’acqua calda e fatte successivamente raffreddare, prendete i pennelli e coloratele assieme a loro. Per un bambino vale di più un’ora trascorsa a giocare con i propri genitori che mille regali.

Buona Pasqua.

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