Home FixingFixing Dipendenti senza stipendio: ecco la norma per tutelarli

Dipendenti senza stipendio: ecco la norma per tutelarli

da Redazione

Nuovo Decreto Legge per le crisi aziendali. Decisioni in capo a un Comitato Tripartito. Previste perdita incentivi e denunce. Il mancato pagamento sarà “giusta causa”.

 

di Daniele Bartolucci

 

Pronte le “Misure urgenti in caso di crisi di aziende che godono di incentivi statali previsti dalla normativa vigente”. Il caso del One Gallery Outlet non è sicuramente l’unico, a San Marino, che ha visto i dipendenti sempre più in difficoltà a causa dei mancati stipendi, ma certamente è quello più attuale ed eclatante. E passerà alla storia pe aver innescato il processo normativo che, secondo le indicazioni del Congresso di Stato, soddisferà “la necessità di interventi normativi al fine di adottare i provvedimenti più confacenti in caso di crisi aziendali per scongiurare il pericolo di chiusura”. Il principio, infatti, è quello della “urgenza di dare immediato riscontro alla predetta necessità per salvaguardare i lavoratori dipendenti nonché eventuali diritti maturati dallo Stato in presenza di imprese che godono di incentivi ai sensi di legge”. Da qui il Decreto Legge approntato dal Governo, che “nasce da un ampio confronto con le rappresentanze sindacali relativamente alla situazione del One Gallery Outlet”, spiega una nota della Segreteria al Lavoro. “Siamo convinti potrà dare le migliori risposte anche ad altre situazioni di imprese che godono di incentivi, ma non sono in regola con il pagamento degli stipendi dei dipendenti o di tasse e contributi nei confronti dello Stato. E darà inoltre la possibilità ai dipendenti di dimettersi dal posto di lavoro per giusta causa in maniera più semplice rispetto a oggi qualora non ricevano la legittima retribuzione. Il confronto ha avuto una importante accelerazione nelle ultime due settimane e tutte le parti hanno concordato sulla necessità di fornire concreti strumenti di intervento in questi casi, strumenti oggi assenti nella nostra normativa”.

 

UN COMITATO TRIPARTITO PER FARE SCELTE PIÙ RAPIDE

 

Il punto di partenza è l’istituzione di un Comitato Tripartito composto da due rappresentanti del Congresso di Stato o loro delegati e da un rappresentante per ciascuna Organizzazione Sindacale e per ciascuna Associazione Datoriale. “Il Comitato Tripartito (art. 1) viene convocato su richiesta delle Organizzazioni Sindacali giuridicamente riconosciute, qualora: l’impresa alla quale siano stati riconosciuti incentivi, siano essi fiscali, contributivi od in termini di contributo al pagamento della retribuzione da parte dello Stato, non provveda all’integrale pagamento degli stipendi in favore di uno o più dei suoi dipendenti per una mensilità oppure provveda al pagamento solo parziale degli stipendi per due mensilità consecutive; la Commissione Permanente Conciliativa abbia avuto esito negativo oppure, in caso di esito positivo, l’impresa non abbia ottemperato a quanto pattuito nei tempi previsti”. Nel caso in cui “l’impresa abbia accumulato debiti nei confronti dell’Eccellentissima Camera e/o nei confronti dell’Amministrazione Pubblica pari ad almeno euro 10.000,00 (diecimila/00) e non vi siano piani di rateizzazione o rientro delle pendenze”, il Comitato può essere convocato anche su richiesta del Congresso di Stato. Ovviamente della convocazione è data comunicazione all’impresa interessata “con almeno dieci giorni di anticipo”, che può trasmettere, “entro sette giorni dalla comunicazione della convocazione del Comitato Tripartito, una relazione contenente chiarimenti e precisazioni sullo stato del pagamento delle retribuzioni dei dipendenti e/o dei debiti verso lo Stato, nonché sullo stato dell’impresa e le sue prospettive di sviluppo”. E può anche presentarsi per essere sentita dal Comitato Tripartito.

 

I PROVVEDIMENTI VERSO L’IMPRESA


Il Comitato ha diverse soluzioni a sua disposizione. Nel primo caso “prende atto della documentazione in suo possesso e dell’eventuale relazione prodotta dall’impresa e, qualora risulti un piano concreto di rientro delle insolvenze in tempi rapidi” e “non richiede l’emissione di provvedimenti”.

Oppure “sottopone a monitoraggio (i dettagli all’art. 2, ndr) l’impresa nel caso in cui dalla documentazione in suo possesso e dell’eventuale relazione trasmessa dall’impresa risulti comunque la possibilità di un rientro delle pendenze”.

Oppure, ancora, “trasmette la documentazione in suo possesso all’Ufficio del Lavoro per la denuncia al Tribunale ai sensi dell’articolo 66 della Legge 23 febbraio 2006 n. 47, nel caso di impresa in forma societaria, se vi è fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possano arrecare danno alla società”.

Infine, “manda all’ufficio erogante o autorizzante gli incentivi di richiedere all’impresa il rilascio di una fideiussione bancaria, o assicurativa, quantificandone l’importo ai sensi dell’articolo 4, rilasciata da soggetto vigilato sammarinese ai sensi della Legge 17 novembre 2005 n. 165 e successive modifiche e relativi decreti applicativi, a garanzia delle retribuzioni per i dipendenti assunti e/o degli oneri in favore dell’Eccellentissima Camera e/o dell’Amministrazione Pubblica”.

 

FIDEJUSSIONI E PERDITA DEGLI INCENTIVI


Come si è visto, si parla di fidejussioni, che (art. 4) “devono essere complessivamente commisurate al fatturato aziendale e al numero di dipendenti assunti e avere durata fino a sei mesi successivi alla scadenza degli incentivi”. Inoltre “le fideiussioni o le polizze assicurative a garanzia delle retribuzioni per i dipendenti assunti devono anch’esse essere rilasciate in favore dell’Eccellentissima Camera, la quale provvede all’escussione della garanzia versando le somme riscosse direttamente ai dipendenti che ne hanno diritto”. Quindi, “una volta registrate, devono essere depositate entro 15 giorni dal ricevimento della richiesta presso l’Ufficio del Lavoro”.

E (art. 5) “nel caso di mancato rilascio delle fideiussioni o delle polizze assicurative […] l’ufficio erogante o autorizzante gli incentivi emette un provvedimento immediato di revoca degli stessi”.

 

IL MANCATO STIPENDIO DIVENTA “GIUSTA CAUSA”

 

Allo stesso tempo (art. 6) viene modificato anche l’articolo 17 , comma 1, della Legge 29 aprile 2014 n. 71: ovvero “il mancato pagamento, anche parziale, delle retribuzioni spettanti ad almeno i due terzi dei lavoratori, ad esclusione dei soci e dell’amministratore, oltre che dei relativi coniugi, parenti ed affini entro il secondo grado, per almeno due mensilità, anche non consecutive, compresa la gratifica natalizia e l’indennità di licenziamento qualora non liquidate sulla base dei disposti contrattuali, a meno che non sia nel frattempo avvenuto l’integrale saldo degli arretrati dovuti, costituisce giusta causa di dimissioni per il singolo dipendente. L’onere della prova del pagamento delle retribuzioni ai lavoratori spetta al datore di lavoro. Nel caso in cui il datore di lavoro fosse irreperibile la procedura di cui ai commi seguenti può avere seguito a tutti gli effetti”. Ma anche il comma 4 viene sostituito con “le dimissioni per giusta causa e l’obbligo di iscrizione alle Liste di mobilità/disoccupazione decorrono dalla data indicata nell’accordo di mobilità. Su richiesta del lavoratore, purché l’iter per la stipula dell’accordo di mobilità venga attivato entro i successivi cinque giorni, la decorrenza degli ammortizzatori sociali può avvenire dal giorno successivo alla seduta della Commissione Permanente Conciliativa. In tal senso, il periodo di preavviso viene considerato effettuato retroattivamente”.

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