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Per l’Italia sta venendo fuori Una manovra lacrime e sangue

da Redazione

Sta vedendo la luce in uno dei momenti peggiori che si possano immaginare, la manovra di Tremonti: 24 miliardi di euro.  Per il rude colpo prossimo venturo, l’Italia deve essere preparata. Ai 24 miliardi, poi, se ne dovranno aggiungere altri tre, di oneri da rifinanziare per l’anno in corso, compresi i 500 milioni di euro per le missioni militari all’estero.

di Lou Nissart

 

Sta vedendo la luce in uno dei momenti peggiori che si possano immaginare, la manovra di Tremonti: 24 miliardi di euro nel biennio 2011-2012 fra risparmi di spesa e nuove tasse – mentre l’euro continua a cadere, vittima delle preoccupazioni per il debito sovrano di alcuni Paesi dell’Eurozona; le Borse europee scapicollano peggio dei discesisti di sci delle Olimpiadi invernali; e nell’economia si preannuncia una pestifera ripresa a W. Inenarrabili (ancorché generosamente narrati dai media) i problemi politici, che alla fine potrebbero anche affossare la manovra o snaturarla. I fini sono quelli di fatto imposti dall’Unione Europea: graduale rientro nei parametri di Maastricht, sopra tutto per quello che riguarda il rapporto fra il deficit pubblico e il prodotto interno lordo.

La correzione del deficit dovrà essere pari nel 2011 allo 0,8% del pil (12 miliardi di euro) e altrettanto nel 2012, così da ridurre il deficit al 3,9% l’anno prossimo, contro il 5% atteso a fine 2010. Nel 2012 si dovrebbe scendere al 2,7%, al di sotto del 3% fissato a Maastricht. Il fatto che l’Italia, a differenza di altri Paesi europei, non sia troppo lontana dal deficit posto come obiettivo, rappresenta un indubbio merito di Giulio Tremonti, che per un anno ha resistito alle pressioni dei colleghi ministri per accrescere la spesa con la scusa dello stimolo anticiclico. A questo si è aggiunta una duplice fortuna: le banche italiane non erano pericolanti sul piano patrimoniale (a differenza di quelle di praticamente tutti gli altri Paesi), per cui non c’è stato bisogno di puntellarle con denaro pubblico; e allo scoppio della crisi i tassi d’interesse sono stati portati a livelli molto bassi, riducendo così la spesa per interessi dovuta allo smisurato debito pubblico italiano. Questa seconda circostanza potrebbe comunque rovesciarsi abbastanza presto in uno svantaggio, a seconda dell’exit strategy che sarà adottata dai governi e dalla Bce.

Di qui l’importanza della chirurgia delle spese e dell’azione alla Ubu sulle imposte. Per il rude colpo prossimo venturo, l’Italia deve essere preparata. Ai 24 miliardi di gocce di sangue di cui parlano i titoli dei media si devono poi aggiungere circa 3 miliardi di euro di oneri da rifinanziare per l’anno in corso, tra cui i fondi per le missioni internazionali, valutati in 500 milioni.

È il percorso preteso da Bruxelles fin dallo scorso dicembre e sottoscritto da Tremonti nell’aggiornamento del Programma di stabilità di gennaio e nella Relazione unificata di fine aprile. «Non ci saranno nuove tasse né condoni», ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti: «Nessuno metterà le mani in tasca ai cittadini e non ci sarà macelleria sociale», anche se è giunta «l’ora dei sacrifici». Ha detto ancora Bonaiuti: «In un periodo di riduzione generale delle spese è giusto che chi guadagna di più dia un segnale equo al Paese».

La realtà però è un po’ diversa. I risparmi andranno a incidere su una parte dell’assistenza sociale, per esempio sulle pensioni di invalidità e sui ticket per l’assistenza sanitaria; nel settore pubblico saranno ridotti anche gli stipendi nominali (in certi casi fino al 10%, percentuale applicabile anche ai compensi dei parlamentari eccedenti gli 80.000 euro all’anno, sempre che la misura passi in Parlamento); Regioni ed enti locali devono produrre tagli per 2 miliardi nel 2011 e per 3 miliardi e 800 milioni sia nel 2012 che nel 2013: nel complesso poco meno di 10 miliardi in tre anni. La spesa delle Regioni ha un forte impatto sulla società.

Molto affidamento viene fatto sulla lotta all’evasione fiscale, ma bisognerà vedere se alle parole eleganti, che piacciono a quasi tutti, faranno séguito azioni serie ed eque, come finora non è mai successo. Non è possibile escludere neppure l’eventualità di un nuovo condono fiscale, che si accompagnerebbe alla sanatoria per certi abusi edilizi.

Ci saranno anche alcuni tagli di spesa. Il più vistoso è quello su alcuni enti giudicati “inutili”: l’Isae e l’Ice verranno soppressi, nell’àmbito di una riorganizzazione degli enti di ricerca. Nel mirino anche altri istituti come l’Isfol e Ingv, il cui ruolo sfugge ai più.

Impossibile formulare previsioni sulla misura in cui la manovra sopravviverà al passaggio in Parlamento, passaggio che in Italia è sempre stato il punctum dolens dei provvedimenti che ledevano interessi forti. Intanto il Fondo Monetario Internazionale ha confermato le stime per l’economia italiana: il pil crescerà dello 0,8% nel 2010 e dell’1,2% l’anno venturo, mentre per il 2012 il Fondo si attende che la crescita faccia segnare un +1,5%. Per quanto riguarda il debito pubblico, esso si attesterà quest’anno al 118,6% del pil, mentre il deficit sarà pari al 5,2%. Nei prossimi anni il debito è destinato a salire per portarsi al 120,5% nel 2011 e al 121,6% nel 2012. Quanto al deficit, nel 2011 e 2012 si attesterà al 4,9%. Ovviamente, a “politiche correnti”, cioè se della manovra non si dovesse fare proprio nulla. Ma proprio queste cifre mostrano l’urgenza di fare, invece, almeno qualcosa.

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