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Giornalismo, la Repubblica di San Marino è la terra di nessuno

da Redazione

Fixing inizia un viaggio nella trincea delle redazioni dei media locali. Mancano le norme ma c’è mercato. Elogio del lettore sammarinese.

 

 

di Saverio Mercadante

Anni difficili per San Marino, anni intensi di enormi cambiamenti per il Paese. Anni, però, carichi  anche di notizie sempre più importanti, tanto da meritare uno straordinario interesse della stampa estera per le vicende sammarinesi. Il giornalismo locale è certamente cresciuto in questi anni, sia in quantità che in qualità. San Marino Fixing inizia un viaggio, che proseguirà nelle prossime settimane, all’interno della sala macchine delle redazioni giornalistiche del Titano cercando di capirne gli umori e i “sudori” giornalieri nella pratica quotidiana del mestiere. Dunque, abbiamo evitato di proposito di salire sulla plancia di comando, di interloquire direttamente con i direttori. Ci siamo immersi tra i cronisti che ogni giorno faticano per portare a casa la notizia.
“La notizia è notizia ovunque. E, vivaddio, gli operatori della comunicazione che lavorano a San Marino o in Italia riconoscono allo stesso modo il fatto notiziabile. Detto questo – afferma Patrizia Cupo, titolare della pagina sammarinese del Corriere di Romagna –  un giornalista, come ogni professionista, deve essere calato in un contesto di regole, deve far riferimento a delle norme. Per permettergli il diritto all’informazione e porre un limite alle sue libertà. Quindi, esistono anche dei doveri da rispettare. Tutto questo a San Marino non c’è. Sul Titano vi sono alcuni giornalisti, o meglio, degli operatori della comunicazione, perché la figura professionale del giornalista non esiste, iscritti a un ordine italiano che fa riferimento ad un preciso codice etico e professionale. A San Marino, dunque, in mancanza di una norma ben definita o un organo di controllo, ci si affida al buon senso. Che non è sempre patrimonio comune. L’assenza di norme che regolino il settore pesa moltissimo. Siamo nella terra di nessuno. Il territorio è molto piccolo, il rapporto con il potere è molto stretto, a volte valgono di più i valori della conoscenza e dell’amicizia che quelli della vera professionalità. E penso che non ci siano troppi giornali a San Marino, il troppo non esiste. Il pluralismo è sempre un valore aggiunto. L’opinione pubblica sammarinese è formata da lettori molto attenti. Non è un caso che tre giornali sammarinesi e tre giornali italiano trovino comunque un mercato. A San Marino si legge. Non solo. Il lettore, il cittadino, proprio in virtù di questo rapporto così vicino con il potere si sente in dovere di sapere quello che succede a Palazzo Pubblico. Più del lettore medio italiano che sente il potere molto più distante. Ci sono poi blog, le testate on line: è un terreno fertile. I bar sono pieni di avventori che discutono su quello che è scritto sui giornali. Non mi è mai capitato di sentirmi chiamare nelle redazioni dove ho lavorato e lavoro così tanto come dai cittadini sammarinesi che vogliono intervenire sui fatti di stato. C’è molto coinvolgimento. Dunque, su questa base così ricca, il legislatore dovrebbe sentire la necessità di creare il reticolo delle norme deontologiche”.

Voce d’agenzia

“Si sono moltiplicati i giornali, i comunicati stampa, la cronaca giudiziaria, senza dimenticare i cattivi rapporti con l’Italia, direi che le generali esigenze di comunicazione sono in effetti molto aumentate. Il nostro lavoro è certamente in crescita anche a causa dell’interesse delle testate italiane per San Marino. Quando siamo arrivati in Repubblica, la situazione era molto diversa, in un anno è cambiato tutto”. Sono le parole di Cristina Rossi, giornalista dell’italiana Agenzia Dire, che ha una propria redazione a San Marino. “I rapporti con la politica e  con le istituzioni sono molto stretti, diretti, e forse questo è un vantaggio rispetto all’Italia: telefonare a un ministro italiano è certamente più complicato. C’è il fatto, però, che in questa cornice di relazioni quotidiane i politici possano pensare di influenzarti in qualche modo. D’altronde, il nostro è un mestiere difficile. La cronaca, invece, la seguiamo molto meno, più il sindacato, che comunque fa  parte delle istituzioni. Senza dubbio, a livello commerciale, ci sono troppi giornali a San Marino rispetto al bacino dei lettori potenziali. Però, per la pluralità delle idee messe in campo, per il dibattito nel Paese, si crea una grande vivacità, si esprimono molti punti di vista. Sul tema della trasparenza della proprietà delle testate, credo che a tutt’oggi un qualche problema esista”.

Voci dai quotidiani


“La mia impressione – afferma con forza Daniela Malpeli, redattrice di San Marino Oggi – è che il giornalismo sammarinese abbia ancora molta, direi moltissima strada da fare. Quello che deve cambiare non è soltanto il giornalista nella continua ricerca di una sempre migliore professionalità. Deve anche mutare la percezione distorta del giornalista sia nei lettori, che troppo spesso ci vedono come quelli che non raccontano la verità, sia anche nei primi interlocutori dei giornalisti, come i politici per esempio, che ne hanno una visione un po’ troppo utilitaristica. La mancanza di una legge per il settore, di un codice deontologico, sono figli di quella percezione. Non si ha chiaro che cosa debba essere un giornalista, quali debbano essere i meccanismi che regolano questa professione. Non sarebbero troppi i giornali a San Marino se non fossero troppo simili l’uno all’altro. Si differenziano troppo poco, dovrebbero trovare ognuno un proprio punto di vista specifico. Le pagine dei giornali italiani su San Marino mi sembrano un po’ fini a se stesse: il lettore italiano le legge poco e il lettore sammarinese preferisce la lettura dei giornali locali. Andrebbero ripensate.  Naturalmente, va sottolineato che la pluralità non è mai troppa”.
“Essendo una realtà piccola – analizza Jeffrey Zani, redattore de La Tribuna – le parole pesano molto di più e quindi bisogna andarci sempre molto cauti. Le persone che compaiono negli articoli, possono soffrire a livello sociale una pressione maggiore rispetto a chi abita in una grande città. Per tutta una serie di conoscenze e un tessuto sociale di piccole dimensioni. Nella pratica del mestiere in relazioni alle fonti, direi che esiste una parte di fonti confidenziali fiduciarie, e un’altra parte che proviene da gente che ti contatta, cerca la relazione. Occorre, sempre, poi, stare molto attenti: in molti casi capita che ti dicano solo quello che gli conviene dire. A me pesa molto in questa assenza di norme il tema della responsabilità penale. C’è un direttore responsabile, ma se c’è una denuncia viene chiamato anche il giornalista a rispondere direttamente. Il direttore responsabile, però, prende uno stipendio proporzionato al suo ruolo e alle responsabilità che gli competono. Per il giornalista, invece, non sussiste molto equilibrio tra le sue capacità professionali, le responsabilità che gli competono, e la sua retribuzione. In ogni caso si può dire che non ci sono troppi giornali a San Marino, credo che ci sia un buon equilibrio. Forse nella discussione, nella chiacchera che attraversa il Paese, dopo la lettura dei giornali, c’è un sovrappiù costante di dietrologia. Il flusso di notizie di questi ultimi anni che hanno avuto grande rilievo anche in Italia, è stata un’occasione per crescere e per confrontarsi con i colleghi e la realtà italiana. Sul fronte della trasparenza della proprietà posso dire questo: se qualcuno ritiene che siano necessarie più spiegazioni, vanno date, se non altro per un fattore di credibilità”.
“E’ indubbio che quando si è al centro dell’attenzione – evidenzia Antonio Fabbri de L’informazione – si hanno gli occhi puntati della stampa estera,  e si instaurano rapporti con colleghi italiani, se non addirittura esteri, sei spronato a fare sempre di più e meglio il tuo lavoro. Insomma, i fondamentali del mestiere sono gli stessi in tutto il  mondo, ma il confronto con gli altri colleghi migliora la qualità del mestiere. Per quanto ci riguarda, nel rapporto con la politica, che a San Marino per motivi contingenti è molto stretto, noi scriviamo sempre tutto quello che è notizia. La collettività deve rapportarsi con quella che è la verità dei fatti. Indubbiamente, però esiste un rapporto distorto. Se tu scrivi una notizia scomoda vieni additato come quello che fa cattiva pubblicità al Paese. In realtà, i fatti accadono indipendentemente da quello che scriviamo. Ma anche la politica al suo interno esprime questo giudizio: ci  facciamo male da soli. Frasi fatte. Comunque, il giornalismo sammarinese è cresciuto in questi anni, indubbiamente. Deve migliorare, forse, anche l’utenza, chi si rapporta con la stampa. Il fatto che non ci siano leggi che regolano il settore, un ordine professionale, pesa nel senso che non puoi rapportarti come categoria con le istituzioni. E si può dire che ci sono ancora redazioni che usano il lavoro nero, quindi,  c’è poca forza contrattuale per imporre le garanzie che un giornalista dovrebbe avere. Esiste l’USGI, comunque, a San Marino, che continua nella sua attività. Non possiamo nasconderci, però, che siamo piuttosto litigiosi al nostro interno e si fa fatica a ‘fare cartello’. Non ci sono troppi giornali a San Marino. Il pluralismo dell’informazione è una ricchezza non è un handicap. Tutti si dovranno confrontare in futuro con il web anche se a San Marino è una  realtà ancora piccola. Esiste, invece, un problema di trasparenza delle proprietà editoriali, dei finanziamenti, e della regolarità del lavoro che si fa nelle redazioni. E’ da sempre, e sarà ancora una nostra battaglia”.

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