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Banca di San Marino: mercati finanziari, la quiete dopo la tempesta

da Redazione

Volatilità: dopo 2 mesi “nevrotici”, maggio ha regalato una tregua. Il commento di Denis Manzi, CFA, CIPM, Asset Manager.

 

di Denis Manzi *

 

La quiete dopo la tempesta. Il titolo della famosa poesia di Giacomo Leopardi è la frase che prenderei in prestito se dovessi riassumere in poche parole la price action dei mercati finanziari dell’ultimo mese.

Infatti dopo un marzo e un aprile a dir poco nevrotici, maggio ha regalato anche una tregua sul fronte della volatilità dei mercati finanziari. Prendendo ad esempio l’andamento dell’indice azionario Americano S&P500, marzo, su 22 giornate di trading, ha visto solo 4 giornate con risultati tra il -2% e il +2%, aprile 11 giornate su 21 di trading, mentre maggio ben 17 giornate su 20. Come termine di paragone, nel 2019 – caratterizzato da livelli di volatilità molto contenuti – ben 245 giornate su 252 di trading avevano registrato performance all’interno dell’intervallo -2%/+2%!

 

I MERCATI FINANZIARI

 

La diminuzione dei livelli di volatilità va ricercata prevalentemente nell’appiattimento delle curve dei contagi da COVID-19, nel tentativo in atto in diverse nazioni di rimettere in moto l’economia, ma soprattutto nella consapevolezza dell’enorme quantità di liquidità immessa sui mercati da parte delle banche centrali, che ovviamente tende a comprimere i tassi di interesse e ridurre i premi al rischio. Il totale dell’attivo di bilancio di BCE, Federal Reserve Americana e Banca Centrale Giapponese ha raggiunto i 17,3 trilioni di euro, in aumento di oltre 4 trilioni da inizio pandemia, una cifra veramente enorme in un lasso di tempo ridottissimo. A titolo di esempio, dopo la grande recessione del 2007-2009 il bilancio delle tre banche centrali ci mise oltre 5 anni per aumentare dello stesso importo! Dopo la marcata negatività di marzo e il cospicuo rimbalzo di aprile, maggio ha mostrato un andamento tendenzialmente positivo con una importante riduzione della volatilità. Da sottolineare come l’importante recupero dai minimi registrati a marzo abbia colto tanti investitori – che magari avevano deciso di ridurre le esposizioni al rischio – alla sprovvista. Tali movimenti ci confermano l’imprevedibilità dei mercati nel breve periodo e soprattutto l’inefficienza del market timing. Segnaliamo altresì come buona parte del rialzo sia stata generata da pochi titoli e settori, specialmente quelli non impattati – o impattati positivamente – dall’emergenza sanitaria, come ad esempio alcune società del settore tecnologico.

 

GLI EVENTI DA MONITORARE

 

L’attenzione continuerà a rimanere focalizzata sugli sviluppi della pandemia ma, qualora dovessero arrivare dati confortanti, potrebbe tornare di attualità la guerra commerciale tra Cina e USA, anche in considerazione del tentativo Cinese di assumere maggiore potere su Hong Kong. Non dimentichiamo inoltre che a novembre si terranno le Presidenziali Americane che vedranno il Presidente Trump scontrarsi con il Democratico Joe Biden e quindi Trump farà di tutto per mostrare al suo popolo di essere il vero uomo alpha. Sul fronte di nuove iniziative fiscali e monetarie, l’attesa principale è sia sulla definizione del recovery fund europeo, che richiederà ancora tempo per essere finalizzato, sia su potenziali ulteriori manovre espansive da parte della BCE.

 

I PORTAFOGLI

 

L’impressione è che nei prossimi mesi – qualora la pandemia da COVID-19 continuerà nella fase discendente – si inizieranno veramente a fare i conti con gli enormi danni economici causati e, anche considerato l’importante recupero messo a segno dai principali mercati finanziari negli ultimi due mesi, la sensazione è che l’estate porterà con se un aumento della volatilità. Il futuro è sempre imprevedibile ma, visto il contesto che stiamo ancora vivendo, lo è ancora più. Continuo a credere che la crisi che stiamo vivendo andrà ad ampliare ulteriormente il divario tra imprese che possono vantare posizioni di rendita e le imprese che invece già si trovavano in una condizione deteriorata. I prossimi trimestri lasceranno sul campo molti cadaveri e pertanto sarà sempre più importante investire con un approccio globale, evitando scommesse geografiche, settoriali e – non mi stancherò mai di dirlo – evitando il rischio specifico, pena trovarsi con perdite importanti e soprattutto non recuperabili. Tutti vorremmo essere in grado di prevedere quali saranno le aziende che avranno le migliori performance nei prossimi anni, ma ciò è raramente possibile. Oggi sembra che nulla possa fermare l’incredibile ascesa delle big tech (Amazon, Apple, Google, Facebook, Microsoft, ecc.) ma la storia è piena di esempi che ci dimostrano come le leadership non durino in eterno. Per esempio, General Electric è stata l’azienda a maggiore capitalizzazione Americana per gran parte degli anni ’90 e nei primi anni 2000, sino al 2005. Chi avesse investito nella società a fine 2005, avrebbe registrato a oggi una performance del -68% circa, contro un +220% del mercato Americano complessivo! Pertanto, chi si è dotato di protocolli di investimento robusti, composti da pesi e contrappesi, può dormire sonni tranquilli. Chi non lo avesse invece fatto, farebbe bene a farlo. Di norma, un portafoglio bilanciato costituito – dosando le diverse componenti a seconda degli obiettivi di investimento del singolo investitore – da una componente “monetaria” (che dà stabilità), una componente obbligazionaria con basso rischio di credito (che protegge nei momenti di avversione al rischio) e una componente di azionario mondiale (che contribuisce alla crescita di portafoglio) è quello che da le migliori soddisfazioni. Particolarmente consigliata la logica di “piano di accumulo” che consente di smussare (nel bene e nel male) le oscillazioni dei mercati. Ad esempio, un portafoglio banalmente allocato al 34% in un deposito bancario allo 0,70% di rendimento, al 33% in Obbligazionario Eur Investment Grade e al 33% in Azionario mondiale, da inizio anno (anno fortemente negativo) avrebbe performato -2,76% e nel 2019 (anno fortemente positivo) avrebbe performato +12,37%. Non male direi.

In ottica tattica – o speculativa che dir si voglia – i segnali provenienti dai nostri modelli quantitativi per il prossimo periodo ci suggeriscono di:

1 – Diminuire gradualmente l’esposizione azionaria portandola vicino ai target stabiliti in sede di costruzione dell’asset allocation strategica;

2 – Mantenere l’esposizione all’obbligazionario privo di rischio di credito in linea al peso stabilito in sede di asset allocation strategica;

3 – Mantenere l’esposizione all’obbligazionario con rischio di credito vicina al peso stabilito in sede di asset allocation strategica (continuo a vedere valore sul debito dei mercati emergenti in valuta forte).

* CFA, CIPM, Asset Manager



Linea blu asse sinistro: dimensione del bilancio in miliardi di EUR di BCE, Federal Reserve Americana e Banca Centrale Giapponese. Linea rossa asse destro: andamento dell’indice azionario Mondiale. I corsi azionari nell’ultimo decennio sono stati sostenuti in misura importante dalla liquidità immessa sul mercato dalle banche centrali.


BSM 2


Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg. Aggiornamento al 26 maggio 2020.



Grafico: andamento dell’indice azionario S&P500 dai massimi durante alcune delle più importanti recessioni dal 1929 ad oggi. Il crollo del 2020 è stato il più veloce di sempre, ma anche il rimbalzo è stato per ora decisamente importante.


BSM 1


Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg. Price return per indici azionari, total return per indici obbligazionari.



BSM 3


Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg. Aggiornamento al 26 maggio 2020.



Grafico: linea bianca è l’andamento percentuale total return dell’indice S&P500 da fine 2005 al 22 maggio 2020. Linea arancione: andamento percentuale total return dell’azione General Electric da fine 2005 al 22 maggio 2020.


BSM 4


Fonte: Bloomberg.

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