Diversi i costi da ridurre, come il premio produzione e gli avanzamenti automatici. Intanto la Cassa di Risparmio presenta un piano per far tornare in equilibrio i conti in tre anni.
di Daniele Bartolucci
Soluzione NPL e riduzione costi, questo il binario su cui il settore bancario si dovrà muovere nei prossimi mesi. Ma se sul primo c’è attesa per un segnale ufficiale del Governo (entro marzo, hanno detto diversi membri dell’Esecutivo, verrà presentata una bozza di piano), sul secondo le banche si stanno già muovendo. E’ di questi giorni, infatti, l’incontro tra ABS e ANIS (che ne ha la delega sindacale, ndr) propedeutico alla riapertura del tavolo di confronto per il rinnovo contrattuale. La richiesta ufficiale dovrebbe partire a breve e potrebbe essere accompagnata anche dal rinnovo del Comitato Garante previsto dalla legge sulla rappresentatività, che dovrebbe arrivare anche questa a giorni, quasi certamente con la nomina dei due membri nel prossimo Consiglio Grande e Generale. Come noto, il contratto bancario è scaduto da diversi anni, ma quello che più conta è il contesto odierno, profondamente cambiato rispetto a dieci anni fa, quando c’erano il doppio di banche e decine di finanziarie. Anche per questo, se non si vuole parlare di riduzione del personale, di certo qualche sacrificio occorrerà farlo. Sul tavolo diverse ipotesi per ridurre i costi, senza venire meno ai capisaldi della contrattazione: un esempio sono i premi di produzione, che vengono elargiti senza tener conto dell’andamento del bilancio, oppure gli avanzamenti automatici, che in questo contesto non hanno più attinenza con la realtà. L’altro tema, di rilevanza fondamentale, è ovviamente il costo del personale in generale, su cui le parti (datori di lavoro e sindacati) devono trovare necessariamente un accordo. Il tavolo della contrattazione, come detto, non è ancora stato riaperto (dopo l’avvio e sospensione di oltre un anno fa, prima della vicenda CIS), ma qualche proposta inizia a prendere corpo, come il contratto di solidarietà: a fronte del mantenimento dell’organico, senza dunque licenziamenti collettivi, i dipendenti accettano una riduzione percentuale del proprio stipendio. La linea sembrerebbe piacere a entrambe le parti, come detto, ma sul quanto si discuterà parecchio e al momento le “aliquote” sono tutte da definire. La questione, comunque, sarà al centro del dibattito dei prossimi mesi, su questo non ci sono dubbi.
CASSA DI RISPARMIO E IL NUOVO PIANO INDUSTRIALE
Il caso Cassa di Risparmio, pur rientrando nell’ambito generale del settore bancario, rappresenta un capitolo a parte per ovvie ragioni, essendo la banca di proprietà dello Stato. A fronte di questa situazione, che vede appunto lo Stato dover far fronte come socio principale al “rosso” di bilancio ogni anno, occorre un intervento sicuramente più deciso che nelle banche private. Ed è quello che il nuovo Cda ha proposto, presentando in questi giorni un preliminare di piano industriale che, già nel prossimo triennio, dovrebbe rimettere in equilibrio i conti dell’istituto più importante della Repubblica. Un obiettivo ambizioso, che non costerà pochi sacrifici, a quanto pare. Da tempo, infatti, è stata avviata una spending review interna, che ha coinvolto diversi asset ed ora si inizia a parlare anche dei dipendenti. In particolare dei 24 a tempo indeterminato (tutti provenienti da Asset Banca a quanto pare) il cui contratto scadrà il prossimo 15 marzo. La proposta del Cda sembrerebbe andare nella direzione del non rinnovo per 20 su 24. A questo si dovrebbe aggiungere un contratto di solidarietà per ridurre comunque ulteriormente il costo totale dei dipendenti, forse per l’intera durata del triennio previsto dal piano industriale che è stato studiato per riportare la banca in territorio sostenibile.