Home FixingFixing Paolo Montevecchi: “Così ho scritto la canzone ‘Ayrton’ dedicata a Senna”

Paolo Montevecchi: “Così ho scritto la canzone ‘Ayrton’ dedicata a Senna”

da Alessandro Carli

Imola, 1° maggio 1994, la gara di Formula Uno del Gran Premio di San Marino. Durante il settimo giro Ayrton Senna esce di pista ad altissima velocità alla curva del Tamburello, a causa del cedimento del piantone dello sterzo. Sono le 14:17. Il mondo dello sport si ferma. Non per tutti però. Paolo Montevecchi ha incastonato quell’incidente nell’arte, buttando giù quasi di getto la canzone “Ayrton”, poi ripresa – due anni più tardi – da Lucio Dalla.

Torniamo idealmente a 25 anni fa…

“Ero appena ritornato a casa dopo una visita a due amici insieme ai quali avevo guardato innumerevoli volte le ultime fasi di quell’incidente. Nessuno di noi aveva trovato una risposta al perché di quell’incidente, ma nei miei pensieri si erano già affacciate un altro tipo di domande molto più vicine all’essere umano piuttosto che al campione di Formula 1. Fu una necessità e la canzone uscì nel modo più naturale che si possa immaginare. Fu come un grido notturno nel silenzio del mio soggiorno seduto su un divano con la chitarra, composto e trascritto sulle pagina di un giornale. Un grido che fortunatamente ha resistito nel tempo”.

Il titolo originale era un altro…

“Il brano si intitolò ‘Gran Premio’, ma soltanto per quella notte. Poi scelsi di intitolarlo ‘Il Circo’ grazie a un amico surfista che mi suggerì l’idea. Due anni dopo mi venne chiesto da Lucio Dalla di modificare il titolo in ‘Ayrton’. Effettivamente era un titolo molto più diretto e probabilmente si addiceva maggiormente alla popolarità del personaggio che l’avrebbe interpretata. Lucio era molto bravo in questo genere di cose. A mio avviso però “Il Circo” come titolo esprimeva meglio e più poeticamente il senso di quella canzone che parla anche di me e del mio modo di guardare la vita e il mondo. Per rispetto verso Ayrton Senna dissi che sarebbe stato opportuno fare ascoltare prima la mia canzone anche alla sua famiglia. Non ho mai capito se ciò avvenne prima dell’uscita del CD di Lucio Dalla. Così quel brano passò dalle mani di un ‘giovane sognatore’ come me, alle mani di un artista di successo, cambiando anche il titolo”.

Lucio Dalla. Come vi siete incontrati?

“Passai da Bologna per caso. Ero andato a trovare un amico a Pieve di Cento in provincia di Bologna e avevo con me il materiale. Entrai nell’ufficio della Pressing di via D’Azeglio, dove sono tutt’oggi gli uffici e lo consegnai a un impiegato, raccomandandomi di non cestinarlo. Era mia intenzione però proporre a Lucio Dalla soltanto la produzione esecutiva del mio lavoro già prodotto e interpretato da me, concepito fin dal maggio del 1994 come un progetto discografico di cui una parte dei proventi fossero destinati in beneficenza a favore dei ragazzi meno abbienti del Brasile. Mi sembrava logico visto l’argomento della canzone e le parole del mio testo”.

A distanza di 25 anni da quel tragico 1° maggio, pensi che il ricordo di Ayrton Senna sia ancora vivo nel cuore degli sportivi?

“Penso che da quel giorno in poi Ayrton Senna sia entrato violentemente nel cuore delle persone e non soltanto nel cuore degli appassionati di formula uno. Soprattutto è entrato nel cuore dei più giovani che lo hanno conosciuto successivamente per il suo talento straordinario, ma che lo hanno potuto apprezzare anche per la sua tenacia e per la sua sensibilità di uomo. Lo scorso anno per esempio sono stato contattato da uno studente di terza media di tredici anni di Novara: Davide Crudele. Essendo lui un aspirante reporter appassionato di Formula Uno, gestisce anche il blog www.zibaldinonews.blogspot.com. Aveva deciso di scrivere la sua tesina di terza media su Ayrton Senna e di raccontare qualcosa anche sulla mia canzone ‘Ayrton’. Io non mi sono tirato indietro perché leggendo il suo blog l’ho visto altamente motivato. Credo che tutte le persone, compresi i più giovani, vadano tenuti in considerazione e spinti a realizzare i loro piccoli sogni. Ayrton Senna lo avrebbe fatto ed io lo feci”.

Per questo 25° anniversario si dice che lei abbia intenzione di ricordare Ayrton Senna in un modo piuttosto singolare. Cosa ha pensato di fare il 1° maggio di quest’anno?

“Mi piacerebbe dare inizio a una piccola tradizione. Un mio omaggio a Senna che possa magari ripetersi tutti gli anni, anche in altri luoghi da altre persone. Se sarà possibile mi piacerebbe cantare la mia canzone ‘Ayrton’ seduto per terra sulla pista dell’Autodromo di Imola accompagnandomi soltanto con la chitarra in modo totalmente acustico e senza amplificazione né microfoni. In realtà lo scorso anno è stata fatta una ‘prova generale’ di questa mia piccola iniziativa nata per caso ed è proprio in questo contesto che il ragazzo di cui ti parlavo prima ha scoperto chi fosse l’autore ed il compositore del brano. Come vedi ancora oggi il ricordo di Ayrton Senna accompagna nuove verità e nuove conoscenze e talvolta riesce a far nascere nuove idee. Mi piacerebbe farti leggere la mia intervista rilasciata a lui e contenuta nella sua tesina di terza media, dove tra le tante altre cose, racconto come ho vissuto la ‘prova generale’ dell’anno scorso, cantando sia nella curva del Tamburello che sulla linea del traguardo la mia canzone ‘Ayrton’ in italiano e in portoghese, come del resto spero di fare anche quest’anno. Ti va di leggerla?”.

INTERVISTA A PAOLO MONTEVECCHI TRATTA DALLA TESINA DI TERZA MEDIA DI DAVIDE CRUDELE DI NOVARA

La canzone fissa per sempre il momento tragico della vita di Ayrton Senna, in quella curva del Tamburello di Imola , c’era la sua bandiera a scacchi, l’ultima. Lei sembra essere stato presente, quasi aver raccolto il suo ultimo respiro. Era presente?

“No, non ero presente in quella curva il 1° maggio del 1994 e a dire la verità non sono mai stato né un tifoso di Formula 1, né un appassionato di Ayrton Senna. In realtà la velocità un poco mi spaventa, soprattutto quella automobilistica, ma al contrario ciò che non mi ha mai spaventato è esprimere sempre liberamente e con coraggio il mio pensiero. Vedi Davide, non occorre per forza essere presenti in un luogo per riuscire a captare le emozioni; le emozioni ci appartengono, ma sopraggiungono nei momenti e nei modi più svariati. Pensa che alle 14,17 di quella domenica pomeriggio, quando Ayrton Senna perse la vita, io ero a casa di un mio vicino di casa. Mi disse: ‘Hai visto che Senna ha avuto un bruttissimo incidente?’. Io gli risposi con noncuranza, anche se mi soffermai a guardare in televisione insieme a lui le operazioni di soccorso in elicottero.”

Perché ha deciso di scrivere “Ayrton”?

“Fu un po’ più tardi che avvenne tutto. Mi trovavo la stessa sera a casa di una coppia di amici, Alessandra e Danilo. Seduti sul divano seguivamo in TV le trasmissioni sportive che parlavano naturalmente della morte di Ayrton Senna. Quella sera tutto il mondo parlava della sua morte ed il ripetersi ossessivo delle immagini dell’incidente alla curva del Tamburello mi fece riflettere. Sullo sfondo della curva infatti era posizionato un gigantesco pannello pubblicitario di una nota birra. Miliardi di passaggi televisivi. Allora mi posi una domanda: quello spazio pubblicitario posizionato in una curva così pericolosa e senza vie di fuga costa maggiormente perché le monoposto in quel punto rallentano e si ottiene una maggior visibilità del prodotto, oppure si ottiene una maggior visibilità del prodotto perché in quella curva è molto più probabile che possa capitare qualcosa di grave come nel caso dell’incidente di Ayrton Senna? In quel momento io misi in discussione tutte le logiche del commercio dell’epoca senza scrupoli nella quale stiamo vivendo. Resta il fatto che quella scena mi sembrò avere una “scenografia” poco appropriata, se comparata con la morte di un uomo; una immagine che comunque quella notte e nei mesi a seguire entrerà nelle case di tutte le persone del mondo e nel ricordo di tutti. Subito dopo ascoltai Senna parlare in una intervista televisiva di qualche tempo prima e solo in quel momento mi apparve sotto una luce diversa. Il suo pensiero probabilmente ci rendeva affini, o almeno questa fu la mia impressione di quel momento. Tornai a casa velocemente, presi la chitarra e proprio qui, sul tavolino del salotto dove sto scrivendo ora, nacque quella canzone di getto in sette minuti. Le parole e la musica fluivano da sole ed il testo venne annotato velocemente sulle pagine di un giornale sportivo di surf che era a portata di mano. Nessuna correzione. In realtà io avevo semplicemente scritto il mio pensiero sintetizzando la mia esperienza di vita ed il mio personalissimo modo di guardare la vita e il mondo, che per certi versi, facendo io l’attore, probabilmente era affine al mondo in cui era immerso Ayrton Senna. In pratica scrissi un monologo teatrale che si avvicinasse il più possibile a lui, utilizzando però il mio pensiero e la mia esperienza di vita, che a tratti poteva essere molto simile alla sua. Subito dopo pensai che forse avevo oltrepassato il limite essendomi affacciato sulla porta di una dimensione parallela oltre la vita e davanti a Dio. Perché è proprio lì che si svolge la mia canzone. Pensai subito che non l’avrei mai fatta ascoltare a nessuno. Poi il giorno seguente capii che il brano invece poteva essere utile a qualcosa; la stessa canzone poteva restituire maggior sicurezza al mondo della Formula 1, cosa per cui anche Ayrton Senna si era battuto. In quel momento io capii che avevo per le mani ‘un piccolo granello di sabbia’ che poteva anche fermare un ingranaggio gigantesco. Intitolai la canzone ‘Il Circo’ che depositai personalmente alla S.I.A.E. di Roma il 13 aprile del 1994. Perché di questo parla la mia canzone, se lo abbiniamo al cosiddetto ‘Circo’ della Formula 1 e alla logica del business. In un mese realizzai il demo di un CD singolo che conteneva la stessa canzone cantata da me in tre lingue: italiano, portoghese e inglese. L’obiettivo era quello di raccogliere proventi da devolvere in beneficenza ai ragazzi di strada del Brasile. Il brano era accompagnato fin da subito anche da un videoclip per promuovere la mia iniziativa realizzato dentro a un piccolo circo ed interpretato da Federico e Cecilia, figli di una mia cara amica. Chiaramente quel mio progetto non venne mai pubblicato. Giravo le case discografiche e tutti mi dicevano: “La canzone è bellissima, ma tu chi sei per cantarla?” Io naturalmente rispondevo: “Beh, sono quello che l’ha scritta”. A quei tempi ero un vero sognatore che credeva nella sincerità del mondo e forse lo sono ancora nonostante gli anni e nonostante tutto quello che sono stato costretto a vivere, mio malgrado. Però quando riconosco l’entusiasmo e la creatività in altre persone ed il desiderio di verità, come nel caso di questa tua intervista Davide, so che è giusto prendere sul serio il lavoro di tutti, compreso te. Si certo oggi tu hai solo 13 anni, ma un domani potresti anche vincere il premio Pulitzer ed io avrei l’onore di essere stato il primo ad essere intervistato da te. Sto scherzando naturalmente anche se te lo auguro veramente. L’importante è sapere fin da subito che quello che più conta non è la meta da raggiungere, bensì il viaggio.”

Qual è il verso a cui è più legato, insomma quello preferito?

“So per certo che il verso che più ama il pubblico sia ‘Ho capito che un vincitore vale quanto un vinto’. E’ vero, è una bella frase ad effetto; sintesi estrema ma forse un po’ banale. Già Totò ne “A Livella” aveva espresso chiaramente il concetto di uguaglianza e parità degli uomini davanti alla morte. Nel caso di Senna il giorno prima era morto Roland Ratzenberger, un pilota austriaco sconosciuto che intendeva farsi largo nel mondo della Formula 1 e di questo tragico evento Ayrton Senna era rimasto profondamente scosso il giorno prima. Forse non tutti sanno che nell’abitacolo della monoposto di Senna al momento dell’incidente alla curva del Tamburello, è stata ritrovata una bandiera austriaca che Ayrton Senna avrebbe voluto sventolare sulla linea del traguardo in caso di una sua vittoria. Si era già accordato con un famoso fotografo accreditato, per farlo salire a bordo della sua autovettura subito dopo aver vinto la gara, durante il giro finale, per fargli scattare delle foto che avrebbero fatto il giro del mondo in onore di Ratzenberger. Mi hai domandato quale fosse il verso della mia canzone che preferisco? Personalmente sono molto legato a questa frase: “Anche se forse non è servito a niente, tanto “il Circo” cambierà città”. Perché è la logica del mondo: “Lo spettacolo deve continuare” se vogliamo citare un testo scritto drammaticamente da Freddie Mercury al termine della sua carriera: “Show must go on”. Nella logica della mia canzone “Ayrton” Dio chiede all’uomo di rinunciare alla sua vita terrena, rendendolo comunque consapevole che questa sua volontà abbinata alla popolarità del pilota, avrebbe fatto si che il mondo forse si sarebbe ravveduto, sarebbe ritornato indietro, sarebbe “rimbalzato nella curva insieme a lui”, come poi di fatto è effettivamente avvenuto negli anni successivi in merito alla sicurezza dei piloti sui circuiti di Formula 1. Quel famoso week and del 1° maggio del 1994 mise molto in discussione tutto “il Circo” di Bernie Ecclestone. In realtà Ayrton Senna morì sulla pista alle 14,17 del 1° maggio. Se ne andò proprio lì. Il giornalista sportivo Ezio Zermiani, che conosco personalmente, era presente ed arrivò sopra la monoposto di Senna qualche secondo dopo l’incidente. Vide del sangue già mescolato alla materia grigia uscire dalla ferita vicina alla tempia destra di Senna. Arrivò l’elicottero e lo portò via perché “il Circo” non si fermò nemmeno in quella drammatica circostanza, nemmeno dopo la morte del più grande piloti di tutti i tempi. Troppi interessi in gioco. Troppo pesante per gli sponsor e soprattutto troppo oneroso per l’organizzazione interrompere la gara ed accertare la morte di Ayrton Senna sulla pista del circuito di Imola. Il macabro spettacolo andò avanti come se nulla fosse avvenuto, perché la cruda verità è proprio questa. “Anche se forse non è servito a niente tanto il circo cambierà città” è proprio quello che avvenne quel giorno. E’ l’ultimo dubbio dell’uomo aggrappato alla propria vita che ancora non comprende il volere di Dio ed il suo disegno futuro. Ayrton Senna era molto religioso. Era solito dire che talvolta aveva la sensazione di vedersi dall’alto e di avere la percezione di essere mosso dalla mano di Dio durante le gare. Lo spettacolo andò avanti, questo è vero, ma poi le cose cambiarono radicalmente dopo la sua morte in merito alla sicurezza anche grazie a lui.”

E quello che descrive meglio il pilota?

“Su questo non ho dubbi. Sicuramente il verso finale. “Tu mi hai detto “chiudi gli occhi e riposa” ed io adesso chiudo gli occhi”. La Fede in Dio di Ayrton Senna era risaputa, anche se lui viveva in modo molto riservato e personale questo suo rapporto diretto con il Creatore. In realtà il verso che più rappresenta Senna, per come lo ho scritto io, è l’esatta traduzione del noto verso contenuto nella preghiera del “Padre nostro”: “Sia fatta la tua volontà”. In quel verso ho voluto dire la stessa cosa e credo che questo parte del “Padre nostro” rappresenti Ayrton Senna al meglio.”

Musicalmente parlando, quale strumento musicale, secondo lei, mette” i brividi” accompagnando la canzone?

“Immagino che tu ti riferisca al mio arrangiamento della versione originale cantata da me nel 1994 e utilizzata poi anche da Lucio Dalla nel 1996 sostituendo semplicemente la mia voce con la sua e modificando qualche dettaglio, come per esempio la tonalità del brano che nella mia versione originale era in do maggiore e l’assolo di chitarra finale. Beh, sicuramente il finale è l’apice del brano e di conseguenza un assolo di chitarra elettrica distorta in quel punto è la conseguente soluzione per trasportare a mille l’emozione di chi ha ascoltato attentamente le parole della canzone fin dall’inizio. Io comunque penso che la vera novità di quell’arrangiamento del 1994 fu l’idea di poter utilizzare il rombo del motore di un’automobile da corsa, modulandolo sulle note della linea di basso del brano. All’epoca i campionatori registravano suoni soltanto per pochi secondi. Io utilizzai il suono di un’auto da corsa registrato sul circuito di Daytona. Essendo infatti il circuito praticamente ovale, o comunque con lunghissimi rettilinei, quel suono mi dava la possibilità di ottenere un effetto continuo del rombo al suo passaggio, senza frenate o rallentamenti, impostandolo su di una precisa nota musicale. Lo campionai e poi con una tastiera modulai quel suono esattamente come se fosse uno strumento musicale. Musicalmente parlando secondo il mio modesto parere, questa fu la vera novità dell’arrangiamento di quella canzone e sicuramente anche per gli appassionati di Formula 1 il rombo di un motore è il suono che più li emoziona a prescindere da tutto il resto. Però c’è anche da dire che ogni arrangiamento fa fede a se. Per esempio nella mia versione acustica pubblicata poi nel 2014, la ritmica di bossa nova alla Joao Gilberto ed il Bandoneon che ho utilizzato per quell’arrangiamento, sono sicuramente d’effetto anche se molto più intimi e nostalgici.”

Il primo maggio dell’anno scorso, in occasione dell’anniversario della morte di Senna, ha suonato e cantato la sua canzone alla curva del Tamburello dell’autodromo di Imola. Mi racconti cosa ha provato e se pensa di ripetere questa esperienza anche per il venticinquesimo anniversario dalla morte del pilota.

“In realtà io per il venticinquesimo anniversario desidererei inaugurare una piccola tradizione che nasce in modo autentico. Fin dal 1994 pensavo fosse giusto riconsegnare la mia canzone in quel luogo nel modo più semplice, visto che era nata con altrettanta semplicità. Naturalmente il mio voleva essere un omaggio a Senna, ma al tempo stesso mi rendevo conto che le parole della mia canzone non facevano certo onore a chi con la Formula 1 voleva continuare a fare affari. Poi nel 2014 il giornalista Ezio Zermiani mi invitò finalmente a cantare all’ “Ayrton Senna Tribute”, una grandissima manifestazione di 4 giorni organizzata all’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola e dedicata a Senna per il ventennale della sua morte. Quella volta mi fecero cantare il mio brano, ma non alla curva del Tamburello, bensì sulla terrazza della Pit Lane dove era stata organizzata una cena di beneficienza alla presenza della nipote di Senna e di tanti piloti di Formula 1. Quell’anno cantai anche sulla piazza del Comune di Imola abbinando la mia esibizione ad una gigantesca proiezione in Light mapping 3D veramente spettacolare. Non l’avevo mai cantata sulla curva. Lo scorso anno allora, senza chiedere autorizzazioni, né dover rendere conto a nessuno, ho deciso di cantare la mia canzone sulla curva del Tamburello con la mia chitarra seduto per terra e soprattutto senza amplificazione. Io credo che la voce umana, se ascoltata direttamente dal vivo, abbia delle vibrazioni ed armonici che nessuno strumento di amplificazione possa riprodurre digitalmente. Inoltre penso che il fatto di essere presente e poter assistere in prima persona ad un gesto così semplice ma di per sè singolare, possa lasciare nelle persone una emozione forse più profonda e non comparabile nemmeno ad un miliardo di visualizzazioni su YouTube. Oggi infatti la musica è malata perché si basa soltanto sulle visualizzazioni ottenute, senza pensare che soprattutto i ragazzi oggi guardano i video su YouTube soprattutto se si tratta di canzoni ridicole ed inverosimilmente brutte. Scrivere una bella canzone è un’altra cosa ed un vero successo discografico si fonda sulle vendite, non sulle visualizzazioni online. Comunque a parte questo, sono arrivato alla curva del Tamburello con la mia chitarra e non appena terminata la celebrazione della messa in suffragio di Ayrton Senna, ho aperto la custodia della mia chitarra e mi sono seduto per terra. Poi ho detto alle tante persone che erano presenti sulla curva: “Scusate il disturbo, ma io vorrei fare una cosa che desidero fare da tanti anni. Tempo fa io ho scritto una canzone che tutti voi conoscete e che si intitola “Ayrton”. Ecco, oggi io vorrei cantarla qui, davanti alla curva dove morì Senna quel giorno. Per cui questa è la mia canzone “Ayrton” dedicata a lui.” Tutti eravamo stati colti di sorpresa, io per primo, perché fino all’ultimo non ero sicuro che avrei avuto il coraggio di farlo veramente. Mi ero fatto accompagnare da tre amici e fino all’ultimo avevamo avuto dei dubbi perfino se ci avessero fatto entrare in pista con la chitarra. Non so dire bene cosa ho provato in quel momento. Sentivo la mia voce vibrare nell’aria e vedevo che mano a mano sempre più persone si avvicinavano a me senza capire chi fossi e per quale motivo io cantassi quella che tutti conoscono come “la canzone di Lucio Dalla dedicata a Ayrton Senna”. A questo proposito c’è forse anche da dire che per più di vent’anni il noto cantautore Bolognese ha sempre descritto la mia canzone come “la canzone che lui aveva dedicato ad Ayrton Senna, come del resto aveva scritto canzoni come Nuvolari e Caruso, per cui anche questa canzone è stata scritta per la sua grande passione per le automobili ed i motori”. Non ha mai detto “la canzone che ho scritto”, questo è vero, ma lo ha lasciato chiaramente intendere a tutti per vent’anni. Non aggiungo altro. Resta il fatto che questa canzone avrebbe potuto aprire la carriera ad un giovane cantautore come ero io all’epoca, ma questo chiaramente non avvenne. Molte persone presenti quel giorno hanno voluto video riprendere quel momento trasmettendolo in diretta su Facebook. Io avrei preferito che si fossero gustati quella singolare esperienza vivendola in prima persona e non guardando quegli attimi da dietro lo schermo di uno smartphone. Forse anche a questo ho pensato mentre cantavo la mia canzone. Al termine, dopo aver ringraziato tutti, li ho invitati ad accompagnare idealmente Ayrton Senna insieme a me, a quel traguardo mai raggiunto nel 1994, ed una volta raggiunta la linea del traguardo, ho eseguito nuovamente la mia canzone, questa volta in portoghese, la lingua natale del pilota. In quel momento mi sono sentito molto più a mio agio, anche se ho sbagliato qualche parola della canzone, perché chiaramente io non conosco il portoghese. Ho tradotto insieme ad un amico di San Paolo del Brasile quella nuova versione. Avevo fatto sedere tutte le persone sulla pista e come davanti ad un falò sulla spiaggia tutti insieme, ho semplicemente cantato la canzone tagliando il traguardo sul finale. Comunque sì, se sarà possibile ho intenzione di ripetere questa bella esperienza quando ricorreranno i 25 anni dalla morte di Ayrton Senna e di conseguenza anche dalla nascita della mia canzone. Ciao Davide ed in bocca al lupo per tutto.”

Link al video originale inedito “Il circo” (“Ayrton”) interpretato da Paolo Montevecchi nel 1994

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