L’incremento di oltre 500 milioni è stato ufficializzato dal Segretario Celli, che ha presentato un piano di rientro che si basa su Spending review, che non c’è nemmeno nel secondo Assestamento, e la ripresa economica, che non è supportata da un concreto piano strategico.
di Daniele Bartolucci
Da una parte un indebitamento che rischia di raddoppiare, quasi triplicare nel volgere di pochi anni, dall’altra l’ottimistica previsione che la ripresa economica possa però ripagare questo “peso” negli anni a venire. Come potrà farlo, però, è un rebus che il Governo non ha ancora chiarito, mentre – tramite il Segretario alle Finanze Simone Celli – ha spiegato molto bene quanti soldi intende andare a chiedere fuori dal Bilancio dello Stato: 500 milioni di euro. Che sommandosi ai 330 di debito attuale, porterà lo Stato a indebitarsi per circa 840 milioni in totale, il 60% del PIL. Che però per Celli crescerà in maniera consistente nei prossimi anni. Quello che si chiedono imprese, sindacati e opposizioni è come e soprattutto perché dovrebbe crescere il PIL se le uniche cose certe sono l’aumento delle tasse (la patrimoniale quest’anno, la modifica dell’IGR probabilmente già nella finanziaria) e la riduzione del potere d’acquisto di moltissime famiglie, frutto dei quasi sicuri tagli su stipendi pubblici e pensioni. Non occorre infatti essere esperti economisti per comprendere che la crescita dell’economia prospettata da Celli e dal Governo, capace di generare “maggiori entrate tributarie derivanti dal consolidamento della ripresa economica”, necessiti di basi più solide su cui poggiarsi. Basi che da tempo il mondo imprenditoriale chiede di creare, ma che al momento non sono state definite se non in maniera molto astratta. Anche nel documento presentato al Tavolo per lo Sviluppo, infatti, non ci sono interventi per il settore manifatturiero (quello che fino ad oggi ha tenuto alti i livelli di occupazione e sta generando numeri positivi), mentre per gli altri “trainanti”, a iniziare da Turismo e Commercio, è tutto rimandato a Piani strategici ancora “work in progress”. Ma nonostante questo, come detto, si quantifica addirittura in milioni di euro quanto la ripresa economica potrà portare nelle casse dello Stato.
IL PIANO DEL GOVERNO PER AUMENTARE I DEBITI
Come preannunciato alle parti sociali in estate, il Governo è pronto a varare un piano di indebitamento senza precedenti, portando la cifra totale a 840-850 milioni di euro. “L’attuale ammonta a 330 milioni di euro”, ha spiegato anche in Commissione Finanze il Segretario di Stato Simone Celli, “la scelta di intervenire su Cassa porterà ad una cifra che sarà tra i 500 e i 520 milioni di euro”, quindi il totale arriverà alla cifra anzidetta. Celli ha spiegato che la strategia di copertura avverrà in larga parte per bond statali, poi per collocazione privata, infine “in parte attraverso risorse liquide provenienti da chi sarà disponibile a supportarci”. A riguardo, l’Fmi resta per il Segretario “l’opzione più credibile”. Nello specifico, l’ammontare dell’intervento pubblico sarà orientativamente dell’importo di 500 milioni di euro e potrebbe essere così configurato: 330 milioni di euro circa derivanti da emissione di bond statali al tasso di interesse del 2% da destinarsi a conversione asset non performanti Cassa di Risparmio; 120 milioni di euro liquidi da destinarsi a conversione asset non performanti Cassa di Risparmio; 50 milioni di euro liquidi derivanti da destinarsi a aumento di capitale Cassa di Risparmio nel rispetto dai parametri sammarinesi attualmente vigenti (Tier1 all’11%) e a copertura della perdita di esercizio 2018 (10 milioni di euro del piano “5ter”). In pratica, con l’intervento sopra descritto il debito pubblico in valore nominale raggiungerebbe la cifra di circa 840 milioni di euro, portando il rapporto debito/Pil attorno al 60%.
IL “RIENTRO” SOSTENUTO DALLA CRESCITA ECONOMICA
Per ritenere sostenibile il livello di indebitamento pubblico, ha spiegato Celli, il Fondo Monetario Internazionale ha suggerito di gestire le finanze pubbliche in modo oculato e rigoroso, mantenendo su base annua un ragionevole surplus di bilancio (spesa in conto interessi più avanzo primario) che potrebbe essere identificato nel 2% circa del Pil, cioè in valore nominale circa 28 milioni di euro. Il problema è che attualmente, invece, il quadro generale della finanza pubblica presenta un deficit strutturale di bilancio di circa 32 milioni di euro. Perciò, al fine di raggiungere l’obiettivo del surplus di bilancio pari al 2% del Pil, occorrerebbe reperire risorse finanziarie per circa 60 milioni di euro. Una cifra irraggiungibile per San Marino, tanto che lo stesso Celli ha dovuto ammettere che non si può ipotizzare di conseguire tale risultato già partire dall’esercizio finanziario 2019, in quanto richiederebbe l’adozione di misure eccessivamente depressive in un arco temporale troppo breve. Per cui si dovrà impostare una strategia di medio periodo, che sia in grado di assicurare il raggiungimento dell’obiettivo del surplus di bilancio pari al 2% del Pil nel corso del triennio 2019-2021. La previsione di Celli è la seguente: nel 2019 un surplus dello 0,83% pari a 12 milioni di euro circa; (avanzo primario 0); nel 2020 dell’1,5% pari a 22 milioni di euro circa; (avanzo primario circa 10 milioni); nel 2021 del 2% pari a 26 milioni di euro circa. (avanzo primario circa 15 milioni).
Ma anche così, per raggiungere l’obiettivo dello 0,83% del surplus di bilancio in rapporto al Pil, per l’esercizio finanziario dell’anno prossimo, vanno reperite risorse finanziarie per circa 40 milioni di euro. Dove? Maggiori entrate derivanti da Revisione Imposta Generale sui Redditi e da identificazione di nuove entrate di carattere extra tributarie, ha spiegato Celli, unite a minori uscite derivanti da Riforma del Sistema Previdenziale, maggiori entrate (straordinarie) derivante da seconda rata della sanatoria edilizia, ma anche maggiori entrate tributarie derivanti da ripresa economica e minori uscite derivanti da riduzione della spesa pubblica.
LA VARIABILE “CRESCITA” SLEGATA DA PROGETTI SERI
Il “piano Celli” parte come si è visto da delle certezze quali il nuovo debito, ma non si possono certo considerare certe le entrate derivanti dalla ripresa economica, che è già di per sé aleatoria, a maggior ragione se non anticipata da un piano di rilancio serio e credibile. Un piano che non c’è al momento, se non nelle rinnovate richieste e appelli delle associazioni di categoria. Ed è chiaro, allo stesso modo, che una modifica all’IGR, un taglio alle retribuzioni del settore pubblico e alle pensioni (rispettivamente 3700 dipendenti e circa 9500 pensionati) comporterà una riduzione anche dei consumi e degli investimenti. Altro “freno” alla ripesa economica.
LA SPENDING NON C’È, LA SPESA CORRENTE CRESCE
Così come non è per niente certo che il Governo riesca a ridurre la spesa corrente: l’annunciata operazione di Spending review, infatti, tarda a vedere la luce. A tal proposito va ricordato che nell’Assestamento di agosto, proprio il Segretario Celli aveva annunciato che nell’Assestamento numero due, questo di settembre, ci sarebbero state finalmente queste risultanze. E invece non ci sono, almeno non nel testo presentato in prima lettura (quindi potrebbero arrivare più avanti). Anzi, paradossalmente, nello schema di Bilancio assestato presentato in questi giorni la spesa corrente è perfino cresciuta, di altri 10 milioni di euro circa, mentre in teoria (e in pratica, visto che l’impegno è inserito nelle leggi) avrebbe dovuto diminuire del 2,5%. Non bastasse questo, lo stesso Celli ha messo nero su bianco quanto già ipotizzato da San Marino Fixing la settimana scorsa, ovvero che il nuovo debito comporterà degli interessi, e quindi un aumento di spesa corrente importante. In Commissione è stato detto anche questo, quantificando un ipotetico 2% di tasso di interessi sui nuovi 510 milioni di euro di debito, che comporterà un esborso di altri 10,5 milioni di euro l’anno. E nel 2019 la spesa corrente dovrebbe calare di altri 3,5 punti percentuali oltre ai 2,5 di quest’anno (che comunque non ci sono ancora). Un percorso veramente in salita, che rischia di diventare impercorribile.