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La Natività secondo Massimo Agostini

da Redazione

Il suo Presepe a Città accoglie da 20 anni i visitatori e i cittadini. La “chicca”: la pietra di San Marino trovata in bosco e fatta sistemare.

Massimo Agostini presepe 2

 

di Alessandro Carli

 

Da esattamente 20 anni il presepe costruito da Massimo Agostini accoglie i cittadini e i turisti che nell’ultimo mese dell’anno varcano la Porta del Paese per “entrare” nel cuore del Titano. E ogni anno, l’artista aggiunge qualche prezioso particolare a quella “caverna” che è stata ricavata – entrando in Città – sul lato destro e che anche per noi giornalisti di San Marino Fixing, da quando ci siamo trasferiti in via Antonio Onofri, è diventata ancora più familiare. In questo caso, visto il tema, assieme a Massimo parliamo delle “genesi” dell’opera. “Negli anni Novanta la nicchia che ospita oggi il mio presepe accoglieva un piccolo presepe simbolico, costruito dagli scout, in cui veniva rappresentata solamente la Natività. Io, sempre in quegli anni, lo costruivo sulla terrazza del mio locale (‘Il ritrovo dei lavoratori’, ndr). A metà degli anni Novanta l’allora Capitano di Castello di Città, Giulietta della Balda, mi propose di ‘trasferire’ il mio lì dove una volta c’era quello degli scout”.

Massimo, il primo presepe, lo ricorda ancora benissimo. “Era molto semplice, una piccola capanna e poco altro”. Poi, anno dopo anno, è cresciuto. Sino ad arrivare a quello del 2016. “Rispetto a quello dello scorso anno, sono cambiati alcuni particolari. La Natività, per esempio, è stata posta più in alto, in modo che ‘risaltasse’ maggiormente”.

Ad uno sguardo da ottico, qualcosa spicca. Ed è lo stesso Massimo a raccontarla. “Tempo fa, andando in bosco, ho trovato una pietra di San Marino. L’ho fatta ripulire, l’ho portata da uno scalpellino per farla sistemare, e poi l’ho posizionata nel presepe”. Anche quest’anno hanno invece trovato la propria ubicazione altri due particolari. “Sì, la Tre Torri e la Porta del Paese”. Questo è quello che si vede. C’è però un secondo “presepe”, forse meno artistico ma assolutamente indispensabile e funzionale. “Per costruire il presepe, ci vogliono sei giorni pieni. Per me è un diletto, un omaggio personale e gratuito al Paese che realizzo nei ritagli di tempo. Per completarlo, ci ho impiegato circa dieci giorni, anche perché ‘sotto’ alle casette, ai fiumi, alle luci e a tutto ciò che è visibile, c’è un complesso impianto elettrico e idraulico”.

E anche quando siamo andati a vederlo assieme far la fotografia, numerose persone che hanno ascoltato le nostre parole, si sono complimentate con lui. Prima di salutarlo, ci cade l’occhio sulla campagna di comunicazione istituzionale del Natale. Non vediamo né il suo nome, né un accenno al presepe…

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