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Ulisse Bezzi, terra e uomini Un viaggio “romagnolo” lungo oltre 60 anni

da Redazione

Si Fest: la grande fotografia a Savignano sul Rubicone dal 9 al 25 settembre.

Ulisse Bezzi

 

di Alessandro Carli

 

Il concetto di “bandiera” nella fotografia non è mai legata all’immagine di un drappo. Ovviamente in alcuni casi lo è – pensiamo al bianco e nero di Joe Rosenthal, 1945, isola giapponese di Iwo Jima – ma in maniera più dettagliata sono i fotografi che diventano una sorta di orifiamma: viaggiano, “fermano” l’attimo, raccontano. Poi magari cambiano pelle – è il caso dello straordinario Mike Brodie, ospitato lo scorso anno al Si Fest di Savignano: dopo un lavoro di rara bellezza sulla vita “on the road”, ha smesso di scattare e oggi lavora come meccanico a Oakland -, oppure non danno peso alla propria arte, e preferiscono continuare il vecchio lavoro.

Una bandiera – sia per l’arte che ha prodotto che per la scelta di vita – che quest’anno impreziosirà il Si Fest (apertura il 9 settembre, primo weekend full e poi mostre aperte solo nei fine settimana) ha un nome bellissimo, Ulisse. Di cognome fa Bezzi, ha 90 anni e nella presentazione viene definito “fotografo non professionista romagnolo”. Ci hanno messo un bel po’ di tempo per stanarlo e convincerlo che in fondo questa sua passione, lunga più o meno 60 anni, “poteva anche” meritare una vetrina prestigiosa come quella di Savignano, un festival che rappresenta un fiore all’occhiello a livello internazionale e che ha un “tesoretto” – parlare di archivio fa brutto anche se il sintesi è proprio questo – di immagini raccolte in oltre vent’anni di rara importanza (anche filologica).

Se il portale della manifestazione di quest’anno racconta già tutto – per i nomi, i luoghi, gli orari, basta cliccare su http://www.sifest.it/ -, attorno al concetto di “bandiera romagnola” ci piace riassumere la vita di questo Ulisse, uomo schivo prima di essere contadino, piantato con gambe, mani e sudore nella campagna di San Pietro in Vincoli, fra Ravenna e Forlì, e che si racconta in “Ho avuto per maestri i miei occhi”, una straordinaria selezione di ritratti che per la prima volta esposti pubblicamente.

A Savignano poi le suggestioni illuminanti di Luigi Ghirri, innalzato giustamente a totem ne “La coincidenza dello sguardo”, un percorso firmato da Giuseppe De Mattia/Home Movies e che indaga le corrispondenze tra la ricerca fotografica di Luigi Ghirri e le immagini amatoriali provenienti dall’Archivio Nazionale del Film di Famiglia. Ghirri che poi riappare in degna compagnia nella mostra “A secret about a secret”, una selezione distillata di nomi che provengono dalla collezione di Marco Antonetto e che la ottima Silvia Camporesi di Forlì ha scelto. Qui, assieme a Ghirri, le “bandiere” Alfred Stieglitz e Diane Arbus, l’occhio per eccellenza sul mondo dei freak e di quelli che vengono terribilmente definiti “diversi”. La stessa Camporesi poi si è presa il compito di mette bene a fuoco “La fotografia addosso”, una selezione di scatti tratti dai portfolio vincitori del Premio Marco Pesaresi e una selezione di fotografie dello stesso artista riminese (colpevolmente mai del tutto gratificato dalla sua città per il grande lavoro che ha svolto) e che la curatrice ha scelto con uno sguardo particolare al dialogo tra le rispettive immagini.

Poi c’è l’aria del Si Fest, le camminate, le persone, l’off festival e i portfoli in piazza, che vanno vissuti e basta. Definire l’atmosfera significherebbe limitarne il respiro.

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