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Voyager. Un racconto di Loris Pironi

da Redazione

Un breve racconto per chiudere l’anno. Per lasciarvi, a voi tutti, cari lettori di Fixing, con il gusto di leggere qualcosa di diverso, magari anche più leggero (e speriamo più piacevole…) rispetto agli argomenti così “tosti” che Fixing ha raccontato nel corso dei 47 numeri del 2013.

Il racconto che Fixing ha deciso di mettere sotto il vostro albero di Natale s’intitola Voyager, ed è firmato dal direttore della nostra testata. Un’astronave rimbalzata verso i confini del sistema solare, due astronauti persi nel nulla, una bottiglia di vino da stappare come unico legame con la Terra che si allontana ogni minuto di più…

Per gli appassionati, il racconto cela un paio di riferimenti che non vi sveliamo: uno cinematografico – probabilmente più facile da scovare – e uno musicale. Buona lettura!

 

 

 

di Loris Pironi


All’improvviso, la radio si mise a gracchiare. Scariche elettrostatiche. Ci avevano impiegato mesi per perdere la speranza. Per rinunciare all’idea di poter riagganciare il canale per le comunicazioni. Ora ne avevano la consapevolezza e potevano solo sperare che almeno i loro, di messaggi, sarebbero riusciti ad arrivare a casa. L’idea di fare altrettanto l’avevano invece archiviata praticamente subito. Poco dopo l’esplosione che li aveva proiettati sempre più lontano. Un semplice pop, come il tappo di una bottiglia che salta all’improvviso, alle vostre spalle. Questo avevano avvertito. E come un tappo erano schizzati via. Bye bye.

Ma erano professionisti, non si erano lasciati andare. Avevano fatto tutto il possibile per verificare il danno e ripararlo. E non avevano perso la testa anche dopo. Del resto, la loro era una missione al limite.

Erano pronti a tutto, anche al rischio di andare alla deriva, fino alla fine.

Si erano ormai adattati all’idea di trascorrere il resto della loro vita, che poteva essere ancora ragionevolmente lunga, affidandosi l’uno alla compagnia dell’altro. In viaggio verso l’infinito. Come un messaggio chiuso in una bottiglia. Come due compagni d’avventura spediti su Marte che, per un caso irreparabile, avevano tirato dritto.

– Maggiore Tom, ti comunico che secondo i miei calcoli abbiamo definitivamente attraversato la regione più esterna del sistema solare. Stiamo tecnicamente entrando nel nero profondo. Nello spazio interstellare.

– Allora è giunto il momento, mio caro Al. Tiriamo fuori dalla scatola il nostro portafortuna e utilizziamolo nel modo più consono.

Al si voltò. Fluttuando con eleganza nel silenzio senza gravità della capsula, varcò l’angusto spazio che li separava dal magazzino e presto ritornò. Con una bottiglia.

– Barolo del ’99, un’ottima annata.

Il Maggiore Tom sorrise. Era un ricordo del suo viaggio di nozze in Italia. Aveva voluto portare con sé quella bottiglia per non dimenticarsi delle verdi colline. Del sole in faccia, delle risate all’aria aperta.

Delle rondini che volano veloci tra i filari. Della vita sulla terra.

Ebbene, ricordò tutto questo. E continuò a sorridere.

– Maggiore Tom, a te l’onore. Che ci piaccia o no siamo i primi uomini a varcare i confini del sistema solare e questo evento va celebrato con un brindisi.

– Al, fai partire questo messaggio: Lasciato il sistema solare, rotta verso l’infinito. Un brindisi alla Terra.

– Non credo che questa volta Houston avrà qualcosa da ridire, se ci sbronziamo un po’.

Il Maggiore Tom tolse la capsula che avvolgeva il collo e la testa della bottiglia.

Un cenno d’intesa e Al partì come un razzo.

– Maggiore Tom, ecco pronto il più succulento dei pranzi mai offerti qui a bordo.

Dieci secondi, tanto Al era rimasto chiuso ad armeggiare in cambusa.

– Come antipasto direi una bella manciata di pillole verdi.

– Se non altro sono nutrienti. Ma vai pure avanti: cos’altro propone, lo chef, oggi?

– Andrei subito al piatto forte, che ne dici? Un’abbondante razione di tavolette. Quelle marroni.

– Ah, le mie preferite – Il Maggiore Tom lasciò fluttuare la preziosa bottiglia per battere le mani. – Sono la cosa più simile al sapore di una bistecca. Non altrettanto succulente ma un’ottima scelta.

Poi sturò la bottiglia.

– Il primo brindisi è per la nostra cara Terra, per chi abbiamo lasciato indietro.

– Maggiore Tom, ne proporrei un altro. Al Voyager: quella palla di ferraglia è l’unico manufatto umano che abbia viaggiato più lontano di noi.

– Al Voyager, allora.

Il Maggiore Tom diede un colpettino sul fondo della bottiglia. Una bolla di colore rosso denso uscì e restò sospesa a mezz’aria. Niente bicchieri, nello spazio. Al la guardò ammirato per qualche secondo, poi con un risucchio la ingollò. – Magnifique! – esclamò.

Poi fu il turno del Maggiore Tom. Un altro colpo sul fondo della bottiglia. Un’altra bolla di vino. Un morso alla tavoletta marrone.

Un pensiero rivolto a casa.

La radio riprese a gracchiare…

 

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