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Davanti alla struggente bellezza del tramonto

da Simona Bisacchi

Non c’è opera costruita dall’uomo che possa competere con la disarmante – struggente – bellezza di un tramonto.

La sua potenza è talmente profonda che – in “Dell’amore e altri demoni” – Gabo Marquez lo prescriveva come cura, attraverso le parole del singolare medico Abrenuncio: “Suonatele musica, riempite la casa di fiori, fate cantare gli uccelli, portatela a vedere i tramonti sul mare, datele tutto quanto può farla felice. Non c’è medicina che guarisca quello che non guarisce la felicità”.

Minuto e difettoso di fronte al creato, l’essere umano non è però inerme davanti a tanta perfezione.

Perché se è vero che non c’è quadro, reggia o fiaba che possa gareggiare con l’orizzonte convertito in rosa dal sole che cala, è vero anche che esistono gesti che solo le persone possono fare nei confronti dei loro simili e che valgono cento crepuscoli e altrettante aurore.

Douglas Adams – in “La vita, l’universo e tutto quanto” – descrive l’alba come quel “momento in cui la luce appare come sospesa, un momento magico, irripetibile, durante il quale tutto il creato trattiene il fiato”.

Siamo così magici e irripetibili quando tentiamo di mettere a proprio agio chi abbiamo di fronte, anche se non capiamo i suoi atteggiamenti, anche se le sue parole ci trovano in disaccordo.

Quando tentiamo di capire perché, invece di emettere condanne.

Siamo di uno splendore notevole quando riusciamo a pronunciare “ne parliamo più tardi”, invece di far rispondere il nostro istinto prevenuto e irascibile.

Quando ammettiamo la nostra debolezza, la fragilità, senza farne un alibi.

Ci illuminiamo d’immenso – parafrasando l’intensa “Mattina” di Giuseppe Ungaretti – quando tentiamo di sorridere perché è l’ultima possibilità per far regnare la pace, anche se dentro rischiamo l’incendio.

Quando piangiamo, senza però lamentarci.

Quando tentiamo di aiutare noi stessi a essere migliori. O solo più onesti.

Siamo sole che sorge quando afferriamo un amico per il polso un attimo prima che scivoli giù, e non ci sentiamo superiori per questo, né eroici, ma solo onorati di esserci trovati lì al momento giusto.

Siamo di una bellezza inaudita quando accettiamo l’ironia della sorte, sperando un giorno di riuscire a esserne anche contenti.

Quando preghiamo non perché un nostro desiderio si realizzi ma perché le situazioni si risolvano nel migliore dei modi, anche se non è come ci aspettavamo noi.

Anche se non è a nostro vantaggio.

“E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo. I tramonti” scrive Alessandro Baricco, in “Oceano Mare”.

Noi siamo quello spettacolo ogni volta che speriamo. Speriamo di reagire con gentilezza a un torto, con mitezza a un’offesa, con lucidità alla paura.

E speriamo che – se anche non brilliamo quanto un’aurora – almeno il sole illumini ogni nostro passo sulle zolle impervie di questo mondo.

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