Home Dal giornale “Apprezzo tanto due piccole paroline: ‘Non so’”

“Apprezzo tanto due piccole paroline: ‘Non so’”

da Simona Bisacchi

Passiamo la vita a fare domande.

Come stai?

A che ora?

Che ne pensi?

Le risposte si modificano.

A volte nel giro di pochi minuti. A volte ci vogliono anni.

Possiamo renderci conto di quanto le nostre priorità e la nostra sensibilità siano cambiate, semplicemente rispondendo in modo onesto a domande comuni: dove vai? Cosa stai facendo?

Come bisogna comportarsi?

Ci domandiamo spesso quale sia la decisione giusta. Quale sia la strada.

Quale sia la meta.

E ci arrendiamo a un costruttivo “non lo so”, quando i quesiti cominciano a fare confusione invece che portare chiarezza.

La poetessa polacca Wislawa Szymborska – quando le consegnarono il premio Nobel, nel 1996 –  dichiarò: “Apprezzo tanto due piccole paroline: ‘Non so’. Piccole ma alate.

Parole che estendono la nostra vita in territori situati dentro noi stessi e in territori in cui è sospesa la nostra minuscola terra”.

Tempestiamo di punti interrogativi la vita degli altri e la nostra. Probabilmente solo per capire se stiamo andando nella direzione corretta, se ci stiamo comportando in modo appropriato.

Ma qualunque sia la domanda, qualunque sia la situazione, la risposta non può essere odio, rancore, invidia, paura. E se questa è la risposta che viene è – senza alcuna incertezza – sbagliata.

Un algoritmo forse poco preciso ma di innegabile efficacia. 

Crea uno spartiacque tra ciò che è istintivo fare e ciò che, invece, è umanamente valido.

Alcuni quesiti non pretendono una risposta. Ma ci obbligano a decidere chi vogliamo essere.

In questi frangenti, non buttiamo lì una risposta a caso. Non scioriniamo la replica più d’effetto,

quella che colpisce – o annienta – di più.

Prendiamo in prestito – ancora una volta – le parole di Wislawa (ph: Piotr Guzik / Fotorzepa / Forum): “Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte” (“Sotto una piccola stella”).

Consideriamo che è nella fiducia che si crea un rapporto.

È nell’andare avanti, nel “passare oltre” che si crea un futuro.

È nella sicurezza di sé – del proprio bagaglio, della propria ispirazione, ma anche dei propri limiti – che si crea la propria strada.

È nel perseverare, che si crea il coraggio di mettere un piede dietro l’altro, ogni giorno, in ogni circostanza.

Accettiamo il fatto che “Conosciamo noi stessi solo fin dove siamo stati messi alla prova”

(Wislawa Szymborska, “Un minuto di silenzio per Ludwika Wawrzynska”).

E rispondiamo con passi decisi e diligenti silenzi.

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