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Frontalieri, rapporto “privo di discriminazioni”

da Redazione

I frontalieri e la Repubblica di San Marino, un rapporto che stabilisce che “non ci può essere discriminazione in base alla nazionalità per condizioni di lavoro e retribuzione”. E’ ciò che il Titano ha assicurato all’Unione Europea nel 1991 (ai tempi l’Ue si chiamava CEE). Ma è davvero così? Una sentenza del magistrato del lavoro analizza nel profondo la materia.

Il problema della “supertassa” che pende sul capo dei lavoratori frontalieri resta di stringente attualità a San Marino. Il caso è già finito, questo mercoledì, al centro dei lavori della Camera, in Italia, portato nel question time dal deputato riminese del Pd Elisa Marchioni, che peraltro ha parlato del provvedimento varato dall’esecutivo sammarinese i frontalieri italiani “come una vera e propria discriminazione che li determina come lavoratori di serie B”. E con questa è già stata sistemata la questione che riguarda l’impatto del provvedimento sulle già claudicanti (per non dire inesistenti) relazioni bilaterali, con buona pace dell’esecutivo che ha deciso di non fare dietrofront neanche davanti all’evidenza degli errori nella formulazione del provvedimento, che prevede un peso maggiore proprio per i lavoratori sui redditi più bassi e con le famiglie più numerose. Di questo specifico aspetto, e dell’intenzione dell’esecutivo di trovare un escamotage per limitare il danno nei confronti delle fasce più deboli dei frontalieri (peraltro una quadra tutta ancora da trovare) potete leggere nell’articolo di spalla. Qui invece vogliamo soffermarci sull’aspetto più grave del provvedimento, che non è quello pratico (meno soldi in busta paga, più difficoltà a far quadrare i conti a fine anno), bensì quello legato alla discriminazione tra i lavoratori. Un aspetto che potrebbe andare a inficiare il provvedimento, se il ricorso presentato dal sindacato al Collegio Garante della Costituzionalità delle norme, e firmato da 27 membri del Consiglio Grande e Generale (tutta l’opposizione e non solo) per chiedere per chiedere l’illegittimità dell’articolo n. 56 della Legge Finanziaria alla fine verrà accolto. Per il momento possiamo dire che il presidente del Collegio Garante, prof. Augusto Barbera, ha dichiarato ricevibile l’istanza. Nel giro di qualche mese si conoscerà il verdetto, e i lavoratori italiani che ogni giorno varcano il confine per recarsi a lavorare nelle imprese sammarinesi sapranno se la decurtazione del capitolo delle spese di produzione reddito sarà cancellata con un colpo di spugna. Intanto però Fixing prova a dimostrare che, tale provvedimento, oltre ad essere iniquo (opinione) si può configurare a tutti gli effetti come una discriminazione, che va in aperto contrasto con gli accordi internazionali e anche con la normativa sammarinese.

 

La convenzione con la Cee del 1991

 

L’accordo convenzionale attualmente vigente di Cooperazione e unione doganale tra la Repubblica di San Marino e la Comunità Economica Europea (oggi Unione Europea) sancito a Bruxelles il 16 dicembre del 1991 parla chiaro. E dice che all’art. 20 (Titolo III), relativo alla “Disposizione in materia sociale” recita testualmente: “Ciascuno Stato membro concede ai cittadini sammarinesi che lavorano sul suo territorio un regime privo di qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità rispetto ai suoi cittadini per quanto riguarda le condizioni di lavoro e di retribuzione. La Repubblica di San Marino concede lo stesso regime ai cittadini degli Stati membri che lavorano sul suo territorio”. Per la cronaca, tale Convenzione è quella che sancisce ed amplia il rapporto tra il Titano e la Comunità Europea e crea l’unione doganale tra queste due realtà. In base a tale accordo internazionale, dunque, San Marino deve garantire ai lavoratori non sammarinesi un trattamento “privo di qualsiasi discriminazione” per quello che riguarda le condizioni di lavoro e di retribuzione”.

 

Causa civile di lavoro n.4 del 2008

 

La questione è stata affrontata a fondo in una sentenza del Magistrato del Lavoro della Repubblica di San Marino in una causa civile (la n.4 del 2008). Il caso era legato all’obbligatorietà o meno del rinnovo del permesso di lavoro di due lavoratori frontalieri, ma le considerazioni del Magistrato, Gilberto Felici, presenta elementi di estremo interesse per la questione generale. Senza scendere nel dettaglio, superfluo, della causa, possiamo dire che il Commissario della Legge prende in esame proprio l’art. 20 della Convenzione del 1991, disposizioni autoapplicative – scrive nella sentenza, che “costituiscono norme che rendono nulla ogni diversa disposizione, deteriore della posizione del lavoratore”. In questo caso il riferimento specifico è al tempo determinato e apre una parentesi normativa legata all’interpretazione di pareri discordanti, sulla cui soluzione si concentra l’attenzione del giudice. Il Magistrato torna sulla Convenzione di Cooperazione del ’91 perché un effettivo differente trattamento è applicato ai lavoratori frontalieri per quanto concerne l’ingresso nel mondo del lavoro sammarinese. Ma nella sentenza si chiarisce che “la convenzione non esclude all’interno dell’ordinamento sammarinese la facoltà di prevedere limitazioni all’accesso al lavoro per soggetti che non sono residenti o domiciliati nel territorio”, mentre “è assolutamente garantita, invece, la parità di retribuzione e di condizioni di lavoro”. Fixing non ha la pretesa di sostituirsi al Collegio Garante, per carità. Però questa breve analisi è la conferma che la cosiddetta (in termini giornalistici) “supertassa” sui frontalieri è in aperto contrasto con la convenzione con l’Unione Europea firmata dal Titano.

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