Home FixingFixing Gli ungheresi che pasticcioni

Gli ungheresi che pasticcioni

da Redazione

Affossano il Forint e pure l’Euro. La crisi made in Ungheria è decisamente particolare. Prima il Governo rivela di aver trovato le finanze pubbliche in condizioni peggiori di quanto non fosse noto (conti taroccati, come in Grecia?), quindi arriva il crollo. E poi il dietrofront: ci eravamo sbagliati, dichiarazioni fatte con leggerezza. Ma la frittata è ormai fatta. Altro che gulash, è questo il vero pasticcio all’ungherese. Di Paolo Brera.

Di Paolo Brera

 

Prima tappa della crisi made in Hungary: giovedì 3 il sito magiaro “Napi Gazdaság” cita le parole del vicepresidente del partito Fidesz, Lajos Kosa. Fidesz è un partito sempre più neocon che ha sbaragliato gli altri alle ultime elezioni. Kosa rivela che il governo, insediato da una settimana, ha trovato le finanze pubbliche in condizioni peggiori di quanto non fosse noto, e che ci sono poche probabilità di sfuggire a una crisi di tipo greco. Seconda tappa: venerdì il portavoce del governo dichiara che Kosa non ha poi esagerato. La terza tappa è il crollo. Si inabissa il forint, schizzano all’insù i prezzi dei credit default swap che misurano la fiducia in un debitore, la Borsa va a picco. E non solo in Ungheria, anche nel resto dell’Europa. L’euro poi va sotto 1,20 per dollaro, e non si capisce bene perché, visto che l’Ungheria non è nell’Eurozona. Un vecchio proverbio napoletano dice che è meglio fare affari con i furbi che con gli stupidi: i primi cercheranno di fregarti, ma in modo prevedibile e dunque con qualche possibilità di contrasto, i secondi creeranno danni imprevedibili. A quale di queste due categorie appartengano i ministri ungheresi che hanno così intempestivamente esternato direi che è ovvio. Gli operatori finanziari, invece? Mah! Le loro reazioni non sono state tutte comprensibili. Gli operatori finanziari si sono buttati “sul sicuro”, cioè sul dollaro e sulla sterlina, e non si vede davvero come le due valute possano essere considerate sicure. Furbi o stupidi? Mah! (Repetita juvant). La realtà ungherese era nota da un pezzo. All’aprirsi della crisi dei subprime, fuori controllo era non solo e non tanto la spesa pubblica, quanto il debito privato. Grazie al liberismo assoluto applicato nei Paesi ex comunisti, i privati si erano gioiosamente indebitati in valuta e avevano comprato case e automobili. Sopraggiunto l’aumento dei tassi d’interesse e quasi subito anche la svalutazione della loro moneta, si erano trovati alquanto a mal partito. L’Ungheria aveva dovuto rivolgersi al Fondo Monetario e all’Unione Europea per un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di euro. Alla fine del 2009, grazie al miglioramento della fiducia dei mercati, ha però potuto rinunciare alla quarta tranche del credito Fmi: in tutto, dunque, ha ricevuto 8,7 miliardi di euro e dispone ancora di una linea di credito attingibile subito per altri 1,7 miliardi. Oggi però la situazione è tornata quella dei mesi caldi: il forint non è mai stato così basso contro il franco svizzero (valuta di elezione per i prestiti contratti) e l’economia boccheggia. Ad aggravare le cose, il partito di governo continua ufficialmente a promettere un taglio nella fiscalità, e parla di introdurre una “flat tax” del 16% (non progressiva) proprio mentre i mercati si aspettano un maggiore rigore. La Magyar Nemzeti Bank, cioè la Banca centrale ungherese, stima che il deficit pubblico sarà nel 2010 il 4,5% del pil, mentre il governo parla del 7%. L’obiettivo resta quello del precedente governo, il 3,8%. L’ultimo trimestre dovrebbe avere apportato la ripresa economica, con un incremento del pil rispetto ai tre mesi precedenti stimato nello 0,9%. Il programma elettorale di Fidesz prevedeva un’accelerazione della crescita. Il governo in effetti ha promesso di creare un milione di posti di lavoro in dieci anni, e di stimolare l’economia già quest’anno. Dopo la recente crisi, è molto dubbio che disponga della necessaria libertà di manovra. I ministri ungheresi si sono precipitati a richiamare la “voce nel microfon fuggita”, sottolineandone l’infondatezza. Invano. A poco sono valse anche le messe a punto di altre persone autorevoli. Smentendo il governo, per esempio, l’economista Peter Rona ha detto che “fondamentalmente, l’economia ungherese non arriva a livelli di debito paragonabili a quelli della Grecia, e ha tutto il denaro necessario per il servizio del debito. Inoltre non c’è un problema di attendibilità delle cifre”. Solo che ormai, sui mercati finanziari del mondo, il danno è fatto. “Ci servono tutti i dettagli dei loro piani fiscali ed economici e anche maggiori programmi di riforma strutturale”, ha detto Peter Attard Montalto di Nomura, a Londra. Ci vorranno mesi per recuperare la credibilità che il governo ungherese si è giocato in poche frasi. Alcuni hanno visto nelle intempestive dichiarazioni della settimana scorsa un escamotage di Fidesz per rimangiarsi le promesse elettorali senza pagarne immediatamente il fio. Il ministro dell’Economia ungherese György Matolcsy, nel cercare di rincuorare gli operatori, ha detto chiaramente: «È chiaro che se da una parte non c’è bisogno di adottare un piano di austerità, dall’altra non abbiamo la possibilità di lanciare un pacchetto di misure di stimolo fiscale. Quindi il piano del nuovo governo passa per il taglio della spesa e l’incremento delle entrate». Nelle Borse europee, del resto, lunedì è tornata un po’ di calma. Ma l’euro non è egualmente riuscito a riprendere quota.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento