Home FixingFixing Diario della crisi dell’11 giugno 2010

Diario della crisi dell’11 giugno 2010

da Redazione

Preoccupa il debito ungherese.

Di Saverio Mercadante

 

L’euro lunedì è sceso ai minimi da quattro anni, trascinando verso il basso anche i mercati asiatici, sull’onda dell’inquietudine per i dati sull’occupazione in Usa ma soprattutto – lo leggete qui a fianco – per il debito ungherese. Che preoccupa molto, come quello della Grecia, of course, e come gli altri debiti sovrani degli appartenenti al club dei Pigs: Portogallo, Irlanda o Italia, e la Spagna. Eppure…eppure, la situazione pre bancarotta di uno stato come la California o come lo stato di New York, che potrebbe far molti più danni all’economia mondiale, non inverte per niente la tendenza a investire in dollari. Anzi, persino un nemico storico come l’Iran ha deciso di spostare dall’euro al dollaro 45 miliardi di dollari. In una situazione di crisi estrema i protagonisti dei mercati globali, nonostante i superdebiti di Gran Bretagna e USA scelgono comunque il classico fumo di Londra o l’aria sempre fascinosa di Manhatthan. Insomma, la roba importante sta lì tra Londra e New York, e l’Europa è una seconda scelta per motivi politici e geoeconomici. In qualche modo proprio i meccanismi politici più pragmatici sono un’altra opzione vincente per gli investitori. “La qualità di un vero uomo di Stato è di assumere la buona decisione spiegando alla gente gli obiettivi che ci sono dietro ai sacrifici”, ha detto David Cameron, primo ministro del Regno Unito al Sunday Times. “Un debito enorme deve essere gestito. Incrociare le dita aspettando la crescita e sperando che scompaia non è una risposta”, e poi ha aggiunto: “Il Paese è “scoperto”. E gli interessi su questo scoperto si mangiano ciò che la nazione avrebbe dovuto spendere per altro. Dobbiamo avere la gente dalla nostra parte nel corso di questo difficile viaggio”, ha proseguito il leader dei conservatori. Secondo i dati dell’Ufficio di Statistica nazionale, il deficit pubblico ha raggiunto i 156,1 miliardi di sterline nel 2009/2010, pari all’11,1% del Pil, un dato record. Evviva, la fiducia degli investitori.

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