Ben 490 nuovi pensionamenti solo nei primi nove mesi del 2020: aumenta il numero delle erogazioni, ma anche il valore delle stesse, con la prestazione media che dai 17.496 euro del 2015 è arrivata ai 18.235 del 2019 (+4,2%).
di Daniele Bartolucci
La riforma delle riforme. Così è ormai considerata l’operazione strutturale che sarebbe necessario attuare sul sistema previdenziale sammarinese. Necessaria e urgente, visto che le pensioni erogate, nel corso del 2020 hanno sforato quota 12mila. Un numero impressionante, se si considera che dieci anni fa, nel 2010, erano poco più di 9mila. Nel frattempo, però, i contribuenti, ovvero i lavoratori occupati (subordinati o autonomi che siano) non sono aumentanti in proporzione: un peggioramento continuo che ha portato il rapporto tra numero di occupati e pensionati è passato da 2,32 del 2015 a 2,19 del 2019.
La riforma, però, nonostante sia nell’agenda del Governo e nelle raccomandazioni del FMI da diversi anni, non è ancora ufficialmente partita. E questo ha effetti su tutto il sistema sammarinese, compreso il Bilancio dello Stato (chiamato a contribuire in parte al disavanzo dei fondi pensione stessi: non a caso il capitolo “previdenza” è uno dei più importanti della Relazione Economico Statistica che l’Ufficio di Statistica costruisce per essere abbinata alla finanziaria.
Per questo, avvertono gli esperti dell’Ufficio, “monitorare il funzionamento del sistema pensionistico diventa uno degli obiettivi principali del nostro sistema, poiché la massa di lavoratori che dovrà usufruire della pensione nei prossimi anni sarà molto alta, per questo la legge sulla previdenza complementare, tenendo conto di tutti i dati e degli indicatori a disposizione, con riguardo all’età di pensionamento e al prolungamento della vita lavorativa, cerca di limitare e contenere il depauperamento dei fondi pensionistici e il mantenimento di un adeguato tenore di vita per i pensionati delle nuove generazioni”. “A tal proposito”, ricordano, “è stato istituto, con la Legge numero 191 del 2011, FONDISS: il fondo di previdenza complementare dell’Istituto per la Sicurezza Sociale della Repubblica di San Marino. Esso ha lo scopo di assicurare, al momento dell’età pensionabile, la liquidazione di un’ulteriore pensione, detta appunto complementare, che si affianca alle prestazioni del sistema previdenziale classico. È fondato su un sistema di finanziamento a capitalizzazione, che consiste, per ogni iscritto, nella creazione di un conto individuale in cui confluiscono i versamenti contributivi”.
UN PROBLEMA GLOBALE MA SERVE UNA RIFORMA
“Il sistema della protezione sociale”, spiegano gli esperti dell’Ufficio, “è costituito da “l’insieme di politiche pubbliche connesse al processo di modernizzazione, tramite le quali lo Stato fornisce ai propri cittadini protezione contro rischi e bisogni prestabiliti, sotto forma di assistenza, assicurazione o sicurezza sociale introducendo, tra l’altro, specifici doveri di contribuzione finanziaria”. I sistemi di welfare europei sono sottoposti già dal finire degli anni Settanta, e ancor più dai primi anni Novanta, a forti stress che derivano dalle profonde trasformazioni del mercato del lavoro, dalla globalizzazione dell’economia e dei mercati finanziari, dalla mutata struttura della popolazione, da esigenze di contenimento della spesa pubblica. Non tutti hanno mostrato lo stesso grado di resilienza nel fronteggiare le sfide legate ai nuovi rischi sociali, contraddistinti da un più elevato livello di incertezza e da mutati contesti di vita familiare e lavorativa. Perciò, anche a San Marino, la questione previdenziale assume oggi una rilevanza maggiore rispetto al passato in quanto il sistema a ripartizione che governa la previdenza sammarinese paga pensioni per un periodo mediamente più lungo, a causa dei suddetti motivi”. Di fatto, è noto che gli ultimi interventi (di quasi dieci anni fa) non avrebbero fatto che peggiorare la situazione, ma la questione è diventata ancora più urgente a causa delle mutate (e peggiorate, ndr) condizioni economiche e statistiche di San Marino: serve una riforma che renda il sistema previdenziale sostenibile.
PIÙ PENSIONATI, MA ANCHE PENSIONI SEMPRE PIÙ ALTE
La Tavola 79 della suddetta Relazione riporta il numero delle pensioni totali suddiviso per tipologia e “da una sua lettura”, spiegano gli esperti dell’Ufficio Statistica, “è possibile osservare come negli anni il numero delle pensioni erogate sia costantemente aumentato, passando da un valore complessivo di 9.117 del 2010 a 11.551 pensioni erogate nel 2019 (+26,7%)”. A questo dato va aggiunto poi l’aggiornamento successivo, che si ferma a settembre di quest’anno: “Da gennaio a settembre 2020 si sono registrati complessivamente 490 nuovi pensionamenti, 69 unità in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente anno (+16%)”. Di fatto, a settembre le pensioni erogate sarebbero quindi già più di 12mila, al lordo degli eventuali decessi avvenuti nel frattempo.
Un numero destinato ad aumentare ancora, come dimostra l’analisi dell’indice di ricambio, “che stima il rapporto tra coloro che stanno per uscire dalla popolazione potenzialmente lavorativa (ovvero in fascia d’età 60-64 anni) e il numero di quelli potenzialmente in ingresso sul mercato del lavoro (fascia d’età 15-19 anni)”.
Ebbene anche questo indice “si presenta in crescita, e quindi in peggioramento, rispetto il periodo precedente, registrando un valore pari a 126,55. Valori superiori a 100”, spiegano gli esperti dell’Ufficio, “indicano che le uscite dal mondo del lavoro sono superiori alle entrate. Si mantiene pressoché stabile l’indice di dipendenza che risente della struttura sociale ed economica della popolazione (51,77), mentre l’indice di dipendenza degli anziani ha mantenuto la sua tendenziale crescita (30,88). Valori superiori a 50 per l’indice di dipendenza, indicano una situazione di squilibrio generazionale”.
“Analizzando i dati della gestione del sistema pensionistico ordinario”, portano ad esempio gli esperti dell’Ufficio, “si può notare che aumenta costantemente sia la spesa per le pensioni ordinarie erogate, sia il loro numero che passa da 9.447 del 2018, a 9.874 del 2019, con incremento di +4,5%”. Questo, come detto, è in parte determinato dall’aumento del numero di pensionati, ma non solo, perché anche “l’importo medio per pensionato continua ad aumentare ogni anno”, avverte la Relazione: “L’incremento percentuale relativo al periodo 2015-2019 è del +4,2%, passando da € 17.496 del 2015 a € 18.235 del 2019”.
LE GESTIONI DEI FONDI SONO IN NEGATIVO
Tenuto conto che negli ultimi anni il numero dei pensionati è costantemente cresciuto e che, di pari passo, “l’aumento del numero di occupati non è stato sufficiente a compensare il numero di nuove pensioni ordinarie erogate”, il saldo tra entrate e uscite nella gestione dei fondi pensione è ovviamente negativo. Da anni, in verità, con il rischio che in futuro tale gap diventi insostenibile: nelle analisi attuariali disposte dai precedenti Governi, infatti, si ipotizza un disavanzo enorme nel corso del prossimo ventennio, superiore ai 300-400 milioni di euro. “L’andamento dei fondi pensionistici dell’ultimo quinquennio”, certificano gli esperti dell’Ufficio di Statistica della Repubblica di San Marino, “mostra saldi negativi per la gestione ordinaria del fondo dei lavoratori subordinati, commercianti, artigiani, agricoltori e agenti-rappresentanti. I fondi con saldo positivo sono quelli dei liberi professionisti, autonomi e imprenditori”.