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Editoriale. La riforma tributaria ci spaventa

da Redazione

Ma il confronto, oggi, è fondamentale. Se l’esecutivo tirasse dritto su un provvedimento così delicato rischierebbe di compiere l’errore più grave di questi anni.

 

di Loris Pironi

 

Pur non essendoci traccia di pessimismo nel nostro Dna, finora non siamo riusciti a nutrire troppa fiducia sul fatto che la trasformazione dalla prima alla seconda lettura della riforma tributaria riuscirà a produrre un risultato finale efficace e equilibrato. Non fosse altro che per una questione di metodo. Non c’è stato il giusto spazio per il confronto; finora almeno è mancato del tutto. E il testo approvato dall’aula, oggettivamente, non è un buon viatico per la speranza; la speranza di affidare il futuro dei conti pubblici sammarinesi ad un fisco equo ed efficace, moderno e ben strutturato.

Ma il confronto, oggi, è fondamentale. Se l’esecutivo tirasse dritto su un provvedimento così delicato rischierebbe di compiere l’errore più grave di questi anni. Noi crediamo nella buona volontà del Segretario Felici, così come degli altri esponenti di maggioranza che si sono detti convinti di poter “tirare fuori” la riforma migliore possibile. Ma ci crederemo con ancora più convinzione quando vedremo i fatti concreti. E un testo concertato messo nero su bianco.

Di contro non siamo affatto preoccupati del fatto che la riforma possa aumentare sensibilmente le aliquote. Anzi, continuiamo a non capire con quale cocciutaggine si possa pensare di mantenere questo livello non solo di servizi ma anche di privilegi a fronte di entrate pubbliche così stentate. Nello stesso tempo la riforma non può non tenere in considerazione una tutela dei più deboli, dei redditi più bassi. Così come pensiamo che la riforma non può pensare di “vincere facile” andando a pescare dalle buste paga dei dipendenti senza sforzarsi di mettere in campo un serio meccanismo di accertamento e di controllo. E’ una questione di equità.

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