Sulla riforma delle intercettazioni torna a riunirsi oggi il Senato: l’intenzione della maggioranza è quella di dare il via libera al provvedimento già nella giornata di domani. Soddisfatti – finalmente – anche Gianfranco Fini e i suoi, che ora reputano la legge “garanzia di legalità e di lotta al crimine”. Le opposizioni, compatte, voteranno no.
Riprende nell’Aula del Senato alle 15 la discussione sul disegno di legge riguardante le nuove norme sulla regolazione delle intercettazioni. Questa mattina è tornata intanto a riunirsi la Commissione giustizia di Palazzo Madama per esaminare gli ultimi emendamenti. La maggioranza insiste per il voto finale entro la giornata di domani ed è quindi possibile che per raggiungere questo risultato il governo chieda oggi il voto di fiducia. Una scelta di questo tipo renderebbe molto rapidi i tempi di approvazione anche da parte della Camera, dove si ripeterebbe il voto di fiducia. A spingere in questa direzione è l’esito della riunione dell’Ufficio di presidenza del Pdl che si è svolto ieri nella residenza del premier a Palazzo Grazioli. Il testo scaturito dal confronto sugli ultimi emendamenti viene infatti considerato ”blindato” da Silvio Berlusconi, che si è astenuto sul via libera al provvedimento finale ritenendolo non del tutto coerente con gli impegni elettorali del suo partito. E’ stato lo stesso presidente del Consiglio a dichiarare: ”Abbiamo votato all’unanimità e c’è stata una sola astensione di cui mi rammarico: la mia… L’ho fatto perché questa disciplina non risponde in pieno alla promessa che noi abbiamo fatto nel nostro contratto con gli elettori”.
E a chi gli ha chiesto un giudizio di merito sulle norme che regoleranno le intercettazioni, precisa: ”Ora abbiamo ridotto il periodo a 75 giorni rinnovabili con una proroga eventuale ed abbiamo ridotto la possibilità della fuga di notizie, con pesanti pene per i responsabili, e così abbiamo praticamente impedito la pubblicazione di intercettazioni su stampa e tv”. I cambiamenti inseriti nel testo iniziale del disegno di legge sono tredici, illustrati ieri nell’Aula di Palazzo Madama dal senatore Roberto Centaro, Pdl, relatore di maggioranza. Il nuovo testo prevede: terminati i 75 giorni di durata massima delle intercettazioni telefoniche, il Pm potrà chiedere una proroga di tre giorni in tre giorni se dovesse riscontrare il rischio che si stia per compiere un nuovo reato o se si tratti di una prova fondamentale; viene fissato in 3 giorni (prorogabili di tre in tre) la durata delle intercettazioni ambientali. Nel testo restano le pene per gli editori, che possono pagare ammende fino a oltre 450 mila euro nel caso pubblichino intercettazioni espunte dal processo o giudicate irrilevanti per il procedimento. Per quanto riguarda la cosiddetta ”norma transitoria”, una volta approvato il disegno di legge entreranno in vigore le sanzioni per giornalisti ed editori. Ci sarà invece un anno di tempo per applicare la norma che prevede il semaforo verde per le intercettazioni da parte del giudice collegiale e non più del Gip. Le nuove norme, infine, non dovrebbero essere applicate alle inchieste in corso. Molto soddisfatta del risultato finale è l’ala finiana del Pdl. Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha infatti dichiarato: ”Il testo ora è garanzia di legalità e di lotta al crimine”. In effetti, erano stati proprio i finiani a chiedere i cambiamenti del testo sulle norme riguardanti la proroga degli ascolti, la pubblicazione degli atti sui giornali, le pene per gli editori e la norma transitoria.
La possibilità della richiesta del voto di fiducia ha nel frattempo irrigidito nuovamente la posizione delle opposizioni. Anche l’Udc, oltre a Pd e Idv, annuncia voto contrario sul provvedimento. Dichiara infatti Pier Ferdinando Casini: ”Non siamo alla Camera per timbrare: l’assemblea di Montecitorio deve avere un ruolo politico. Non mi piace questo modo di affrontare questioni così importanti, così come non ci piace questa legge sulle intercettazioni sulla quale voteremo contro”. Malgrado la blindatura del testo da parte della maggioranza, c’è una ultima incognita sulla dirittura finale del disegno di legge sulle intercettazioni: riguarda il giudizio del presidente Giorgio Napolitano sulla costituzionalità di alcune delle nuove norme. Secondo alcune indiscrezioni, il sottosegretario Gianni Letta e i tecnici del Quirinale sarebbero al lavoro in particolare sulla norma che prevede 72 ore come limite temporale di ogni singola proroga del periodo in cui si può intercettare (nella prima formulazione del testo il limite era stato fissato a 48 ore) e sulla ”norma transitoria”. Su quest’ultimo punto, il Quirinale riterrebbe non costituzionale una applicazione delle nuove regole che operi discriminazioni fra i processi.