Home NotizieAttualità Iran , scattano le manette sul web

Iran , scattano le manette sul web

da Redazione

“Presto istituiremo un corpo di polizia informatica in grado di contrastare i crimini commessi sul web”, ha dichiarato il capo della polizia iraniana Esmail Ahmadi Moghaddam durante una conferenza stampa ad Arak riproposta dal sito filo-governativo Farsnews.

La decisione è stata presa dalle autorità iraniane dopo essersi resi conto dell’impatto del web nelle contestate elezioni presidenziali del 12 giugno. Ma ho l’impressione che questa decisione sia stata – in realtà – meditata a lungo. Ad aprile era stata infatti pubblicata un’inchiesta secondo cui ogni anno i reati commessi in Iran e collegati ad Internet sarebbero 124mila. Di questi, il 26% sono reati collegati all’accesso non autorizzato alle reti da parte degli hacker; un altro 26% sarebbe imputabile alla diffusione di menzogne; un 7% sarebbero violazioni di copyright e poi ci sarebbero i reati di pornografia, pedofilia e violazioni della privacy. Il tutto per un totale di 124mila reati l’anno, con un incremento del 26% rispetto ai dodici mesi precedenti. La popolazione dell’Iran è di 70 milioni e di questi 12 milioni navigano abitualmente in Internet. Secondo il sociologo di Teheran Saeed Madani, citato dall’emittente britannica BBC, la metà degli utilizzatori della rete avrebbe ammesso di navigare sui siti pornografici e un terzo di questi ci andrebbe su base quotidiana. La polizia del web prenderà di mira anche loro, come avevano già fatto ad aprile i pasdaran arrestando 29 persone e chiudendo una novantina di siti pornografici. Un report sui filtri in Iran, scritto da The open Net Initiative, una partnership di ricercatori americani, canadesi e britannici il cui nucleo principale è The Citizen Lab che fa base all’Università di Toronto (Canada), ha testato oltre mille siti web nella Repubblica islamica dell’Iran. I risultati dimostrano che vengono bloccati i siti pornografici e quelli con contenuti sessuali, i siti dei gruppi dissidenti (partito comunista iraniano, mujaheddin del popolo, monarchici), i siti di emittenti come Voice of America, i blog (soprattutto in persiano perché quelli in altre lingue hanno un impatto decisamente minore) e quelli che forniscono strumenti e indicazioni per aggirare i filtri della rete. Proprio sui filtri si concentra il report di TheOpenNet Initiative: mentre la Cina filtra i contenuti del web in modo centralizzato, a livello nazionale, in Iran le autorità hanno adottato una strategia diversificata che fa affidamento sui diversi provider. La tecnologia in uso in Iran è tutt’altro che sofisticata: le autorità usano SmartFilter, un software facilmente disponibile e prodotto dalla società americana Secure Computing. Il loro prodotto è venduto con un database di milioni di siti web che si possono bloccare, suddivisi in 60 categorie. Le autorità iraniane possono acquistare quel database e poi aggiungere i siti che desiderano bloccare per motivi politici. E’ lo stesso software, si legge on-line, usato nelle biblioteche pubbliche statunitensi per evitare che i minori accedano a certi siti. Ed è lo stesso acquistato dall’Arabia Saudita per reprimere la dissidenza.

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