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Editoriale: un codice per i media del Monte

da Redazione

Il giornalismo si fa consumando le scarpe, cercando le notizie: non è una professione, bensì una missione.

 

di Alessandro Carli

 

La terza edizione del convegno “Libera stampa libero Stato”, organizzata il 4 maggio, ci dà l’occasione di parlare della nostra professione, della libertà di stampa (sul Titano, tutto sommato, la situazione non è così drammatica, specie se si guarda l’Italia, crollata al 73esimo posto – annota sempre “Reporters sans frontières”, tra la Moldavia e il Nicaragua), della necessità di adottare anche a San Marino – ma su questo il Presidente pro tempore della Consulta per l’Informazione Luca Salvatori ha dato rassicurazioni – un codice deontologico che normi la professione. Codice che – è questo l’auspicio – detti le regole per far crescere l’informazione del Titano. E che difenda la proprietà intellettuale. Fa male – ed è poco professionale – leggere sempre con maggior frequenza le stesse notizie (o meglio: gli stessi comunicati stampa) riportate su giornali diversi, ma anche constatare che alcuni quotidiani attingono a piene mani dalle informazioni costruite dai colleghi che lavorano in altre testate. E’ capitato anche a Fixing. Se da un lato significa che siamo un giornale credibile e una fonte attendibile, dall’altro la ribattitura della stessa notizia comporta una penalizzazione per chi l’ha cercata, costruita e scritta.

Vorremmo un codice che stoppasse davvero questo fenomeno – il giornalismo si fa consumando le scarpe, cercando le notizie: non è una professione, bensì una missione -, ma che allo stesso tempo sappia fornire indicazioni precise per far crescere l’intero settore. Ai rischi della sovrinformazione – nel caso dell’online più notizie, pubblicate quasi in diretta non sono garanzia di più verità – deve fare da contraltare la verifica delle notizie, la professionalità di chi scrive.

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