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Editoriale: chiamiamo le cose con il giusto nome

da Redazione

Prendiamo la “patrimoniale”, per esempio. Che poi riguarda solo gli immobili, dunque solo una parte del patrimonio. Ovvio che non la possiamo chiamare “tassa sulla casa”; per un paio di buoni motivi.

 

di Loris Pironi

 

E se cominciassimo a chiamare le cose con il loro giusto nome? Magari sarebbe tutto un po’ più facile.

Prendiamo la “patrimoniale”, per esempio. Che poi riguarda solo gli immobili, dunque solo una parte del patrimonio. Ovvio che non la possiamo chiamare “tassa sulla casa”; per un paio di buoni motivi. Il primo è che detta così, “patrimoniale” può sembrare al popolo un po’ più giusta, perché va a tassare chi ha potuto fare investimenti negli anni. Di contro una tassa che colpisce le case ci parrebbe decisamente troppo “crudele”: quanto è facile il bersaglio… Il secondo motivo per cui non la possiamo chiamare tassa sulla casa è perché in realtà, Fixing lo ha raccontato sul numero della scorsa settimana, più che le case sono colpiti gli immobili destinati ad uso commerciale e produttivo. Una tassa dunque che andrebbe (ancora non è stata approvata, e speriamo che ci sia un rinsavimento generale in tal senso) a colpire soprattutto chi, in questa fase di crisi, sta tenendo a galla l’economia.

Incominciamo a chiamare le cose con il giusto nome, dicevamo. E allora anziché proporre “sanatorie” o “condoni”, che fa tanto pensare all’ennesimo guazzabuglio normativo per far stappare bottiglie di quello buono ai soliti furbetti, si parlasse invece di “regolarizzazione”, non cambierebbe forse la prospettiva? Perché in realtà – lo abbiamo dimostrato sette giorni fa, lo confermiamo anche su questo numero – non si può sperare di perseguire l’equità fiscale se prima non si permette alle persone di verificare ed eventualmente sistemare la propria posizione.

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