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Consiglio Grande e Generale: l’esito della consultazione referendaria

da Redazione

Il primo intervento è quello del capogruppo di Ns, Massimo Cenci, che alla luce dell’esito del voto parla di un “referendum contro la politica, tutta, non solo la maggioranza”. Il report di San Marino News Agency.

 

SAN MARINO – L’avvio dei lavori consiliari nel pomeriggio subisce un ritardo di mezz’ora: dopo che, con un primo appello, non è risultato il numero legale delle presenze in Aula, la Reggenza stigmatizza l’accaduto. Si riprende quindi dal dibattito al comma 9, sull’esito della consultazione referendaria di domenica scorsa. Il primo intervento è quello del capogruppo di Ns, Massimo Cenci, che alla luce dell’esito del voto parla di un “referendum contro la politica, tutta, non solo la maggioranza”, pertanto “il risultato deve far riflettere sul modo di comunicare e agire”. Cenci esorta poi la cittadinanza a partecipare allo stesso modo anche per le elezioni politiche: “Da tempo- prosegue- diciamo che la gente fatica a proporsi e ad avvicinarsi a candidature, invito a metterci la faccia”. Nicola Selva, Upr si interroga se la maggioranza in Aula sia ancora rappresentativa del Paese. “I quesiti sono stati politicizzati- manda a dire- e certo, non servono a fare cadere i governi. Ma non ci si può limitare a dire ‘questa volta ne prendiamo atto'”.

Per Antonella Mularoni, segretario di Stato per il Territorio, con il voto sul polo della moda “ha prevalso il buon senso e la preoccupazione di chi un lavoro non ce l’ha e la voglia di lavorare”. Quindi Valeria Ciavatta, Ap, sempre in relazione al quesito sul polo, sottolinea come dall’istituzione del referendum sia la prima volta che un quesito ha preso più no dei sì “per abrogare una legge legata ad un progetto sposato dal governo”.

“Il quesito sul polo della moda- sottolinea quindi Stefano Canti, Pdcs- aveva valenza politica, per abrogare provvedimenti di governo e maggioranza, era importante per il rilancio dell’economia Paese”. E su questo quesito “la popolazione- osserva- ha espresso un voto sincero molto positivo”.

Luca Santolini, C10 evidenzia che l’unico motivo per cui esultare è stata la partecipazione dei cittadini: “E’ l’ennesima dimostrazione che da 3 anni e mezzo stiamo perdendo tempo qui dentro. Non è possibile che governi un governo senza credibilità”. Punta il dito contro “una serie di inesattezze, riportate strumentalmente in battaglia referendaria”, il segretario di Stato Teodoro Lonfernini.”Abbiamo messo a rischio un progetto che ha come scopo il futuro del Paese”, chiosa.

Marino Riccardi, Psd, rispetto all’esito sul quorum osserva che in futuro “non si potrà proporre un referendum su qualsiasi cosa”. Piuttosto, “bisognerà stabilire su quali materie potrà essere fatto. Ora è esclusa solo la parte tributaria. Bisogna allargare il limite ad altre materie”. Il consigliere Augusto Casali, Ps legge l’esito referendario come una bocciatura del governo, “statico e incapace, non in sintonia con la maggioranza del Paese”. E plaude i colleghi del movimento Rete, Lazzari e Pedini che sul referendum su polo “si sono schierati con il comitato promotore: “La vittoria è anche la loro”. Matteo Zeppa, Rete si dice soddisfatto: “Ho perso il referendum sul Polo- osserva- ma difenderò con tutta la forza i 7.845 che hanno votato a favore. E difendo la formazione del comitato del sì”. Marco Arzilli, segretario di Stato, sul quesito sulla preferenza unica lancia un auspicio: “Mi auguro che da questa scelta di aprire al voto dei residenti all’estero non nasca qualcuno che se ne voglia approfittare per riaprire un capitolo della nostra storia che abbiamo in tanti voluto chiudere”. Per Federico Pedini Amati, Lbsm, in definitiva “non si può non leggere il risultato come uno sberlone dei cittadini a questa maggioranza”. Il dibattito si interrompe per riprendere e concludersi in seduta notturna.

Di seguito un estratto degli interventi del pomeriggio del 18 maggio.

Comma 9, Dibattito sull’esito della consultazione referendaria del 15 maggio 2016

Massimo Cenci, Ns: “Prendo atto di quanto accaduto e che l’appello della Reggenza alla puntualità sia rimasto inevaso. Passiamo all’esame dell’esito referendario. Ha portato posizioni che non mi aspettavo e non può lasciarmi soddisfatto. Ma prendiamo atto della volontà dei cittadini e prima possibile, come politici, ci dobbiamo adoperare per darne seguito. I cittadini hanno espresso tanti sì, ciò fa ragionare a prescindere dai quesiti che trattiamo. Lo leggo anche io come un referendum contro la politica, tutta, non solo la maggioranza, un risultato che deve far riflettere sul modo di comunicare e agire. Mi piacerebbe poi che la partecipazione si manifestasse anche in modo diverso, anche per le elezioni politiche. Da tempo diciamo che la gente fatica a proporsi e ad avvicinarsi a candidature e l’invito è che la gente cominci anche a metterci la faccia in ambiti politici, non importa in che partito o movimento, oggi c’è tanto bisogno di persone e nuove e capaci. Sui quesiti, in particolare sul tetto degli stipendi nella Pa, non ero d’accordo, ma occorre ragionare sui privilegi anche di chi prende sotto quella cifra, occorre fare un’analisi approfondita e prendere decisioni indispensabili che la gente si aspetta. Anche sul quorum, essendo un sostenitore della democrazia rappresentativa, non posso essere soddisfatto dell’esito, ma bisognerà darne seguito”.

Nicola Selva, Upr: “I cittadini si sono espressi in modo inequivocabile sui referendum in cui hanno vinto i sì. Si salva la variante del Prg che non ha raggiunto il quorum e dove hanno vinto, anche se di poco, i no. Il Polo si farà, ma molti cittadini si sono espressi in modo contrario. Ci dovremmo porre in quest’Aula la domanda se la maggioranza sia ancora rappresentativa del Paese. I quesiti sono stati politicizzati e certo, non servono a fare cadere i governi. Ma non ci si può limitare a dire ‘questa volta ne prendiamo atto’. Upr non ha dato indicazioni di voto, prendiamo atto con favore dei sì espressi. Noi abbiamo invitato ad andare al voto. Sul polo della moda non si è proceduto ad abolire la variante Prg. Noi abbiamo sostenuto che l’ambito ambientalista era rilevante e avremmo preferito altre soluzioni, ma in un momento di recessione rappresenta un contributo alla nostra economia. Sulla preferenza unica si è registrata una vittoria schiacciante del sì. Speriamo ci sia sempre più senso civico con l’abolizione del quorum per non svilire questo elemento istituzionale. Upr è soddisfatta per la partecipazione e i risultati ottenuti devono essere rispettati. Ora via ad un’attenta riflessione politica per risolvere i problemi sul tavolo”.

Antonella Mularoni, segretario di Stato al Territorio: “La campagna referendaria per fortuna è finita e non sentiremo più bugie, infamie e calunnie spese in questo mese. Ho soddisfazione nel dire che solo un quarto dei sammarinesi ha creduto alle vostre bugie, solo 7.745 persone hanno detto che avete sostenuto il vero. Siete un po’ bipolari, ancora dite che non è stata spiegata la convenzione. Ma per la prima volta, nella storia di San Marino, nel referendum sul polo della moda, hanno votato più no che sì. E di questo sono felice. Quando vincono i no il quorum non c’entra più, tant’è che anche senza quorum qui i ‘no’ avrebbero vinto. Ha prevalso il buon senso e la preoccupazione di chi un lavoro non ce l’ha e la voglia di lavorare. Gli investitori ancora non hanno avuto voglia di andarsene a fronte di un atteggiamento inaccettabile e di una mancanza di progetti di investimenti alternativi che non avete. Le vostre proposte sono ‘apriamo le cantinette’ , queste le vostre idee sull’economia. Per fortuna ¾ degli elettori lo hanno capito e si sono rifiutati- con il voto o non andando a votare- di assecondarvi. Ci auguriamo che presto anche chi ha votato sì, dando fiducia a temi sollevati ad arte, che si renda conto che si sono sbagliati, perché questa sarà una grande opportunità per il Paese. I referendum hanno sempre avuto valenza politica. Sugli altri come governo non ci siamo espressi, ciò non toglie che personalmente non possa avere delle opinioni. Sulla preferenza unica: se un partito vigila, le cordate non si fanno, poi c’è una magistratura che lavora e non avremo archiviazioni ridicole come in passato. Il risultato referendario agevolerà chi è già noto o i nuovi che entreranno lo faranno con fatica e saranno pochi. Ma la gente vuole questo. Sul Quorum: le leggi che faremo dovranno essere valutate dal Comitato dei Garanti delle norme, sia tranquilla consigliere Tonnini, cercheremo un’ampia condivisione, ma non dobbiamo avere l’unanimità per fare riforme. Tetto retribuzioni: sono convinta dalla scorsa legislatura che ci siano alcune retribuzioni troppo alte, sia sopra che sotto la soglia dei cento mila euro. Abbiamo retribuzioni non più adeguate all’attuale momento economico e quelle sotto i centomila sono molte di più. Dovremo fare una riflessione. Tuttavia su alcune figure ci creerà dei problemi. A volte credo piaccia a tutti vivere nel mondo delle favole, vogliamo chirurghi bravissimi ma devono prendere meno che in Italia, non poter fare la libera professione e devono anche voler restare. Non credo che condividendo queste idee il Paese possa crescere, credo nella ripartizione della ricchezza, non della miseria”.

Valeria Ciavatta, Ap: “Non si può prescindere dal valutare i numeri di oggi da quelli passati. Come segnalato da molti prima di me, dal 1995, dall’istituzione del referendum, è la prima volta che un quesito ha preso più no dei sì per abrogare una legge legata ad un progetto sposato dal governo. Il quesito sulla preferenza unica passa con una maggioranza stretta e se non ci fosse stato il quorum del 25% sarebbe stato bocciato. E anche per gli altri, i sì hanno avuto un margine scarso rispetto alle vittorie scaccianti passate. Come si sa, i referendum sono presentati contro decisioni o mancate iniziative di governo e maggioranza. E per abitudine, a San Marino, i sammarinesi non si adeguano agli indirizzi dei partiti. Tanto più in un momento particolare del Paese. Nel 2011 si sono avuti il 92,4% dei sì per la richiesta di abrogare una legge, su Fondiss nel 2014 sono stati attorno al 70%. La proposta di preferenza unica nel 2008 incassò il 70% dei voti validi. Nel 2005 i 4 quesiti presentato hanno raggiunto tra il 67 il 76% dei voti validi. I sammarinesi per lo più hanno approvato in passato i referendum con maggioranze bulgare. Alle luce dei risultati storici, oggi i consensi sono stati molto più bassi del passato. In più bisogna considerare le schede nulle e chi non è andato a votare. Chi non va a votare può esprimere una protesta verso il quesito o verso l’uso dell’istituto referendario. Poco più di un quarto del corpo elettorale ha deciso che una minoranza di elettori potranno dire la loro su scelte importanti, idem per retribuzioni medici e preferenza unica. La lettura politica non deve fermarsi alla comparazione dei numeri, nessun comitato contrario è stato costituito sui tre quesiti rispetto quello della variante, e la comunicazione, le bugie e calunnie di questa campagna referendaria da parte dei soliti dà la dimostrazione di clima sociopolitico deteriorato”.

Stefano Canti, Pdcs: “L’affluenza è stata molto buona, segno che i temi di questa turnata erano molto sentiti dalla popolazione. Il 70% della popolazione interna si è recata alle urne, un 8% in più rispetto ai referendum del 2014. Il quesito sul polo della moda aveva valenza politica, per abrogare provvedimenti di governo e maggioranza, era importante per il rilancio dell’economia Paese. Su questo quesito la popolazione ha espresso un voto sincero molto positivo. Stiamo attraversando un periodo di recessione. Con questa risposta la popolazione ha capito che è un’opportunità di rilancio dell’economia. Un 30% di persone che non si sono recati a votare hanno scelto di lasciare le cose così, perché sono a favore del polo della moda. La preferenza unica va a danneggiare le donne e i giovani che si proporranno alle elezioni politiche. Un referendum sul quorum quando un primo intervento di riduzione del quorum era stato fatto, dal 35% di inizio legislatura si è passato al 25%. Se si fosse rimasti al 35% con nessuno dei quesiti si sarebbe avuto il quorum”.

Luca Santolini, C10: “Ho sentito in questi giorni tutti esultare, oggi è surreale come tutti si divertano a studiare le percentuali del voto. Sul polo del lusso solo il 30% si è dimostrato contrario, dice Santi. Voi governate dal 2012 solo con il 30% dei voti dei sammarinesi e avete fatto forzature su forzature per portare avanti le leggi. Se vogliamo continuare a fare il giochino sulle percentuali continuiamo pure a prendere per i fondelli la gente. Io invece esulto per la partecipazione del referendum, è l’ennesima dimostrazione che da 3 anni e mezzo stiamo perdendo tempo qui dentro. Non è possibile che governi un governo senza credibilità. Tutto quello che questo governo tocca diventa cenere, una sorta di Re Mida al contrario. Senza appoggio della cittadinanza, quella che si forma e partecipa, e senza coesione interna, avete commesso forzature. Vorreste oggi addirittura proporre ua legge per limitare il referendum in caso di investimenti esteri. Questa esperienza di governo deve finire, ma prima di concludersi si deve aggiornare legge elettorale e referendaria. Quando la cittadinanza si esprime con chiarezza sui referendum, la politica non deve dire la sua, ma eseguire”.

Marino Riccardi, Psd: “Il quesito del Polo della moda ha fatto da traino in riferimento all’affluenza. La situazione politica del Paese non cambia. I cittadini hanno risposto in maniera positiva. Credono nella crescita del Paese, non vogliono regredire. Sono molto contento per i colleghi, i cittadini hanno scelto la crescita e lo sviluppo, hanno bocciato chi voleva fermarsi. Sulle preferenze si può ragionare su come considerare il voto estero, se è opportuno o meno proporre dei seggi esteri per attenuare il peso di chi vota dall’esterno. Sul tetto stipendi, concordo con il segretario Mularoni. Paghiamo troppo, non solo sopra i 100mila euro. Serve una riflessione completa. Ma così si preclude la possibilità al Paese di avere medici o magistrati eccellenti. Non era opportuno, ma ormai la gente ha dato un’indicazione e bisognerà procedere per attivare in via legislativa quanto l’opinione pubblica ha espresso. Sul quorum, non mi spavento più di tanto. Ma non si potrà proporre un referendum su qualsiasi cosa. Bisognerà stabilire su quali materie il referendum potrà essere fatto. Ora è esclusa solo la parte tributaria. Bisogna allargare il limite ad altre materie”.

Augusto Casali, Ps: “L’istituto del referendum andrebbe vissuto con più serenità. Sembra invece sempre l’ultima spiaggia, come se dovesse scoppiare la terza guerra mondiale. Ci sono molti mal di pancia, c’è grande difficoltà ad accettare la volontà popolare. I quesiti non erano campati in aria, lo ha dimostrato la partecipazione. Rispetto alla preferenza unica, visto che sono il rappresentante del comitato promotore, esprimo soddisfazione. Ora saremo in linea con le democrazie europee più evolute. Il governo ha chiesto 4 no. Sono scesi in campo imprenditori interessati, sindacalisti, cittadini di altri Stati che avrebbero fatto migliore figura restando al di sopra delle parti. I cittadini hanno risposto con 3 sì. E con una divisione sul quarto quesito. Non credo che chi è stato a casa avrebbe votato no. Gli esiti dei referendum spesso vengono manipolati. Questo governo, statico e incapace, non è in sintonia con la maggioranza del Paese. C’è stato un grande schieramento contro la preferenza unica. Il movimento Rete, Lazzari e Pedini si sono schierati con il comitato promotore. La vittoria del comitato promotore è anche la loro”.

Mariella Mularoni, Pdcs: “Al termine della tornata referendaria, possiamo affermare che gli elettori hanno capito quale era la posta in gioco, cioè lo sviluppo del Paese. La vittoria è frutto di un lavoro costruito giorno per giorno, dal comitato per il no, dai partiti. La gente è andata a votare liberamente. Il Paese ha manifestato la voglia di partecipare alla vita politica, dicendo la sua su un tema così importante. Il risultato non era scontato, vista la spending-review di questa legislatura, che ha favorito un malessere generalizzato. Il nostro impegno non finisce qui. Servirà un dibattito sulle norme che andranno aggiornate rispetto ai risultati degli altri quesiti referendari. Esprimo la mia preoccupazione, l’abolizione del quorum potrebbe aprire le porte all’incertezza. Con la preferenza unica ci saranno meno donne e giovani. Il tetto stipendi porterà a un abbassamento della qualità delle prestazioni sanitarie.

Andrea Belluzzi, Psd: “Farò delle riflessioni sull’esito referendario. Il Paese è in crisi economica. Sul Polo del lusso, il quesito non era volto a salvaguardare il territorio, ma a dire sì o no a un investimento. Se c’è stata la consultazione è perché, per la prima volta, una convenzione di questo tipo è stata resa pubblica. Hanno prevalso i no sui sì. Il Paese è diviso, la politica deve tenere conto di tutto il Paese, non solo di una parte. Nell’esecuzione della convenzione, servono strumenti per controllare costantemente che le finalità vengano perseguite. Sulle preferenze, credo che i cittadini che hanno votato sì chiedano un cambiamento forte, più ampio. Abbiamo l’opportunità di rivedere una normativa e magari rilanciarla, prevedendo per esempio che si possano fare dei mini-referendum consultivi non vincolanti una volta l’anno nelle giunte di Castello. Però servono paletti per le norme che raggiungono un consenso ampio in Consiglio, come i 45 voti sulla modifica di Prg. Il tetto stipendi non porterà qualità, non porterà a responsabilizzare. Serve maggiore eguaglianza retributiva fra pubblico e privato. In 3 anni di legislatura non abbiamo reso l’orario di ufficio del pubblico uguale a quello del privato”.

Matteo Zeppa, Rete: “Ringrazio la Reggenza per aver fatto iniziare la seduta nell’orario giusto. E’ un atto dovuto. Sui referendum ho ascoltato tutto e il contrario di tutto, con il sorriso sulla bocca. La campagna referendaria è terminata. Qualcuno ha paventato che bisogna andare a rimodellare la questione dei quesiti. Il collegio dei garanti ha reso ammissibili i quesiti così come votati. Io sono contento. Ho perso il referendum sul Polo. Ma difenderò con tutta la forza i 7.845 che hanno votato a favore del referendum. E difendo la formazione del comitato del sì. Qualcuno ha detto che quelli di Rete difendo i poteri forti. Ho due conti correnti. Arrivo a fatica a 10mila euro. I poteri forti non guardano me. Vanno da altre parti. La gente è consapevole di cosa ha votato. Non dovete richiamare la storia, le vecchie leggi con le quali non si sarebbe arrivati al quorum. Qui non ci sono vincitori e vinti. C’è una popolazione che si è espressa su 4 quesiti referendari. In questo Paese c’è paura della democrazia. C’è dissociazione fra politica e cittadinanza. Secondo quale formula dite che con una sola preferenza ci saranno meno donne e giovani? Forse volete incutere terrore? La cittadinanza è disaffezionata da questa politica”.

Manuel Ciavatta, Pdcs: “Sono state raccontate parecchie cavolate in questa campagna referendaria. La gente voleva votare coscentemente, ma era difficile, perché c’era disinformazione sul Polo della moda. E’ stato ritardato un investimento rispetto al quale si poteva partire cinque mesi fa. Questa non è una sconfitta per il Paese? Sul quorum, la politica deve prendere coscienza sulla comunicazione. Bisogna dare ai cittadini gli strumenti corretti per scegliere. Con la disinformazione, chi ci perde è la cittadinanza. Il referendum sul Fondiss è stato una perdita per la cittadinanza. Spesso le norme sono così tecniche da non essere semplicemente comprensibili. Qualcuno ha detto che la cittadinanza, quando decide, vince sempre. Non è sempre così. Noi rispetteremo le scelte. Ma a volte possono essere decisioni non giuste. La preferenza unica, così com’è, è un problema. Lo dicono 45 consiglieri dell’Aula. L’esperienza del referendum è stata molto importante per la cittadinanza. La gente si espressa in maniera forte. Non mettiamo democrazia rappresentativa contro democrazia diretta”.

Alessandro Cardelli, Pdcs: “Chi era contrario al Polo della moda è andato a votare, chi era disinteressato e non vedeva con sfavore l’iniziativa non è andato a votare. La cittadinanza chiede che il Paese possa generare posti di lavoro e speranza. Rete e i due indipendenti sono riusciti a portare un quesito nel quale hanno vinto i no. Non era mai successo. E’ un messaggio chiaro che arriva dalla gente. Sul progetto sono state dette falsità, durante la campagna referendaria. Erano tese a bloccare il progetto. Si è detto che lo Stato ci metteva dei soldi, che non sarebbero stati assunti sammarinesi. Ma il progetto non serve solo alla maggioranza, serve al Paese.”

Teodoro Lonfernini, segretario di Stato per i Turismo: “Viviamo in democrazia rappresentativa e non diretta e le due cose devono essere per il nostro sistema in parallelo, il concetto non può essere sovvertito a colpi di un quesito di referendum. Per esempio l’abrogazione del quorum o la preferenza unica: non possiamo pensare siano sempre modificate norme attraverso il concetto di rappresentatività diretta. Ci saremmo dovuti interrogare di modificare la legge istituzionale elettorale e non parte di quelle leggi. Nel rispetto del mandato popolare, mi chiedo perché in Aula cercate di alzare una sorta di muro con la cittadinanza? Sono forte sostenitore dell’innalzare la qualità della politica in questo Paese. Ma questo non vale solo per la politica. Anche i cittadini chiedono di innalzare il livello con il referendum sul polo della moda, rispetto l’economia nazionale. Abbiamo messo a rischio un progetto che ha come scopo il futuro del Paese, raccontando una serie di inesattezze, riportate strumentalmente in battaglia referendaria. Prendo atto del risultato sulla preferenza unica, l’abolizione del quorum e il tetto stipendi pubblici, sapendo bene però che nessuno di quei tre quesiti risolveranno comunque il problema avanzato dagli stessi promotori. Adesso guardiamo avanti”.

Marco Arzilli, segretario di Stato per l’Industria: “La volontà dei cittadini va accettata, non si può proseguire nella campagna referendaria continuando a dare argomentazioni a riguardo. Dobbiamo dare però anche valore al quesito referendario e l’unico dispiacere di questa lunga campagna purtroppo è che è stata snaturata in parte. Lo strumento referendario si affianca ad altri strumenti democratici, ma è stato volontariamente trasformato in un giudizio sul governo. Non significa non dare valore al voto. La volontà è stata espressa e non ci sono alternative. Ma dobbiamo ragionare su quanto ha portato a dire ‘sì’ a certi quesiti, sulla valutazione dei cittadini verso le istituzioni. La volontà popolare va rispettata ma anche compresa, è un esercizio che andava fatto in quest’Aula. Non mi interessano i balletti sulla statistica e i numeri, un referendum non è passato e gli altri sì. E’ ovvio che quello che non è passato su un nostro progetto ci dà soddisfazione, in caso contrario, si poteva mettere a rischio la capacità di attrarre investitori in Repubblica. Ciò significa che il Paese vuole una ricrescita. I dati statistici indicano che si sta risalendo la china, non significa che siamo usciti dalla crisi, ma c’è una controtendenza che dovrebbe fare piacere a tutti. Un’ultima riflessione quindi sulla disaffezione della politica: siamo stati troppo lontani dai cittadini dallo spiegare le ragione del ‘no’ sugli altri referendum. Sul tetto stipendi ci auguriamo di trovare soluzioni non solo in modo che siano meritati gli stipendi da 100 mila euro, ma anche quelli sotto i 100 mila euro. Preferenza unica: non siamo stati capaci di spiegare le nostre alla gente, mi auguro che da questa scelta di aprire al voto dei residenti all’estero, non nasca qualcuno che se ne voglia approfittare per riaprire un capitolo della nostra storia che abbiamo in tanti voluto chiudere”.

Federico Pedini Amati, Lbsm: “Il sottoscritto con Liberamente San Marino e altri faceva parte dal giugno 2015 dei comitati promotori della raccolta firme per almeno due referendum. Non mi nascondo dietro un dito e soprattutto siamo stati per settimane, tutte le sere, a spiegare alla gente la convenzione del polo della moda. I primi a politicizzare i referendum però sono stati i partiti di maggioranza schierandosi per i 4 no. Questo Referendum è stato politicizzato dalla maggioranza che poi non vuole accettare i risultati. Oltre 16 mila cittadini sono andati alle urne aprendovi gli occhi: smettete di pensare che siete dei super eroi e che Rete & co. non esistono. Quindi ci sono stati tre sì e un pareggio lampante. Certamente, uno non ha raggiunto il quorum e si faccia il polo della moda. Ma non si può non leggere un risultato del referendum dove i cittadini hanno dato uno sberlone a questa maggioranza, non seguendo il loro indirizzo di votare 4 no”.

Matteo Fiorini, Ap: “Se si guarda esclusivamente ai tre quesiti approvati, si può pensare che Rete ha in mano il consenso degli elettori che hanno votato sì. Nel 1998 Ap, quasi da sola, propose un referendum sull’abolizione del finanziamento pubblico al voto estero. Vinse e alle elezioni successive guadagnò due seggi. Documentò con una videocassetta lo scandalo del mercimonio da parte di alcuni partiti. Alle elezioni successive perse un consigliere. Lungi da me dire che non ci sono problemi e che abbiamo vinto il referendum. Gran parte del Paese ha scelto in linea con una minoranza di movimenti presenti in Aula. Lo strumento del referendum non va svilito, nè sovra-utilizzato. Per fare in modo che il rischio non ci sia, bisognerà trovare un sistema di pesi e contrappesi. La preferenza unica ridà la preferenza agli esteri. E’ inutile fare riferimento a quanto successo in passato, è nelle ordinanze del nostro tribunale. Avvantaggia chi ha posizioni di potere. Favorisce chi ha degli sponsor e del tempo libero. Si dà un potere smisurato ai media. Immagino cosa succederà nelle redazioni dei giornali quando arriveranno dieci comunicati stampa da membri dello stesso partito in campagna elettorale. C’è una componente della popolazione che ha creduto nello slogan “4 sì e mandiamo il governo a casa”. Nell’unico quesito con cui poteva accadere, quello del Polo della moda, ha vinto il no. Prendo atto dello scontento e delle difficoltà”.

Giovanni Francesco Ugolini, Pdcs: “Niente sarà più come prima quando l’approvazione dei quesiti referendari sarà trasformata in legge. Il Pdcs non ha paura della democrazia e rispetta l’esito dei referendum, come sempre accaduto. Come si fa a essere contrari all’investimento del Polo? Ci sono risvolti occupazionali, lavoro per le imprese, immagine. La convenzione è chiara. L’imprenditore ora faccia la sua parte e sviluppi l’investimento. Ridurre le preferenze a una è riduttivo e penalizzante per donne e giovani. Il tetto stipendi è giusto in periodo di crisi, ma è sbagliato non fare eccezioni. Penso alla Sanità e non solo. Risparmieremo, ma saremo più poveri sul fronte dei servizi e della competitività. Ci si aspetta di più dalla politica, non solo dal governo. Servono le grandi riforme. C’è il tempo per farle? Come partito e come parlamento ne dobbiamo discutere”.

Guerrino Zanotti, Psd: “Anche io ritengo che l’unica via di sviluppo di San Marino per il suo futuro non sia il polo moda. E’ necessario che l’economia si poggi su altri settori, anche più compatibili con il nostro territorio, ma è un’ottima opportunità per dare slancio al Paese in termini anche di appetibilità per chi voglia investire nel nostro territorio. Diversamente da quanto ascoltato, su questo referendum non c’é stato un pareggio, ma hanno vinto i no”.

Mimma Zavoli, C10: “Ha vinto la partecipazione, la voglia di esserci. Grande risultato l’abolizione del quorum, è l’inizio di un forte vantaggio culturali. Il governo non ha prodotto il cambiamento, né ha fornito risposto sulle emergenze, quali il lavoro. Non potete presentare il Polo come la soluzione del problema, non potete puntare tutto su un solo progetto. Pa, riforma pensioni, indice situazione economica, riforma lavoro equità e trasparenza sono solo parole. Il progetto di sviluppo condiviso è una chimera, non lo avete. La gestione della variante di Rovereta è stata fallimentare”.

Enrico Carattoni, Psd: “L’esito va sempre rispettato, si dovrà adeguare le norme senza creare una serie di disagi. Chiedo che poi che il governo si impegni in modo veloce a proporre Pdl che possano essere sottoposti al Consiglio prima del termine dei sei mesi previsti dalla legge, mi auguro che entro l’estate siano recepiti. La prossima tornata elettorale dovrà avere nel proprio Dna le regole recepite. Tutti i referendum sono politici. Penso che i cittadini siano andati a votare tutti in modo consapevole, a dimostrarlo è la differenza di voto sui diversi quesiti. Penso che i cittadini abbiano voluto cambiare il panorama politico, in un certo senso, e dire sì a un investitore estero. Non credo che abbiano votato in maniera ingenua. L’esito politico non può essere sottovalutato. Il mio partito ha dato indicazioni di voto non rispettate su tre casi. O i referendum si vincono ma poi non si vincono le elezioni, oppure c’è in questo senso una questione di rappresentatività e di collegamento con la popolazione. L’incidenza che hanno oggi i partiti sul voto non è più quella che potevano avere anni fa. Su questo ci dovremmo interrogare. Invito i colleghi di maggioranza di non sottovalutare il risultato politico”.

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