Due nuovi attacchi, tre militari italiani feriti: l’Italia si accorge che quella che si svolge a Kabul e dintorni, non è affatto una missione di routine
Secondo il sito internet specializzato PeaceReporter, purtroppo non dovrebbe sorprendere l’escalation bellica a cui sono sottoposte le truppe italiane impegnate nella campagna afghana. Anzi, quello che dovrebbe stupire è la sorpresa dei media italiani. Quando i caveat imposti dal Parlamento erano ben più rigidi di oggi, PeaceReporter aveva denunciato l’esistenza di operazioni segrete, vere e proprie azioni di guerra. Era il dossier dell’Operazione Sarissa, con squadre di incursori impiegati senza cronache o comunicazioni ufficiali che potessero turbare il dibattito politico del Paese.
I caveat sono stati rivisti, il contingente è aumentato, le critiche interne ai militari dicono cose precise: sono messi in difficoltà dalle limitazioni rispetto allemoperazioni che stanno conducendo e sono equipaggiati in maniera spesso errata. Una dimostrazione efficace del nodo ‘armamenti’ sta in un semplice accostamento che si trova mettendo a confronto due interviste: la prima, sulle pagine del Corsera, vede il ministro degli Esteri Frattini affermare che ‘dobbiamo utilizzare i Tornado’, i caccia bombardieri inviati alcuni mesi fa nel teatro di guerra afghano. La seconda è sulla Stampa di Torino: il generale Angioni risponde a una domanda affermando che proprio i Tornado non servono un granchè nel tipo di guerra che si sta sviluppando sul territorio. Dice testualmente: "I Tornado appartengono a un armamento utile per gli equilibri fra Nato e Patto di Varsavia", per l’Afghanistan sono vecchi di almeno 25 anni.
Dalle pagine di Repubblica spiccano le parola di un altro generale, di cui PeaceReporter riporta spesso l’opinione: Fabio Mini. Scrive nel suo taccuino strategico, fra l’altro: "La sorpresa per gli attacchi, per i feriti e perfino per i morti dovrebbe essere ormai bandita perché quello che è successo ieri è esattamente quello che succede ogni giorno" e conclude ricordando che è una "situazione di guerra alla quale ci dobbiamo abituare".
L’ultimo accento del dibattito nazionale è il pragmatismo leghista di Umberto Bossi, che scopre il costo – più che umano economico – della missione. Una frase per distinguersi che dice solo ora , come se non facesse parte di quella coalizione di governo che sull’Afghanistan sta giocando i buoni rapporti con le amministrazioni statunitensi. "Se fosse per me li riporterei a casa, visti i costi e i risultati", ha detto. Pronta, da Bruxelles, la risposta del Ministro agli Esteri Frattini: "Lavoriamo in Afghanistan per la sicurezza anche dell’Italia, quindi anche di Calderoli".
Intanto, i talebani della provincia occidentale afghana di Badghis , un area in cui ci sono anche le truppe italiane, hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco con il governo di Kabul in vista delle elezioni del prossimo 20 agosto.