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Editoriale: stimolare gli investimenti privati

da Redazione

Serve solo una visione d’insieme. Il Paese non può più restare fermo. Pubblico e privato, e di questo ne siamo certi, devono lavorare in sinergia.

 

di Alessandro Carli

 

Il Governo ha individuato le aree su cui verranno investiti i 30 milioni destinati alla realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche: campus scolastico a Fonte dell’Ovo, il Nuovo Polo Servizi di Valdragone, il Polo della Sicurezza e i parcheggi di Piazzale Giangi e di Borgo Maggiore.

In attesa che il progetto di legge “Spesa pluriennale di cui all’art. 62 della legge 23 dicembre 2014 n.219” passi in seconda lettura – nell’ultima seduta del Consiglio Grande e Generale era stata chiesta la procedura d’urgenza, ma senza successo – e confermando le perplessità già espresse sia per l’importo totale (30 milioni in tre anni non è molto) che per gli “oggetti” degli investimenti, vogliamo condividere con i nostri lettori alcune riflessioni.

Crediamo che serva operare in una visione a 360 gradi di sistema Paese, a partire da due “emergenze”, l’autonomia legata ai rifiuti e l’approvvigionamento idrico. Una maggior indipendenza permetterebbe di ridurre i costi e di rafforzare la sovranità del Paese.

Ci sono poi gli investimenti a macchia di leopardo, ovvero su opere scollegate da quelle che invece potrebbero interessare anche i privati.

E’ necessario mettere in campo un dialogo tra le parti: lo Stato dovrebbe mettere a disposizione una serie di incentivi per stimolare i privati a investire.

C’è poi l’annosa questione dei settori su cui scommettere.

Qualche esempio: si vuole puntare sul congressuale? Benissimo. Serve però una pianificazione dettagliata, un progetto cioè che comprenda il rilancio del Kursaal e tutti i servizi che fanno da cerniera: alberghi di categoria elevata (rimarchiamo la necessità di un cinque stelle o più), ma anche un campo da golf e un centro benessere. Su questi “cantieri” potrebbero confluire sia gli interessi dello Stato che dei privati. Si vuole puntare sugli aspetti culturali – l’istruzione, l’Università, eccetera – cercando di coinvolgere anche le aziende? Allora si deve riflettere attorno a un campus (all’estero i figli degli imprenditori frequentano queste scuole) e a una serie di servizi collegati, come ad esempio un polo museale che si innalzi a centro culturale di livello e un caffè letterario con una programmazione fatta di eventi, mostre e serate a tema. Gli spazi ci sono, anche nel centro storico e nelle zone adiacenti.

Serve solo una visione d’insieme. Il Paese non può più restare fermo. Pubblico e privato, e di questo ne siamo certi, devono lavorare in sinergia.

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