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Editoriale: energetici, l’autonomia dov’è finita?

da Daniele Bartolucci

Mentre il dibattito sull’Unione Europea viene infarcito di “sovranità” anche dove non servirebbe (è un Accordo di Associazione, non un’Adesione), sull’energia non c’è la stessa appassionata difesa della propria autonomia. Eppure la “sovranità energetica” è un tema reale, concreto e perché no, anche aggredibile politicamente anche sui social. Ma nasconde un’insidia purtroppo evidente: le politiche energetiche di un Paese sono di fatto delle scelte e la politica certe scelte fa fatica a farle. Nonostante poi sia costretta a tagliare servizi o aumentare le bollette, privando nello stesso tempo le imprese di risorse e strumenti di competitività che poi, logicamente, andranno a diminuire anche il loro contributo in termini di investimenti, occupazione e fiscalità, alimentando quel circuito negativo per cui di fronte a minori incassi, lo Stato sarà costretto di nuovo a tagliare servizi e aumentare le bollette. Insomma, il contrario di ciò che andrebbe fatto.

Il fatto che invece di trattare con la Commissione europea l’accesso al mercato degli energetici con qualche vantaggio per il sistema sammarinese, sia stata trattata la permanenza del monopolio sugli energetici la dice lunga su questo fronte. Ma quello riguarda le tariffe e i servizi, quindi solo una parte della faccenda. E gli investimenti? Dove sono gli impianti pubblici (anche in partnership con i privati) per la produzione di energia, per lo smaltimento dei rifiuti, la captazione e depurazione delle acque? E dove sono gli strumenti per le imprese di investire in tecnologie volte alla riduzione dei consumi e alla sostenibilità? Sono risposte che vanno date.

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