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Il mestiere del lettore ha sempre i suoi rischi

da Simona Bisacchi

Vacanza è… anche stendersi all’ombra, senza appuntamenti, con una bibita fresca e un bel romanzo in mano.

L’estate è la stagione dei gialli, perché è davvero piacevole leggere storie movimentate mentre ti gusti il tuo dolce far niente. È rilassante buttarsi in avventure intricate e intriganti, mentre la tua unica difficoltà è scegliere se bere l’acqua tonica con o senza limone dentro. Fondamentalmente siamo fatti di contrasti ed è quasi liberatorio sprofondarsi nella lettura di storie complesse che – una volta tanto – non devi risolvere tu!

C’è il commissario di turno che pensa a tutto.

C’è la sempreverde Miss Marple di Agatha Christie, che capisce chi è l’assassino e ti offre pure una tazza di tè. I gialli vecchio stile riescono ad avere sempre qualcosa di rassicurante, nonostante parlino di delitti e vendette tremende. Forse perché sono lontani nel tempo, raccontano di un’epoca che non ci appartiene più. O forse perché sono eleganti, i personaggi hanno menti contorte ma usano tecniche raffinate, e se non ci fosse qualcuno di incredibilmente attento ai particolari, la maggior parte dei criminali la farebbe franca senza problemi.

Poi c’è quello schianto di Mina Settembre. E qui faccio una segnalazione importante, che i miei amici si sono stancati di sentire per quanto l’ho ripetuta: se avete visto la fiction, vi prego di dimenticarla, perché quella non è la straordinaria Mina Settembre. Non c’è un grammo di storia che coincida con l’originale e il confronto fa nascere la tentazione di scaraventare una teiera di porcellana contro il televisore. Detto ciò… Mina è un’assistente sociale, che lavora nella Napoli di oggi, che si butta in casi che non le competono, utilizza metodi inaccettabili, ha delle amiche pazze, nutre un rapporto conflittuale con gli uomini per quanto è affascinante, e ti fa ridere, anche se due pagine prima hai assistito a una tragedia.

Sempre rimanendo nel mondo della penna incantata di Maurizio De Giovanni, c’è anche il commissario Ricciardi, che vive pene d’amore e vede i morti, e ti sta così simpatico che vorresti pure dargli una mano… Ma tu sei in vacanza e lui vive negli anni Trenta, in una Napoli dal fascino intenso. E poi, bello com’è, tuo marito sarebbe sicuramente geloso.

Il bello di questa saga è che è terminata, quindi puoi leggere i libri uno dietro l’altro – da “Il senso del dolore” a “Il pianto dell’alba” – senza dover stare con il fiato sospeso per un anno o più, in attesa che lo scrittore proponga il seguito. Il brutto di questa saga è che crea dipendenza e non vorresti leggere altro, ma hai la libreria piena di altre storie che ti aspettano.

Del resto anche il mestiere del lettore ha i suoi rischi. E i libri belli sono i più rischiosi di tutti, perché ti fanno fare le ore piccole e ti svegli che sei uno zombie. E ti fanno stare in ansia, sperando che il finale non sia troppo traumatico, perché è estate e nessuno ha voglia di passare la notte a lottare tra il caldo e la brutta fine che ha fatto il suo personaggio preferito.

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