Home Dal giornale I 75 anni del film “Lo sconosciuto di San Marino”

I 75 anni del film “Lo sconosciuto di San Marino”

da Alessandro Carli

Stroncato dalla critica – Ermanno Comuzio su “Hollywood” numero 139 del 15 maggio 1948 scrive “altre cose ci spiacciono, e fortemente, in questo film: che per esempio attori come Vittorio De Sica, Anna Magnani, Antonio Gandusio e Irma Gramatica abbiano potuto accettare questo sgorbio; e sapere che il soggetto e la sceneggiatura sono di Cesare Zavattini, per il quale abbiamo sempre avuto alta stima” mentre su filmtv si legge che “parzialmente lo salvano la fotografia in bianco e nero che mostra le vedute di San Marino, non molto frequenti al cinema, e la recitazione della grande Anna Magnani e di Antonio Gandusio” – e osannato ancora oggi dal pubblico (tra i commenti più convincenti postato su Youtube segnaliamo “Un film per pensare, l’autore Cesare Zavattini ci fa comprendere l’egoismo che c’è negli uomini. Gli attori stanno all’altura dal soggetto. Fantastico film”), la pellicola “Lo sconosciuto di San Marino”, diretta da Michal Waszynskj compie 75 anni (è del 1946). 

LA TRAMA

Tra i numerosi profughi che arrivano a San Marino durante la Seconda Guerra Mondiale, un giorno giunge uno straniero che pare aver perduto la memoria. Lo sconosciuto attira le simpatie degli abitanti, soprattutto quelle di una giovane prostituta, per il suo carattere mite e gentile. Giunta la notizia della caduta della Linea Gotica, don Antonio organizza una processione alla quale assiste anche lo sconosciuto, che si rivede negli abiti nazisti pronto ad ordinare una strage dei fedeli. Riaffioratagli così la memoria, assale la folla in processione, ma, preso dal rimorso, ha orrore di sé e si getta in un campo minato. Nel film ci sono diverse inquadrature riprese dal Monte Titano e sullo sfondo le colline del Montefeltro.

IL COMMENTO

Simone Starace si sofferma sui protagonisti: “Benché i titoli de ‘Lo sconosciuto di San Marino’ lo indichino solo come sceneggiatore, Cottafavi partecipò come co-regista anche alle riprese vere e proprie, probabilmente in virtù delle sue passate collaborazioni con De Sica (qui interprete) e Zavattini (autore). Tutto ciò ovviamente non fa che complicare il quadro, rendendo assai approssimativa l’attribuzione dell’opera: se il soggetto appartiene chiaramente al lato fiabescospirituale di Zavattini (‘L’angelo e il diavolo,’ ‘Miracolo a Milano’), lo sviluppo propone temi cari anche a Cottafavi (soprattutto la santità); se anche Waszynski firma ufficialmente la regia, alcune soluzioni (la carrellata “scultorea” del prologo, le crisi femminili filmate secondo quella che più tardi Mourlet chiamerà “nozione di invasione”) richiamano alla memoria momenti simili ne ‘La rivolta dei gladiatori e Il boia di Lilla’.[…] Il tema più interessante del film, come dicevamo, è infatti quello della santità, che si sposa però qui strettamente con la situazione morale del dopoguerra. Il personaggio misterioso (smaccatamente cristologico), che appare dal nulla e insegna nuovamente l’amore a un’umanità ormai abbrutita, recupera però assai drammaticamente nel finale la sua dimensione terrena e, fattosi soltanto uomo, deve tornare a far i conti col suo passato e le sue responsabilità morali: e i suoi “miracoli” varranno allora comunque o andranno riconsiderati alla luce della sua vera personalità? Sarà preferibile l’oblio (ma le scene del passato che ritorna sono tutte a contatto col crocifisso, come fossero illuminazioni celesti) o il peso delle proprie responsabilità (che nel finale conducono il protagonista alla morte e che, proprio per questo, il prete sente il dovere di nascondere alla folla di fedeli)? Come si vede, sono tutti interrogativi inquietanti su ciò che può essere la coscienza umana e sulla possibilità di una ricostruzione morale dopo l’orrore della guerra e dello sterminio”.

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