Home categorieCultura Visto per voi al teatro Nuovo di Dogana: “Il grigio” di Elio

Visto per voi al teatro Nuovo di Dogana: “Il grigio” di Elio

da Redazione

Lo spettacolo diretto da Giorgio Gallione è nei fatti un “adattamento” dell’originale: il monologo si è trasformato in un recital con uno Stefano Belisari da applausi.

il grigio 65 ph Giuseppe Maritati 

 

di Alessandro Carli

 

SAN MARINO – La voce è quella. Quella caratteristica, la sua insomma. Stessa cadenza lombarda, stesso luogo di nascita, Milano, (anche se nell’originale scorreva sangue per metà veneto e per metà triestino), medesimo modo di rendere il timbro più grave a fine battuta, identica estensione delle ultime vocali di una parola. Quello che cambia però è quello spettacolo-monologo, una sorta di anomalia, una licenza poetica che l’originale aveva pensato (e messo in scena) nel pieno della sua onda di teatro-canzone, alla fine cioè degli anni Ottanta.

Originale, per costruzione drammaturgica e per poetica affrontata, lo è sino in fondo: a chi poteva venire in mente di scrivere un dialogo tra un uomo e un topo per poi scendere a imbuto e condensare il flusso di pensieri sino a trasformarlo in una voce solitaria se non a Giorgio Gaber?

“Il grigio” è una pietra miliare del teatro della fine del secolo scorso: è un colpo d’ala che vola verso la platea, una forma di metateatro inconsapevole (non per l’autore ma per il pubblico), una lucida intuizione che rivela la miseria dell’uomo, i suoi dubbi, la difficoltà di comunicare con l’altro (con se stessi, ci dice il Signor G., forse è più facile), i muri dell’amore quanto i silenzi parlano e spiegano, o più semplicemente misurano le distanze.

“Il grigio” – un topo, un tipo – è allo stesso tempo un’ombra, una potente suggestione, un’idea che sono alla fine si materializza. “Il grigio” e il pifferaio magico che, a differenza di quello dei fratelli Grimm, non incanta ma si fa incantare.

Originale e fedele all’originale, “Il grigio” portato in scena al teatro Nuovo di Dogana domenica 17 novembre non è “Il grigio” di Giorgio Gaber. Stefano Belisari, in arte Elio (foto di Giuseppe Maritati), è esattamente il Gaber di trent’anni fa: il passo incerto e bellissimo tra i cubi bianchi che riempiono il palco, i tempi di entrata, le pause, quel modo di “dire” le battute senza mai farle sembrare recitate. Basta chiudere gli occhi e la sensazione visiva, ossimoricamente visiva, è quella di quel monologo lì, quello originale, quello gaberiano, potente come il vento del Nord che sferza l’isola di Lewis in Scozia, costante e martellante come la pioggia inglese, raffinato come i merletti di Burano, leggero e protettivo come il vetro di Murano.

Eppure “Il grigio” diretto da Giorgio Gallione è nei fatti un “adattamento”: il monologo si è trasformato in un recital, in uno spettacolo di teatro-canzone e vive nell’alternanza di assoli senza musica (intensi e bellissimi: in questo Elio è superlativo) e di pezzi, su tutti “I mostri che abbiano dentro” e “L’odore”, andando a spezzare l’incanto senza singhiozzi della “seduta analitica”, di quell’effetto da “flauto magico” che trasportava gli spettatori dentro la coscienza del protagonista.

Un omaggio curato e piacevole alla lucida poetica umana di Gaber. Ma non a “ll grigio”.

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