Home categorieCultura Visto per voi alla Vitrifrigo Arena di Pesaro: “Corteo” del Cirque du Soleil

Visto per voi alla Vitrifrigo Arena di Pesaro: “Corteo” del Cirque du Soleil

da Alessandro Carli

Nello spettacolo – bellissimo – convivono i sei elementi totemistici che si snodano con sapienza nel “canto del cigno” di Calvino.

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di Alessandro Carli

PESARO – Impossibile averne la certezza – troppo il tempo intercorso tra i due eventi – ma verosimilmente non ci allontaniamo di molto dalla realtà, se questa avesse la capacità di essere temporalmente trasversale: in una ideale versione 2.0 delle Sei lezioni americane, le sei proposte di Italo Calvino “per il prossimo millennio”, troverebbe ampio spazio anche la straordinaria poetica acrobatica e felliniana (ma non solo, tra le pieghe delle righe si avverte anche lo sguardo di Francesco Guccini de Il vecchio e il bambino) del Cirque du Soleil. Dopo i successi di Alegria – capolavoro cristallino – e di Quidam, la compagna è tornata alla Vitrifrigo Arena di Pesaro per un’altra, memorabile pagina di arte scenica. Corteo – questo in titolo dell’immersione in apnea nello stupore delizioso dei “quadri” proposti al pubblico, posizionato ai lati del palco e non di fronte – è la crasi degli opposti: alla tristezza del pagliaccio che immagina il suo funerale difatti si contrappongono i respiri carnascialeschi dei suoi angeli custodi, chiamati ad accompagnarlo verso l’altro mondo. Tristezza e giocosità che trovano la loro sintesi nel topos della maschera del clown, capace – sotto al trucco – di avere lacrime, cuore e sorrisi.

In Corteo – in replica anche sabato 19 ottobre e domenica 20 ottobre – convivono i sei elementi totemistici che si snodano con sapienza nel “canto del cigno” di Calvino: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità (la coerenza è stata solo progettata ma appartiene con decisione agli spettacoli del Cirque du Soleil), a cui si aggiunge una settima voce, la comunicabilità.

La sensazione di un possibile omaggio al Georges Brassens di Pauvre Martin (“Scavò lui stesso la sua tomba / per non doverlo domandar, / per non doverlo domandar,‎ / e si calò senza parlare / per non volerci disturbar”)‎ svanisce dopo pochi minuti: in Corteo difatti l’idea del funerale diventa il pre-testo, una porta d’ingresso della tana del Bianconiglio che porta dritti verso la meraviglia dei contrasti: il piccolo e il grande (la nana e il gigante), la compattezza perfetta della visione pubblica e la fragilità intima, il silenzio e la musica, rigorosamente eseguita dal vivo.

Come per la “Alice” di Lewis Carroll, il viaggio è solamente immaginato. Il clown – ottima la scelta di dare una caratterizzazione timbrica regionale, azzeccato l’intercalare emiliano – sogna, fantastica, crea personaggi raffinati, ovviamente in pieno stile “Cirque du Soleil”: le acrobate che ondeggiano aggrappate ai lampadari (come non pensare alla fine del primo atto di The phantom of the opera? Una sensazione che diventa ancora più nitida nel secondo atto quando si sente una accenno delle prime note del musical), le esibizioni – o meglio, i quadri – realizzati attraverso i tessuti aerei, le sbarre e i volteggiamenti, i palloni volanti. Ci si immerge in un mondo del secolo scorso, o forse ancora più in là: le potenzialità dei corpi allenati – pronti a compiere disegni colorati come stelle filanti e allo stesso tempo dolci e fanciulleschi, teneri come i racconti che i nonni fanno ai nipoti – in Corteo raggiungono vertici altissimi, senza pause né “buchi”. I singoli “numeri” sono cuciti come le parole di un racconto, e si snodano per oltre due ore riempiendo gli occhi del pubblico (bello numeroso la sera del 18 ottobre) e riscaldando le loro mani. Promettono e diffondono bellezza, gli oltre 50 artisti di Corteo, e gli sguardi della platea sono spesso all’insù, rivolti verso il cielo, a immaginare di essere lì, sospesi come bolle di sapone, in un volo largo come un abbraccio.

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