Home categorieCultura Visto (e ascoltato) per voi: il concerto di lancio del nuovo album di Chiara Raggi

Visto (e ascoltato) per voi: il concerto di lancio del nuovo album di Chiara Raggi

da Redazione

“Disordine” è un lavoro finalmente “cantato”, gradevole, che ricorda i timbri di Antonella Ruggiero e di Nina Zilli, e che conferma la crescita artistica e di scrittura rispetto al primo album, “Molo 22” (2009).

 

di Alessandro Carli

 

RIMINI – Finalmente una voce, una chitarra e una “paroliera” dell’altra metà del cielo riminese. Dopo Daniele Maggioli, Giuseppe Righini, Riccardo Amadei e Andrea Amati, l’humus locale dona all’arte une bella verità, Chiara Raggi. La cantante e musicista riminese però dice una piccola, innocente e perdonabile “bugia”, racchiusa nel titolo del suo nuovo album, presentato sabato 28 novembre al Teatro degli Atti di Rimini, “Disordine”. Una provocazione, forse, per un lavoro che è diametralmente l’opposto: Chiara ha una voce molto ordinata, così come sono molto “puliti” i musicisti che hanno condiviso con lei il palco, Mecco Guidi (pianoforte e tastiere), Massimo Marches (chitarre), Piero Simoncini (contrabbasso) e Michele Iaia (batteria).

C’è ordine nel suo suonare la chitarra (si è diplomata al Lettimi di Rimini), nella scrittura (si è diplomata come “autore di testi” nel 2009 presso il CET di Mogol) ma anche e soprattutto nella voce, abile a “rappresentare” e spaziare dal jazz alle sperimentazioni.

Dodici tracce, o meglio, dodici storie, partite da Rimini (che è luogo del cuore): dalla accattivante “Sette ore”, pezzo con cui ha aperto il concerto, alla canzone che dà nome all’album, passando per “Amo amabilmente” – traccia che è diventata video di lancio del cd -, “escono” una manciata di sane certezze: “Disordine” è un lavoro finalmente “cantato”, gradevole, che ricorda i timbri di Antonella Ruggiero e di Nina Zilli, e che conferma la crescita artistica e di scrittura rispetto al primo album, “Molo 22” (2009), richiamato in scena attraverso due tracce, “Molo 22” appunto e la alexbrittiana e molto ironica “Moschina”.

Di questa ultima fatica merita una riga in più la apparentemente carrolliana “Allo specchio”: qui Alice è una donna innamorata che si analizza: “Siamo anime irrequiete / come musiche incompiute / melodie vagabonde, instancabili / che non trovano una fine”. Anime come nuvole, o come metafora del viaggio dell’uomo.

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