Home categorieCultura Santarcangelo Teatro 2015: la recensione di “MDLSX” dei Motus

Santarcangelo Teatro 2015: la recensione di “MDLSX” dei Motus

da Redazione

Un assolo di gesti, parole e musica interpretato magistralmente da Silvia Calderoni.

 

di Alessandro Carli

 

Bello, doloroso e – sembra un ossimoro – molto femminile. Hanno scelto il palcoscenico del Festival di Santarcangelo 2015 (più precisamente quello del teatrino della Collegiata), i Motus, per mettere in scena MDLSX, assolo di gesti, parole e musica interpretato magistralmente da Silvia Calderoni. Una lunga confessione, quella che l’attrice di Lugo srotola per poco più di un’ora davanti, sopra e sotto un tappeto triangolare color argento: un fiume di verbi e soggetti, oggetti, che portano con gli spettatori verso la foce del coming out teatrale (e di vita) dell’artista vincitrice, nel 2009, del Premio UBU.

In scena, la storia di Silvia, che intreccia e alterna il proprio vissuto a quella di Cal, Calliope, protagonista ermafrodita di un romanzo di Jeffrey Eugenides: le prime esibizioni al karaoke (“C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”), l’avvicinamento allo sport, le prime domande sul proprio corpo, nato femminile ma con una sensibilità prettamente maschile: una “Princesa” del nuovo secolo, che soffre, si spoglia, vorrebbe cambiare sesso (bellissimo il frame in cui Silvia è nuda e sdraiata e terra e cerca di polverizzare la propria mona con un raggio laser verde cosparso di lacca per capelli), cerca nuove identità, oscilla tra una nascita apollinea e una nuova necessità dionisiaca.

Nel viaggio psichedelico e molto rock, escono poi gli affetti: il fratello che si sfascia di LSD, il rapporto con i genitori e con la società che la circonda (nella società, dice Silvia, passare per donne è più importante), l’attacco ai modelli che vengono imposti (donna con le tette grosse e rifatte, modi gentili e civettuoli di ciondolare con il bacino), scherniti attraverso travestimenti e personaggi dell’età della pietra, decisamente pelosi e poco curati.

Un lavoro non femminile ma piuttosto sulle femminilità. E Silvia lo è molto: la voce, la curva del sedere, gli attimi di dolcezza infinita, quando si piega su se stessa e regredisce a bambina per poi innalzarsi, ma solo alla fine, a sirena del mare.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento