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Le insegnanti precarie della scuola dell’infanzia di San Marino

da Redazione

La lettera: “Ci vediamo nettamente penalizzate dalla futura riorganizzazione del sistema retributivo che toccherà tutti i settori della Pubblica Amministrazione”.

 

SAN MARINO – “Siamo un gruppo di insegnanti precarie della Scuola dell’Infanzia sammarinese, giovani, motivate ed entusiaste del bellissimo lavoro che abbiamo scelto. In questo periodo di crisi, e in seguito alla Finanziaria approvata in Consiglio Grande e Generale lo scorso Dicembre, ci troviamo a fare importanti riflessioni sulla nostra svantaggiata condizione di precarie che non hanno goduto della stabilizzazione avvenuta l’anno scorso. In prospettiva, siamo anche molto preoccupate per le sorti del nostro sistema scolastico visti i presumibili tagli previsti per la prossima primavera. In prima battuta, ci vediamo nettamente penalizzate dalla futura riorganizzazione del sistema retributivo che toccherà tutti i settori della Pubblica Amministrazione: uno degli obiettivi è quello di cercare di avvicinare i compensi statali a quelli privati. Cosa significa? La retribuzione di un insegnante, a quale altra deve essere parificata, considerando che Scuole di Infanzia private a San Marino non esistono? A quella di un operaio? Di responsabile di azienda? O di un Dirigente plurilaureato, proprio come noi? Eh sì, perché la nuova generazione di insegnanti possiede la doppia laurea. La nostra formazione, malgrado tutto il denaro e il tempo speso per costruirla, sembra che non ci venga in alcun modo riconosciuta. Fare gli insegnanti significa essere investiti di grandi responsabilità: la responsabilità educativa e didattica nel processo di costruzione di conoscenze e competenze in un ambiente sereno; la responsabilità etica nel formare l’uomo e il cittadino di domani. La progettazione educativa e didattica, che ha reso la nostra scuola qualitativamente eccellente è stata possibile, nel tempo, anche grazie all’impegno di tanti insegnanti precari, capaci e competenti. La Scuola dell’Infanzia, in particolare, ha fatto passi da gigante negli ultimi 20 anni da non essere ormai più denominata “asilo” ma da avere una propria specifica collocazione all’interno del Sistema Scolastico, con gli obiettivi e le finalità didattico – educativi, proprie per la fascia di età dai 3 ai 6 anni. In relazione al compenso retributivo, i docenti precari percepiscono un livello inferiore rispetto ai colleghi che svolgono le medesime mansioni, non maturano scatti di anzianità né percepisco indennità di funzione. L’indennità di funzione altro non è che una parte del nostro stipendio che ci spetta di diritto; è stata creata per differenziare i vari livelli di responsabilità all’interno di uno stesso livello retributivo e le è stata attribuita, l’errata denominazione di indennità. La finanziaria 2014 prevede inoltre la proposta di decurtare ulteriormente il compenso dei precari del 5% oltre all’1,5% che riguarderà tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione. Perché i precari devono subire un ulteriore danno economico? Non sono sufficienti quelli già elencati? Dove sta l’equità? Il nostro datore di lavoro (lo Stato) dovrebbe trattare i suoi lavoratori nello stesso modo. Anche noi precari prendiamo servizio ogni mattina, come i nostri colleghi, svolgiamo le stesse mansioni e abbiamo le stesse responsabilità in condizioni, peraltro, sempre più critiche, visto il numero di insegnanti sostituiti, per malattia o altre motivazioni, è sempre minore. Questo comporta certamente un rallentamento di tutta l’attività didattica. Il prezzo della crisi lo stiamo pagando noi, lo stanno pagando i giovani, una categoria di persone che certamente non ha contribuito a portare il Paese sull’orlo del baratro. Siamo consapevoli che avere un lavoro, in questi tempi, è una grande fortuna, e ne siamo grate, ma ciò che proprio non riusciamo ad accettare è il fatto, che il nostro Stato ci tratta come pedine da muovere a piacimento, negandoci i diritti più elementari di ogni lavoratore. Crediamo che il nostro Stato dovrebbe scommettere sui giovani, incentivarli a far ripartire l’economia, premiare i meritevoli, invece di far pagare a loro gli effetti di una crisi che non hanno causato. Ci teniamo a far sentire la nostra voce, seppur debole ma determinata; crediamo molto nella lotta che stiamo intraprendendo e sicuramente questo comunicato non rimarrà fine a se stesso. E’ solo l’inizio di una battaglia che non ci rassegniamo a perdere in partenza”.

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