San Marino, 1 ottobre 2011. Il testo integrale del discorso del Ministro Renato Brunetta, Oratore Ufficiale della Cerimonia d’Insediamento degli Eccellentissimi Capitani Reggenti.
Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Onorevoli Membri del Congresso di Stato,
Onorevoli Membri del Consiglio Grande e Generale,
Eccellenze,
Signore e Signori,
è per me un grande onore e un vero privilegio essere qui
con Voi nello splendido Palazzo Pubblico in occasione
della Cerimonia di Investitura degli Eccellentissimi
Capitani Reggenti.
Sono lieto di trovarmi nuovamente nel Vostro bellissimo
Paese e di prendere parte a una cerimonia così simbolica
e significativa, che ha radici profonde nella Storia della
Repubblica di San Marino.
La mia presenza è anche una conferma del legame
speciale e indissolubile che da sempre intercorre fra
l’Italia e San Marino, di quella fitta trama di relazioni e di
destini comuni alimentata, nei secoli, da comuni matrici
culturali, profonda condivisione di valori e stili di vita,
intensissimi scambi a tutti i livelli della società civile e,
naturalmente, della politica.
La Repubblica è giustamente fiera e orgogliosa dei sUOI
1.71O anni di storia ma si sente sinceramente parte
anche del processo di unificazione della Penisola, cui ha
generosamente contribuito.
Desidero ricordare soltanto due episodi, poco conosciuti
da gran parte degli Italiani: lo “scampo” di Garibaldi e
cioè la protezione e l’ospitalità data da San Marino il 31
luglio 1849 all’Eroe, ad Anita e ai Garibaldini braccati
dagli Austriaci e dai Francesi dopo la caduta della
Repubblica romana e l’ospitalità data a 100.000 italiani
sfollati dai territori circostanti durante gli ultimi anni
della Seconda Guerra Mondiale.
L’Italia conosce il valore della secolare vicenda
dell’indipendenza della Repubblica del Titano. Vi
riconosce un significativo contribuito al progressivo
affermarsi di quei principi di autonomia e di libertà
politica che costituiscono la cifra più profonda e peculiare
dell’evoluzione della coscienza europea e dell’articolazione
dell’esperienza storica del nostro continente.
Sappiamo che, assieme, i nostri popoli hanno contribuito
a forgiare un sistema di valori e di punti di riferimento
che anche oggi deve soccorrerei di fronte alle vertiginose
trasformazioni prodotte dalla mondializzazione e alle sfide
che ne conseguono sul piano economico, politico, sociale.
L’attualità economica e finanziaria internazionale ci
propone scenari inediti, in questa fase addirittura
emergenziali, di fronte ai quali dobbiamo moltiplicare le
nostre capacità di analisi, ma anche la nostra
determinazione ad agire.
La crisi dei debiti sovrani In Europa e il pericolo di
scivolamento verso una nuova recessione globale
derivano dal fatto che dopo tre anni dall’inizio della crisi
finanziaria che ha innescato la crisi economica mondiale
manca ancora un coordinamento ed un accordo tra le
grandi aree economiche del mondo su una strategia di
uscita dagli squilibri globali che sono stati al fondamento
di queste crisi e che alimentano le difficoltà di oggi.
Come superare in un contesto di crescita questi squilibri,
che oggi tendono ad acuirsi più che a ridursi, rimane il
vero problema strategico che richiede come risposta un
difficile, ma necessario, accordo globale nell’interesse di
tutti paesi coinvolti: Stati Uniti, paesi europei, pur con le
loro divergenze interne, la Cina e gli altri grandi paesi
emergenti. Mai come oggi il realismo è nella strategia e
non nella tattica.
Il quadro macroeconomico internazionale rimane, infatti,
caratterizzato da una crescita economica a più velocità.
Non è stata superata la divergenza delle politiche
macroeconomiche tra le tre grandi aree geo-economiche
del mondo. Queste divergenze sono in buona parte causa,
e non solo effetto, della crisi dei debiti sovrani di molti
paesi avanzati, in particolar modo di quelli europei.
Da una parte, vi è una crescita economica
complessivamente più lenta dei paesi avanzati, con un
probabile rallentamento ulteriore che riguarderà
soprattutto i paesi europei.
Dall’altra continua la crescita accelerata delle grandi
economie emergenti, anche se alcune di esse dovranno
probabilmente porsi il problema di evitare un fenomeno
di surriscaldamento che rischierebbe di esaltare le
pressioni inflazionistiche provenienti dai mercati
internazionali.
All’interno dei paesi avanzati si manifesta ancora la
divergenza di politiche tra l’Europa, ed in particolare tra i
paesi dell’euro zona, che devono affrontare la crisi dei
debiti sovrani e pongono l’accento sulle politiche di
consolidamento fiscale, e gli Stati Uniti che si dimostrano
propensi a portare avanti una politica monetaria più
sensibile ai temi dello sviluppo, più accomodante rispetto
al finanziamento dei deficit di bilancio e meno
preoccupata della stabilità monetaria.
In questo quadro generale di politiche macroeconomiche
ancora divergenti tra le principali aree del mondo nulla è
stato fatto per affrontare il nodo degli squilibri globali.
Sono ancora immutati problemi quali la volatilità di
grandi flussi di capitale, la volatilità dei tassi di cambio, il
crescente eccesso di accumulazione di riserve ufficiali che
corrispondono all’ampliarsi dei deficit e dei surplus
commerciali. Questi problemi se non affrontati preparano
la prossima crisi.
Dal punto di vista della crescita globale, il problema di
fondo delle maggiori economie avanzate è quello di
programmare un aggiustamento fiscale con un ritmo che
non blocchi la crescita e l’aggiustamento strutturale delle economie.
Dalla soluzione di questo problema dipende la
stabilizzazione dei mercati finanziari, l’argine ad una
nuova possibile ondata di panico, ed il rafforzamento
della fiducia nel futuro che sola può guidare i mercati
reali affinché si determini il processo virtuoso di una
crescita che generi più occupazione e con essa le
prospettive di una domanda globale in espansione non
sostenuta da deficit pubblici.
Quest’obiettivo richiede l’adozione di garanzie di
finanziamento multilaterali a livello europeo o
internazionale dei singoli debiti sovrani.
Per quanto riguarda l’Europa, ed in particolare l’euro
zona, varie proposte sono sul tappeto nell’ambito del
rafforzamento della govemance economica europea:
l’agenzia del debito europeo, l’emissione di eurobond, il
rafforzamento dell’European Financial Stability Fund.
La necessità di uno strumento dell’Unione Europea in
grado di intervenire nel caso di crisi di finanziamento dei
debiti sovrani dei paesi membri è ormai riconosciuto
come uno dei problemi chiave della stabilità economica
mondiale.
Questa richiesta proviene dai nostri principali partner
internazionali. E’ la richiesta dei nostri partner
nordamericani, ma è anche quella che proviene dalle
grandi economie emergenti che hanno interesse ad una
crescita ordinata dell’economia mondiale e che, in questo
quadro, sono disponibili a mantenere il ruolo virtuoso di
stabilità e di sviluppo che hanno svolto in questi anni
difficili di mutamento degli equilibri geo-economici.
Quel che è necessario evitare è che si determini la peggior
situazione possibile sul piano della govemance economica
globale. Da una parte, una divergenza crescente delle
politiche di bilancio e monetarie tra le varie aree del
mondo che impedirebbe un sostegno coerente alla
domanda mondiale, dall’altra il ricorso a politiche
protezionistiche con mezzi monetari e guerre valutarie.
In questo quadro procede il rafforzamento della
governance economica europea. L’Italia è chiamata come
tutti i paesi europei, ed in stretto coordinamento con essi,
ad assumersi tutte le responsabilità ed a svolgere il
proprio ruolo per il superamento delle difficoltà del
momento e per il rafforzamento dell’unione monetaria
europea.
Queste responsabilità riguardano sia il contributo alla
definizione della politica europea ed alle scelte di
rafforzamento delle strutture di governance comunitarie,
sia l’adozione decisa di misure di aggiustamento e di
consolidamento fiscale interno unite alle riforme
strutturali necessarie al rilancio della crescita.
Questa è la strada che l’Italia sta seguendo con estrema
decisione. E’ tuttavia necessario essere consapevoli che i
programmi di aggiustamento nazionali, sia quello
adottato dall’Italia, sia quelli intrapresi da altri paesi
europei, sono soggetti ai contraccolpi di quel che accade
al di fuori dei confini nazionali, da quanto avviene nel
complesso dell’Europa e nel resto del mondo.
La crisi greca e degli altri paesi europei in difficoltà di
finanziamento dei loro debiti sovrani, se non risolta in
modo strutturale e senza incertezze, rende instabili i
mercati finanziari e si riflette sulle remunerazioni
richieste per il finanziamento di tutti i debiti sovrani. Gli
attacchi speculativi che non si manifestavano prima della
crisi globale, oggi sono di controllo più difficile.
D’altra parte i mercati finanziari valutano i debiti in base
anche alla crescita economica che ne garantisce la
sostenibilità di lungo termine. E il tasso di crescita dei
singoli paesi europei dipenderà dalle politiche
complessive europee ed americane e dalla loro capacità di
coordinarsi per evitare una fase di prolungata
stagnazione.
L’Italia ha oggi molte carte da giocare nel mutamento
degli equilibri economici mondiali.
Le opportunità di sviluppo sono oggi forse superiori a
quelle precedenti la crisi, ma esse richiedono riforme
decise nella direzione della rottura del corporativismo che
rende vischiosa la nostra economia, come altre economie
europee, e di un recupero di efficienza, produttività e
trasparenza nel settore pubblico.
Non c’è lo stato al posto dei mercati, ci deve essere, al
contrario, uno stato che spinga tutti sul mercato, a
cominciare dalla propria amministrazione.
La riduzione della pressione regolamentare per liberare
l’innovazione nel settore privato come nel settore
pubblico, la riforma fiscale diretta a determinare una
profonda modifica strutturale del prelievo, la riduzione
della spesa pubblica, necessaria ad ottenere il pareggio di
bilancio attraverso l’aumento dell’efficienza
dell’amministrazione pubblica e l’analisi attenta delle
priorità, sono tutte riforme strategiche che si inquadrano
in una prospettiva europea che vede in una sferzata di
concorrenza e di ulteriore liberalizzazione dei mercati la
chiave per un recupero di competitività nel nuovo quadro
economico globale.
E’ in questo complesso contesto che dobbiamo leggere le
più recenti vicende del rapporto italo-sammarinese e
trovare le ragioni per superare le concrete incomprensioni
che si sono manifestate negli ultimi tempi.
Per ragioni differenti, e in misura diversa, è in qualche in
modo in gioco anche la nostra reciproca capacità di
rilanciare l’economia reale. Cioè di rispondere alle
profonde inquietudini e alle motivate richieste delle
nostre collettività governate, affinché la politica sia
capace di trovare risposte concrete alle sfide sistemiche di
cui ho poc’anzi parlato.
Sappiamo che San Marino sta modificando il proprio
sistema economico-finanziario nel segno della
trasparenza e della piena collaborazione internazionale.
Sappiamo che un piccolo Stato può farlo piuttosto
rapidamente, ma che al contempo necessita, in misura
maggiore rispetto a uno Stato di grandi dimensioni, del
riconoscimento degli altri Paesi di aver imboccato e
portato a compimento un percorso effettivamente
virtuoso.
Tappa fondamentale di questo percorso sarà la prossima
riunione del Global Forum dell’OCSE, dalla quale sarà
importante ricevere un riscontro positivo del lavoro fatto.
Alla luce di ciò, abbiamo già indicato la nostra
disponibilità ad un incontro nel corso del quale
esaminare le rispettive posizioni, a partire dai progressi
che si sono intanto registrati.
Voglio essere preciso su questa materia. Tutti
riconosciamo che il Governo di San Marino sta
effettuando una correzione di rotta (una decisa e
apprezzabile correzione di rotta). Ha adottato
provvedimenti normativi corretti e lungimiranti e ha
istituito opportuni organismi di controllo sul sistema
bancario ed economico.
Si tratta delle giuste premesse per garantire, adesso, un
effettivo e soddisfacente scambio di informazioni bancarie
e finanziarie e un rafforzamento concreto della
cooperazione giudiziaria.
La nuova rotta intrapresa dovrà essere fermamente
mantenuta, senza pericolose nostalgie per un passato
non virtuoso, che certamente non potrà più tornare nella
nuova realtà di un mondo globalizzato e collegato in
tempo reale.
Paesi così vicini come Italia e San Marino vivono in
simbiosi, in un intreccio di destini e di relazioni a tutti i
livelli di cui è artefice una società civile in sostanza
transnazionale: in questo senso, emblematico mi pare lo
storico ruolo del frontalierato, una delle chiavi di volta del
successo delle nostre relazioni che va tutelata e
valorizzata come merita.
Questa simbiosi, la politica deve saperla coltivare come
una ricchezza e una risorsa. Al contempo, alla politica e
allo Stato spetta il dovere di regolare e indirizzare verso il
bene comune la feconda dinamica dei rapporti spontanei,
ponendone alla base alcune regole certe, semplici e
trasparenti.
Non solo la collaborazione bilaterale non è in discussione,
ma le relazioni continuano a svilupparsi proficuamente,
come dimostrato dalla frequenza degli incontri e
dall’impulso impresso ai dossier tecnici.
Per questo, credo fermamente che possiamo guardare ad
un futuro nuovo e prossimo in cui l’obiettivo comune
sarà il rafforzamento delle relazioni economiche sulla
base delle intese già definite.
Anche io, come hanno già fatto altri colleghi Ministri,
tengo a rassicurare i cittadini sammarinesi sull’impegno
del Governo italiano in tal senso.
Il perfezionamento degli accordi è di interesse reciproco e
potrà portare benefici per entrambi i Paesi, permettendo
importanti forme di sviluppo anche regionali. Un esempio
su tutti è rappresentato dal progetto di creazione, con
l’impiego di risorse comuni, di un Parco Scientifico e
Tecnologico.
La prospettiva è stata di recente tracciata dal Presidente
Napolitano, con l’equilibrio e la lungimiranza che tutti gli
riconoscono. Incontrando al Quirinale 1 Capitani
Reggenti, ha ribadito che l’ora attuale mette tutti e
ciascuno di fronte a grandi responsabilità; richiede
decisioni forti e tempestive; impone cambiamenti anche
nei comportamenti individuali.
In tale contesto, Italia e San Marino sono chiamate a
superare le residue divergenze, dopodiché inizierà una
nuova fase di relazioni ancor più feconde.
E’ questa la prospettiva che faccio mia, ed è anche – ne
sono certo – la volontà del laborioso popolo sammarinese
che, come ha tenuto a sottolineare Sua Santità in
occasione della visita pastorale nel giugno scorso, “pur
nell’esiguità del territorio, non ha mancato di offrire alle
confinanti popolazioni della Penisola italiana e al mondo
intero uno specifico contributo di civiltà, improntata alla
convivenza pacifica e al mutuo rispetto”.
La vostra storia è la nostra storia.
Le vostre sfide sono anche le nostre: msieme sapremo
superarle.
Vorrei concludere rinnovando a voi tutti la mia profonda
gratitudine per il privilegio di potermi rivolgere a voi in
questa occasione e per la cordialità e l’ospitalità
riservatemi dal popolo di San Marino.
Auguro agli Eccellentissimi Capitani Reggenti il più
grande successo nell’esercizio delle alte responsabilità
che oggi sono state Loro affidate.