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Fra’ Giovanni e la Divina Commedia in latino

da Alessandro Carli

Proprio agli sgoccioli delle celebrazioni del 700°anniversario della scomparsa di Dante Alighieri la SUMS ha dato alle stampe la tesi inedita del professor Pietro Franciosi imperniata sulla figura di Fra’ Giovanni da Serravalle e la Divina Commedia e curata da Elisabetta Righi Iwanejko. Tesi che fu discussa da Franciosi davanti a Giosuè Carducci nel 1899 e che Elisabetta Righi ha recuperato all’interno dell’Archivio Storico dell’Università di Bologna. L’oggetto della tesi è l’opera più importante di Giovanni Bertoldi, vescovo e teologo di Serravalle, che tradusse in latino l’opera del Sommo Poeta cominciata a Fermo nel 1416 e portata a compimento l’anno successivo. “Il mio studio” ha raccontato la curatrice ai Capitani Reggenti in occasione della presentazione del volume “oltre alla pubblicazione e trascrizione del manoscritto, tratta della formazione e dell’attività culturale del ‘primo Franciosi’ e del tardo commentatore di Dante, Giovanni Bertoldi”. Nel volume, ricorda la curatrice, “indirizzato agli studiosi ma anche ai docenti e ai giovani delle scuole sammarinesi, si può apprezzare il rigore scientifico e la capacità di ricerca, l’acume e la proprietà di linguaggio dimostrati dal giovane laureando oltre ad una ricca bibliografia corredata da numerose immagini che ho individuato per una migliore comprensione del testo. Con le illustrazioni di Antonio Molino e alcune preziose miniature del Codex Italicus 1 conservato a Egher, preziosi strumenti ai fini didattici, ritengo di aver valorizzato ulteriormente le figure dei nostri concittadini Pietro Franciosi e Giovanni Bertoldi”. La tesi si apre con qualche preziosa notizia sulla vita di Fra’ Giovanni, nato nel 1365. Verso la fine del 1410 fu creato vescovo di Fermo da Gregorio XII, a cui egli si era mantenuto fedele nel corso del grande scisma. Dal 1414 al 1418 fu al concilio di Costanza: qui, per esortazione di alcuni prelati inglesi, stese in pochissimo tempo una traduzione latina della Commedia (gennaio-maggio 1416) e il commento alle tre cantiche (febbraio 1416-gennaio 1417). Del lavoro di Bertoldi ne scrive il De Batines ma anche Giuseppe Pelli. Ma torniamo a Giovanni. Nella tesi il Franciosi si esprime così, partendo dall’Inferno, e dimostrando un certo acume e una profonda, saggia ironia nel commentare questa frase, “Ad expositionem libri accedendo primo est sciendum quod liber primaria divisione dividitur in proemiuim et tractatum”. “Non starò qui a riportare tutto il commento per due ragioni: 1° perché sarebbe fatica davvero improba il dover trascrivere un sì lungo lavoro e poco dilettevole, perché tutto in latinus grossus, 2° perché il mio scopo è di illustrarne alcuni brani e precisamente quelli che mi hanno vieppiù colpito nella mia rapida lettura. (…) Al verso VIII° del Canto primo spiega: ‘Bonum fuit cognitio miserrima suae conditionis et pietatis Dei’, cioè dice che il Bene che Dante trovò nel mezzo della selva selvaggia ed aspra e forte è il suo ravvedimento, è la misericordia di Dio che gli apre le braccia. Se vogliamo non c’è niente di particolare in questa interpretazione. (…) Il verso 76°, ‘ma tu perché ritorni a tanta noia?’ spiega così: ‘Cur redda ad molestium silvae?’ ed aggiunge che Dante descrive qui benissimo la storia delle umane vicende e che quando uno ha deciso di lascire il peccato prova in sé tanta difficoltò da non immaginarsi. Seguita: ‘Sunt septem spiritus qui magis irati veniunt ad aggredendam animam miseram’. Come si vede qui entra troppo nel campo spirituale, e curasi poco del mondo materiale”. 

Il commento del Serravallese si situa quindi in una sua ben precisa dimensione, che non è, o non vuol essere, letteraria e retorica, ma piuttosto rivolta a trarre dal testo tutte le possibilità offerte da una moralità vivace e risentita. Agli stessi scopi di divulgazione risponde anche la versione latina della Commedia in una prosa vivace e colloquiale, mirante soprattutto a attenersi stretta al testo, anche a costo di una “privatio dulcedinis complacentiae et pulchritudinis rytmorum” dallo stesso autore riconosciuta.

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