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Ogni passo ha sempre il suo grande valore

da Simona Bisacchi

Strana creatura l’essere umano. Più la situazione si fa complessa più la complica ulteriormente, nel tentativo di risolverla con ragionamenti e ipotesi.

Siamo fatti così. Nei momenti cruciali tendiamo a lasciarci sfuggire di mano lo spirito pratico, e anche quel buonsenso – che ci hanno insegnato le nonne – che non è una vera e propria saggezza ma può dare l’equilibrio necessario a superare un problema senza fare troppi danni.

Ci può aiutare a capire se siamo in grado di parlare senza rancore e siamo quindi aperti a un dialogo, parola facile da sbandierare ma ardua da realizzare. O se, invece, è il momento di scegliere il silenzio, perché senti che ogni discorso potrebbe essere frainteso: non è colpa di uno o dell’altro, è solo che a volte le circostanze vanno fatte decantare come il vino, per ridurre l’anidride carbonica, aumentare l’ossigeno e tornare a respirare.

Nella vorticosa coreografia delle giornate, ogni passo ha un suo valore, va scelto con cura. Ci sono balli in cui è fondamentale fare un passo indietro, e acrobazie in cui non ci si può sottrarre da un salto mortale.

Secondo Goethe “Il buon senso è il genio dell’umanità”.

Alessandro Manzoni, ne “I promessi sposi” ci ricorda che “Il buonsenso c’era, ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”.

E Arthur Schopenhauer sottolinea che “Sono poche le persone dotte in possesso di quel sano buonsenso che spesso riscontriamo in quelle incolte” (in “Parerga e paralipomena”).

È dal buonsenso che nasce la parola “scusa”, che andrebbe pronunciata solo se quello sbaglio non vorresti farlo proprio più. E anche la parola “grazie”, che andrebbe usata non solo quando va tutto bene, ma anche quando sembra che vada tutto male eppure siamo ancora qui e abbiamo la possibilità di combattere, e imparare, e cercare ancora un senso, e capire che le giornate di piombo portano insegnamenti d’oro.

Quanti gomitoli intricati si scioglierebbero se dimostrassimo la nostra attenzione, il nostro riguardo, non solo a parole, ma con piccoli gesti genuini.

Un invito a fare due chiacchiere su una panchina soleggiata.

Un bigliettino con una frase incoraggiante.

Un libro che mi è piaciuto così tanto che vorrei fartelo leggere.

E quando le posizioni sembrano inconciliabili sfoggiare una carezza, perché anche se siamo su due rive opposte ci piacerebbe tanto continuare insieme, e magari cammina e cammina il fiume si fa ruscello e quelle due sponde anche se parallele si avvicinano.

Ma c’è un altro importante segreto, che ci hanno lasciato le nonne, tramandato di generazione in generazione: mai credere di avere la verità in tasca. Un segreto troppo poco utilizzato. Poco considerato. Scaduto in un banale cliché. Perché siamo così impegnati a dimostrare che il nostro punto di vista è più elevato, giusto e coerente. Così impegnati a voler essere più interessante, arguto o veggente di chi abbiamo di fronte, da non essere più capaci di ammettere che – nelle nutrite differenze che ci distinguono – possediamo tutti una buona dose di ignoranza. E di meraviglia.

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