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Ode ai semplici, agli orti e alle piante benefiche

da Simona Bisacchi

C’è una grazia invisibile che permette a un seme di trasformarsi in fiore, in frutto, in una cura.

In botanica “i semplici” sono le piante officinali, come la camomilla o la malva. Tutte quelle piante che hanno proprietà benefiche e che sin dall’antichità sono utilizzate per alleviare i malanni.

L’hortus simplicium – il giardino dei semplici (o hortus medicus, come lo chiamavano nel medioevo) – ha bisogno di una terra non contaminata e di luce, tanto che molte varietà di fiori o foglie andrebbero raccolti sotto il sole di mezzogiorno, perché è in quel momento che esprimono al massimo la loro essenza balsamica.

Bisognerebbe essere un po’ come questi “semplici”, che tendono sempre alla luce. “Perché da qualche parte c’è luce. Forse non sarà una gran luce ma la vince sulle tenebre… Non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta. E più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà” (Charles Bukowski, “Il cuore che ride”). Fosse anche solo uno spiraglio quella luce c’è e tanto vale dirigere lì lo sguardo e le intenzioni, per tirare fuori anche noi la nostra essenza migliore, come fanno i “semplici”.

Noi, però, dobbiamo essere pronti ad accettare che la luce svela quel che il buio cela.

La luce mette in evidenza la bellezza, e i difetti.

Ma non c’è nulla da temere: i nostri limiti, che disprezziamo tanto da non volerli ammettere, sono in realtà il nostro trampolino di lancio verso il miglioramento.

Appoggiandoci su di loro possiamo fare un passo avanti.

Se cerchiamo di evitarli, se li aggiriamo come un ostacolo sul viale, loro resteranno lì a proliferare e quando li incontreremo di nuovo sulla nostra strada saranno cresciuti e sarà davvero faticoso evitarli questa volta.

Denigrare i nostri errori, i nostri limiti, le fragilità che inevitabilmente abbiamo porta solo a rafforzarli, tutti, uno a uno.

Guardarli in faccia, ammetterli e cercare di educarli quel tanto da non risultare invadenti e nocivi – per noi e per gli altri – è un atteggiamento che può portare a qualcosa di meglio.

La semplicità implica il darsi da fare.

Se cerchi qualcuno a cui addossare colpe, assumi Benjamin Malaussene, il personaggio di Daniel Pennac di professione capro espiatorio. O, più verosimilmente, cerca uno specchio.

Se hai voglia di lamentarti, preparati a sprecare energie e parole. Come suggerisce Seneca, “Non renderti più gravosi i tuoi mali, non opprimerti con i lamenti: il dolore è leggero se non lo accresci con la tua suggestione” (in “Lettere a Lucilio”).

Se vuoi semplicemente stare meglio, con semplicità affronta la tua giornata, i problemi e i confronti, cercando di smantellare quella gabbia che – senza accorgertene – hai costruito, sbarra dopo sbarra, condanna dopo condanna, incomprensione su incomprensione.

Ne uscirai sconfitto, a volte.

Ne uscirai più sereno, con il tempo.

Ma soprattutto ne uscirai.

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