Home Notizie del Giorno Visto per voi a teatro: “Lazarus” di David Bowie e Enda Walsh

Visto per voi a teatro: “Lazarus” di David Bowie e Enda Walsh

da Alessandro Carli

Casadilego che poco dopo la metà dello spettacolo si siede al piano e suona e canta “Life on Mars?vale tutto il prezzo del biglietto. “Lazarus”, spettacolo di “teatro musicale” scritto da David Bowie con Enda Walsh e in anteprima nazionale al Bonci di Cesena sino al 26 marzo (poi partirà in tournée e farà tappa anche a Modena, a Rimini, a Roma, a Bologna, a Milano, eccetera) è, dal punto di vista “sonoro”, un “concerto” interessante mentre, se lo si vuole leggere sotto il profilo della “partitura” dei “musical” – che significa danza, movimento e drammaturgia dialogica – un po’ più debole. Scelta registica, viene da pensare alla fine dell’ora e 50 minuti senza intervallo: Valter Malosti ha puntato sulla forza delle musiche – rigorosamente dal vivo, come in Gran Bretagna – e sulle voci di Casadilego (foto di Fabio Lovino) e di Manuel Agnelli, un vero “leone”. La parte “cantata” è forte, robusta, contagiosa mentre quella più “teatrale”, come detto, è stata messa in secondo piano, in parte penalizzata dallo spazio (ai lati del palco i musicisti, a centro scena una piattaforma roteante – quindi il “circolo vizioso” -, sul fondale uno schermo piuttosto grande utilizzato per le proiezioni video) che non ha permesso alla danza di esprimere un bel potenziale. Detto questo, “Lazarus” merita ampiamente di essere visto: in scena c’è il mondo del Duca Bianco, l’universo della sua fantasia rivolta allo spazio, alle stelle, al viaggio. Ci sono le sue parole, la sua musica, e poco importa se il progetto è, come detto, poco teatrale: l’intenzione del regista, la sua principale attenzione, è rivolta al tappeto sonoro e alle immagini. La scena si apre su uno studio di un uomo, Newton (Manuel Agnelli), seduto su una sedia in compagnia di un bicchiere di gin. I suoi occhi sono rivolti allo schermo, le sue spalle alla platea. Newton vive un limbo, una terra di mezzo, sospeso in un contrappasso micidiale: non invecchia e non può morire. Così la sua mente inizia a popolarsi di fantasmi del passato, soprattutto donne, che immagina ma non riesce più a vedere. L’unica via catartica, dopo aver espletato un rito di sangue – una ragazza viene simbolicamente ammazzata dallo stesso Newton – è quella di fuggire in un ulteriore limbo, in un purgatorio senza più spazi né limiti, “rappresentato” e “immaginato” in un pianeta. Viaggio che fisicamente non si può compiere ma che, nella mente “psicotizzata” del protagonista, rappresenta l’ultima, estrema possibilità di vita. Perché, come spiega “Heroes”, il pezzo che ha chiuso lo spettacolo, “Possiamo essere eroi, solo per un giorno”.
Sipario.      

     

 

     

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