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Paolo Crocenzi mostra la speranza dei bambini

da Alessandro Carli

C’è grande dolcezza e rispetto nei meravigliosi scatti che l’ottimo Paolo Crocenzi ha eseguito incrociando e “fermando” gli sguardi dei minori ucraini accolti a San Marino. “Battiti d’ali”, questo il titolo della mostra ospitata a Palazzo Begni sino al 28 novembre, è un viaggio nel cielo della speranza e dell’innocenza fatto di sorrisi genuini che, nonostante lo strappo dalla “matria”, da quella piccola patria che la parola tedesca “Heimat” descrive alla perfezione.

In ogni frammento un racconto senza parole: non servono, mai, quando sono i gesti a spiegare, attraverso un linguaggio universale e quindi in grado di superare la “grafia” la meraviglia di una nuova quiete. Negli occhi la guerra è lontana: i bambini sanno catturare – senza portare rancore verso gli adulti colpevoli di aver cancellato la pace – la bellezza di un incanto. Una farfalla appoggiata su una finestra, per esempio, che affascina tre bambine. Una prova a toccarla, portando l’osservatore a una lirica assoluta di Alda Merini (“Non so se esistano le ali della farfalla, ma è la polvere che le fa volare. Ogni uomo ha le piccole polveri del passato che deve sentirsi addosso, e che non deve perdere. Sono il suo cammino”). Le altre due la osservano, sorridenti: la speranza di un mondo migliore, lontano dallo scoppio delle bombe, si raccoglie come in preghiera.

Le ali devono battere, devono muoversi: solo così ci viaggia, si cresce, si conoscono nuovi orizzonti.

La vita “esplode” nella sua sincera spontaneità anche in una fotografia che “racchiude” sette minori impegnati in un “salto collettivo” di gioia, leggero come la loro età. I loro occhi sono limpidi, felici di poter tornare a giocare senza paure con i propri coetanei.

Storie e sentimenti che “annullano” la distanza tra l’Ucraina e il Titano: un racconto in bianco e nero realizzato per ricordare che il diritto alla vita e alla felicità dei bambini è inviolabile. Perché “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano”. (Antoine De Saint-Exupéry).

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