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IAM srl: la indifferenziata, un costo che si può “abbattere”

da Mirkare Manzi

Dopo aver trattato la carta e i cartoni nel primo mese dell’anno (la rubrica la trovate anche sul sito si San Marino Fixing), proseguiamo il filone soffermandoci e analizzando l’indifferenziata.

Indifferenziata che, va detto, spesso viene trascurata. Nello specifico, l’indifferenziata è tutto quello che non si differenzia e che viene buttato, anche perché frequentemente sono piccoli quantitativi che apparentemente “contano poco”, nei sacchi neri. Piccoli quantitativi che però, se “spalmati” nell’arco di una settimana, diventano un “peso”. Eppure, e mi rivolgo sia alle famiglie che alle imprese, questa “bad practice” ha un costo che può essere “limato”. Qualche numero e qualche importo per essere più chiaro: 100 chili di indifferenziato hanno un prezzo che oscilla tra i 25 e i 27 euro.

Certo, sono consapevole che differenziare può sembrare “ostico” però se si vogliono ottimizzare le spese relative alla loro gestione, bastano alcune “attenzioni” molto semplici che hanno ricadute nel brevissimo tempo.

Le persone tendono ad “ammucchiare” per fare prima, buttando insieme carta e plastica assieme agli organici e a tanto altro ancora. In fondo basta solamente “prendersi la briga” di separare quello che è separabile (per questo “gesto” IAM mette a disposizione gratuitamente per mense, uffici e altri luoghi di lavoro gli Ecobox, che agevolano la “cernita”), facendo attenzione alla composizione del rifiuto. Perché, questo lo voglio ribadire, l’indifferenziata va in discarica oppure a termodistruzione, e l’ambiente non è mai troppo “felice”!

Non tutti sanno che se “separiamo” adeguatamente e secondo i criteri “buoni”, quasi tutta la spazzatura può essere riciclata. Un esempio: l’umido può diventare compost, il fertilizzante che sta alla base di alcune delle tecniche agronomiche definite “sostenibili”.    

Vediamo come differenziare in maniera corretta quindi. Nel vetro vanno messe le bottiglie, i barattoli e i vasi di vetro e non invece le lampadine Led o al neon, e nemmeno gli specchi, i contenitori di Pirex, i bicchieri di cristallo, i vasi di terracotta, porcellana o ceramica. 

Nella plastica invece ci vanno le bottiglie di plastica (ad esempio quelle dell’acqua da mezzo litro, spesso utilizzate nelle imprese dai lavoratori), i vasetti che contengono lo yogurt, i sacchetti delle patatine, le confezioni di caramelle e di merendine. Non vanno messe in questa “categoria” invece le posate di plastica.

Nell’indifferenziata vanno conferiti i piatti e le posate di carta usati (spesso i dipendenti pranzano in ufficio), vecchi cd, dvd e videocassette (tutto materiale che si utilizza a lavoro) mentre vanno separati da tutto il resto i medicinali scaduti (privati della confezione e del “bugiardino”, ovvero il foglietto illustrativo), che vanno portati nelle farmacie: spesso dispongono di punti di “ricezione”.

Il riciclaggio dei rifiuti, oltre a risolvere il problema delle discariche, consente importanti risparmi di energia e di materie prime: sapevate che la produzione di 1 tonnellata di carta riciclata richiede circa 400.000 litri d’acqua e 5000 kWh in meno di una stessa quantità di carta nuova?

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