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Banca di San Marino, il ritorno della volatilità

da Denis Manzi

Anno nuovo vita nuova. Questa frase riassume benissimo il comportamento dei mercati finanziari dell’ultimo mese del 2021 e del primo mese del 2022. Infatti, siamo passati velocemente da un contesto di calma quasi piatta ad un contesto di elevata volatilità che ha portato cali di mercato, specialmente sul mondo azionario, che non si registravano dal primo trimestre 2020. Nel nostro outlook per il 2022, avevamo scritto che “l’economia continuerà a crescere, la volatilità sui mercati anche”. Eravamo consapevoli che durante l’anno avremmo probabilmente assistito a un andamento di mercato con maggiori oscillazioni rispetto a quanto visto nel 2021, anche se obiettivamente ci attendevamo la prima ondata negativa un po’ più avanti nel corso dell’anno. Nel gergo dei mercati finanziari, quando si registra un calo superiore al 10% dai massimi si parla di “correzione”, mentre quando si registra un calo superiore al 20% si parla di “mercato orso”. Il recente movimento di mercato, che ha visto il principale indice azionario, lo S&P500 Americano, perdere oltre il 10%, può essere quindi considerato come una correzione. Quindi perdite del 10% o oltre sui mercati azionari sono così rare? La risposta è un netto “no”. Infatti, analizzando le serie storiche dell’andamento dei mercati azionari dal 1928 ad oggi, osserviamo come l’eccezione alla regola siano gli anni poco volatili come il 2021 e non di certo gli anni che registrano oscillazioni elevate (tabella 1).

Quindi, cali come quello (o superiori) che abbiamo vissuto nell’ultimo periodo accadono all’incirca 6 anni ogni 10, o se preferite 3 anni ogni 5! Nulla di strano quindi, anzi, tutto normale! È semplicemente la tassa che dobbiamo pagare se vogliamo partecipare ai rialzi dei mercati nel medio-lungo periodo. Come sempre, chi ha costruito un piano di investimento robusto basato su evidenze empiriche e volto a raggiungere i propri obiettivi di investimento su un orizzonte temporale consono alla strategia, non ha nulla da temere ed anzi, potrebbe vedere l’attuale storno come una opportunità di acquistare le medesime attività finanziarie che sino ad un mese fa si acquistavano a 100 ad un prezzo di 90.

I MERCATI FINANZIARI

Il mese è iniziato mostrando una certa fiacchezza dei mercati, che dopo poco si è trasformata in voglia di scendere. In effetti, le performance del mese sono negative sostanzialmente su tutte le principali classi di investimento (tabella 2).

La ragione del mutamento nel sentiment è stata dettata prevalentemente dal rialzo dei tassi reali sulle curve obbligazionarie, specialmente in America, a seguito della presa di coscienza di come verosimilmente le Banche Centrali (quella Americana in primis), adotteranno una politica monetaria molto meno espansiva nei prossimi trimestri. A titolo di esempio, il mercato sconta attualmente tassi di interesse in America in rialzo di circa 1 punto percentuale dai livelli attuali. Il rialzo dei tassi reali va a penalizzare un po’ tutte le categorie di investimento: i titoli obbligazionari risentono meccanicamente del rialzo delle curve dei tassi (tassi di interesse più alti=prezzi delle obbligazioni più bassi), ma anche i mercati azionari sono influenzati dall’andamento dei tassi di interesse, in quanto i flussi di cassa per arrivare al calcolo del valore di un’azienda vengono scontati ad un tasso più elevato. In tale contesto, sul mercato azionario, a soffrire maggiormente sono stati come atteso i titoli di quelle società a cosiddetta “elevata duration”, che attualmente non producono utili e che hanno con flussi di cassa attesi molto in là nel tempo (grafico 1).

Altro fattore che ha appesantito l’andamento dei mercati è quello geopolitico, con le tensioni sempre più forti tra Russia e Ucraina.

EVENTI PIÙ SIGNIFICATIVI

Gennaio è stato vissuto con trepidante attesa per quelle che sarebbero state le decisioni di politica monetaria prese dalla Banca Centrale Americana, la quale poi ha annunciato come previsto che i tempi sono maturi per un rialzo dei tassi di interesse – rialzo che potrebbe avvenire a marzo. In effetti, l’inflazione è ormai da diverso tempo a livelli superiori al target del 2% ed il mercato del lavoro è forte. Relativamente alla futura riduzione della dimensione del proprio bilancio, la FED ha pubblicato un comunicato dal quale si evince che il processo di riduzione partirà dopo il primo rialzo dei tassi, sarà graduale e prevedibile e sarà implementato principalmente aggiustando l’ammontare dei reinvestimenti di titoli in scadenza. Tra gli altri eventi meritevoli di attenzione, da segnalare il taglio dei tassi effettuato dalla Banca Centrale Cinese, che si sta muovendo in controtendenza rispetto alla FED e le nuove proiezioni di crescita per il 2022 pubblicate dal FMI, dalle quali si evince come il mondo nel 2022 dovrebbe crescere del 4,4%, mentre a ottobre era prevista crescita al 4,9%.

L’ECONOMIA GLOBALE

I segnali che arrivano sul fronte macroeconomico mostrano un peggioramento, sebbene il mondo corporate, analizzando i risultati dell’ultimo trimestre del 2021, appaia in buona salute. Sia la produzione industriale che le vendite al dettaglio hanno registrato un deterioramento sia in America che in Europa. Sebbene la crescita economica – escludendo fattori esogeni – anche nel 2022 registrerà segno positivo – ci si troverà di fronte ad una situazione di riduzione degli stimoli fiscali e degli stimoli monetari, in un contesto in cui il recente incremento del prezzo delle materie prime, specialmente quelle afferenti al comparto energetico, potrebbe comportare un ulteriore diminuzione della propensione degli individui al consumo, con conseguente impatto negativo sulla crescita del PIL. Non dimentichiamo infatti che quasi i due terzi dell’aggregato macroeconomico sono costituiti dai consumi. In tale contesto, aumenta la probabilità che le banche centrali commettano errori di politica monetaria attuando una politica troppo restrittiva per contrastare livelli inflativi elevati non spinti però dall’aumento della domanda e su cui le banche centrali possono fare ben poco.

EVENTI DA MONITORARE

Durante il prossimo periodo assumeranno sempre maggiore importanza i dati macroeconomici ma soprattutto quelli ad alta frequenza, che ci permetteranno di capire meglio quale potrebbe essere l’impatto sull’economica dei recenti aumenti dei prezzi dell’energia. Importante inoltre monitorare l’andamento della pandemia tuttora in corso e un occhio ben attento andrà rivolto alle tensioni nell’area dell’ex Unione Sovietica. Per quanto riguarda i mercati finanziari, la variabile più importante per capire se le recenti tensioni sono destinate a continuare è quella del mercato del credito; infatti, è proprio l’andamento degli spreads di credito – che sino ad ora si sono mossi poco nonostante la negatività sui mercati azionari – che segnala problemi strutturali negli ingranaggi economici-finanziari. 

COSA È LECITO ATTENDERSI

Come sempre è fondamentale dare uno sguardo alle valutazioni delle principali categorie di investimento, in quanto nel medio-lungo periodo la performance dei mercati è fortemente correlata alle valutazioni presenti al momento dell’investimento (più basse sono le valutazioni più elevato è il rendimento prospettico e viceversa). La tabella 3 ci mostra valutazioni in leggero miglioramento sui mercati azionari – sebbene non siano ancora sicuramente a buon mercato – ed anche sui mercati obbligazionari, specialmente quelli con merito di credito inferiore.

Partendo dai livelli di rendimento attuale e considerate le valutazioni delle principali categorie di investimento, rimane difficile pensare a ritorni attesi medi importanti per i prossimi anni visto che non va mai dimenticato che le performance di medio-lungo periodo sono fortemente influenzate dai livelli di valutazione di partenza.

I PORTAFOGLI

Verosimilmente assisteremo nel prossimo periodo ad un proseguimento della price action volatile vissuta durante le ultime settimane. Tuttavia, vi sono al momento alcuni segnali incoraggianti, uno su tutti la “tenuta” del mercato del credito che al momento non ha seguito completamente l’andamento dei mercati azionari e che storicamente – e correttamente – è molto più correlato all’andamento dell’economia reale rispetto all’andamento dei listini azionari. Infatti, un peggioramento delle condizioni di finanziamento per le banche e le imprese, si riverbera per forza di cose sull’economia reale, specialmente nell’attuale contesto di elevato indebitamento complessivo. Pertanto, riteniamo che tale dinamica vada attentamente monitorata, per capire se ci troviamo di fronte semplicemente ad una correzione fisiologica dei mercati – che erano saliti in pratica ininterrottamente da aprile 2020 – oppure se dietro all’attuale momento di negatività vi sia qualcosa di più strutturale.

Altra dinamica che potrebbe fare sperare per un recupero delle attività più volatili è la condizione macroeconomica, che rimane tutto sommato positiva ed in effetti le probabilità di assistere ad una recessione economica nel corso dell’anno appaiono minimali (escludendo eventi esogeni non pronosticabili). Per il prossimo periodo i segnali provenienti dai nostri modelli quantitativi suggeriscono di:

• Aumentare – possibilmente durante giornate caratterizzate da andamento negativo – in maniera graduale l’esposizione azionaria portandola in linea o a livelli leggermente superiori ai pesi stabiliti in sede di asset allocation strategica o, qualora si sia già allineati, portandola leggermente sopra al target.

• Tenere l’esposizione all’obbligazionario con rischio di credito leggermente al di sotto del peso stabilito in sede di asset allocation strategica.

• Mantenere l’esposizione all’obbligazionario privo di rischio vicina al peso stabilito in sede di asset allocation strategica.

Denis Manzi, CFA, CIPM

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